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Il principio di precauzione in diritto penale / Precautionary principle in criminal law

Reale, Laura <1981> 09 September 2013 (has links)
Oggetto della ricerca è la rilevanza nell’ambito del diritto penale del principio di precauzione. Quest’ultimo deve la sua diffusione e popolarità al fatto di presentarsi come criterio guida al problema del rischio e dell’incertezza. L’esigenza di adottare scelte normative in condizioni di incertezza scientifica è infatti oggi ineludibile. Si cercherà in primo luogo di circoscrivere l’oggetto dell’indagine analizzando il rilievo che il principio di precauzione ha a livello legislativo e giurisprudenziale. Quindi si analizzeranno le problematiche che il ricorso allo stesso suscita con riferimento alla struttura classica del reato e legate al contesto di incertezza nel quale viene invocato. Tali problematiche si riferiscono alla possibilità o meno di dare rilevanza al modello del reato di pericolo, alla ricostruzione del nesso causale e all’influenza che il principio di precauzione può determinare nell’accertamento dell’elemento soggettivo delle colpa. Si concluderà l’analisi analizzando le diverse posizioni assunte dalla dottrina italiana circa l’opportunità o meno dell’intervento penale in contesti di incertezza scientifica, individuando, in caso di risposta affermativa, le modalità di intervento. / The precautionary principle states that if an action or policy has a suspected risk of causing harm to the public or to the environment, in the absence of scientific consensus that the action or policy is harmful, the burden of proof that it is not harmful falls on those taking the action. This principle allows policy makers to make discretionary decisions in situations where there is the possibility of harm from taking a particular course or making a certain decision when extensive scientific knowledge on the matter is lacking. The principle implies that there is a social responsibility to protect the public from exposure to harm, when scientific investigation has found a plausible risk. In some legal systems, as in the law of the European Union, the application of the precautionary principle has been made a statutory requirement. Transposed in a criminal law context precautionary principle meets him with the characteristics of this branch of law. Criminal law is in fact a retrospective law and the classic type of crime (behaviour and event) clashes with a criminal policy time to avoid harmful events. The first stage of the research will be the analysis of actual characteristics of criminal law with particular regards to the meaning of that principle, according to the law and to the case law. The second proposal of the present project is to investigate whether the criminal intervention is feasible in case of scientific uncertainty, according to the different points of view of the Italian doctrine and I will try to identify a method of intervention, if it is possible.
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La tutela penale ambientale e la nozione di rifiuto fra istanze soprannazionali ed approdi nostrani / Criminal environmental protection and the notion of waste between supranational requirements and local accomplishments

Guccione, Gwendoline <1973> 09 September 2013 (has links)
Il presente lavoro si prefigge di indagare come la produzione normativa comunitaria abbia influenzato il diritto penale nazionale fino a delineare i tratti di un diritto penale di matrice europea. Ai fini dell’individuazione dei rapporti intercorrenti tra i due sistemi, è stata prescelta come chiave di lettura trasversale la materia ambientale: accanto al meccanismo di influenza riflessa, è da ravvisare come proprio in tale ambito si sia sviluppata l’evoluzione di un possibile diritto penale europeo e, dunque, di una esplicita influenza dell’ordinamento sovrannazionale nelle scelte di criminalizzazione nazionali. The present work aims at investigating how the Community legislation has influenced the national criminal law to the point of delineating the features of a criminal law of European origin. In order to identify the relationship between the two systems, the environmental has been chosen as the cross-reading key: in addition to the mechanism of reflected influence, it is precisely in this area that a European criminal law has been developed and, therefore, an explicit influence of the supranational legal order in the domestic choices of criminalization has been implemented. / In Chapter I, after having briefly analyzed the concept of environment, the steps of the gradual recognition of a still limited punitive power of the European Union are retraced. More specifically we explore: firstly the various forms of influence that the supranational legislation exerts on the Italian criminal justice system, with particular regard to the so called “triadic conflicts”; secondly the ruling of the Court of Justice, 13 September 2005, Case C-176/03, where it is stated the Community legislative competence in criminal matters, including the possibility of an express request for criminal protection by means of directives; subsequently, the Directive 2008/99/EC of 19 November 2008 on the protection of the environment through criminal law, which, by requiring Member States to introduce into their national criminal systems some criminal offenses so to enforce more effectively the environmental protection, can been seen as the synthesis between the expansionist pressures from the European Commission and the conservative ones from the Council, as well as also a place of mediation among the different models of indictment in force in the various national systems, providing a minimum common denominator of protection of supranational source;then, the changes introduced by the Legislative Decree of 7 July 2011 n. 121, that transposes the Directive in question, and, lastly, the characteristics of the environmental crime and some issues related to the technique of indictment adopted.
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La legislazione penale ticinese dal 1816 al 1873 : con particolare riguardo al Codice del 25 gennaio 1873 /

Roncoroni, Giacomo. January 1975 (has links)
Tesi Diritto e sc. ec. Berna, 1974. / Bibliogr.
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La giustizia di transizione in Italia. L'esperienza dopo la seconda guerra mondiale

Caroli, Paolo January 2017 (has links)
La transizione italiana dal fascismo alla democrazia costituisce un paradigma della più recente categoria di giustizia di transizione. L’indagine studia il caso italiano secondo tale prospettiva specifica, intesa come gamma di processi e meccanismi associati con i tentativi di una società di affrontare un’eredità di passati abusi su larga scala. Vengono analizzate le soluzioni adottate in Italia, a partire dalla caduta del regime fascista, al fine di “fare i conti” con il passato. Lo studio fornisce una ricognizione prima di tutto sul piano del diritto penale, sia sostanziale che processuale, prendendo in esame sia gli interventi normativi che la prassi applicativa. Si passa poi all’esame di altri meccanismi, non solo sul piano amministrativo e civile, ma anche su quello politico e costituzionale, giungendo a riflettere su come il diritto penale si rapporti al processo di transizione nel suo insieme. In particolare, il lavoro analizza approfonditamente il rapporto fra transizione e potere di clemenza, partendo da un’analisi critica dell’amnistia Togliatti, vista come paradigma della transizione italiana. La prospettiva penalistica viene integrata con la comparazione giuridica e con la chiave di lettura della giustizia di transizione, che include una prospettiva storica, politica, sociologica e filosofica. Il lavoro legge il caso italiano come esempio di giustizia di transizione, lo colloca all’interno dello scenario comparato, verificando se si possa o meno ritenere esistente un modello italiano, cercando di offrire uno studio critico del processo transizionale nel suo insieme.
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La giustizia riparativa ed il sistema del Giudice di Pace: principi, istituti e prospettive di un modello alternativo di risoluzione dei conflitti in materia penale

Mattevi, Elena January 2013 (has links)
Questa ricerca nasce da una riflessione sulle problematiche poste dal multiforme modello dalla restorative justice, spostando l’attenzione da una vasta e per molti versi eterogenea base disciplinare a cui la giustizia riparativa fa riferimento ad un ambito interno alla giustizia penale, per cercare di capire se e in che misura questo modello, favorendo modalità alternative di definizione dei conflitti, possa essere sviluppato nel nostro ordinamento allo scopo di contribuire con efficienza ed efficacia alla sua evoluzione. L’indagine prende le mosse dalle istanze fondative della giustizia riparativa, descrivendo il quadro in cui essa si inserisce e dedicando uno specifico spazio ai temi della tutela della vittima e delle teorie della pena, per poi riflettere, nel secondo capitolo, sulla nozione di restorative justice, sui suoi contenuti e sui suoi termini, entro i quali si possono collocare le pratiche di mediazione e le condotte riparatorie. I possibili riflessi della riparazione sul diritto penale introducono nell’indagine una prospettiva di grande rilievo: quella del contributo del modello in esame ad una gestione più economica della pena e del processo penale, non appena ne sia definita la corretta delimitazione operativa. Il capitolo terzo prende in esame gli atti sovranazionali in tema di giustizia riparativa e di mediazione, con un’analisi approfondita delle fonti europee, per poi valutare le soluzioni più significative offerte dagli ordinamenti francese, tedesco e spagnolo, caratterizzati da sistemi processuali diversi fra loro. Il quarto capitolo è dedicato approfonditamente al sistema del giudice di pace nella realtà giuridica penale italiana. Pur con i limiti che derivano alla riforma dalla sua applicazione ad un numero circoscritto di reati (e addirittura – secondo alcuni convinti sostenitori della restorative justice – da un’accentuazione solo relativa dell’elemento riparatorio e di incontro tra vittima e offensore), con il decreto legislativo del 2000, in vigore quindi da più di dieci anni, il legislatore italiano si è posto dichiaratamente in questa prospettiva elaborando, nell’ambito della giustizia penale degli adulti, un modello diverso rispetto a quello tradizionale e caratterizzato da profili ed istituti di estremo interesse. Proprio a partire da questo microsistema – dall’accentuata vocazione sperimentale – e di quanto appreso grazie all’esame delle esperienze straniere, l’indagine si conclude con alcune ipotesi di sviluppo, tenendo conto della necessità di ricercare adeguati correttivi ai problemi emersi in un quadro di riferimento assai complesso ed in particolare alle difficoltà tecniche che incontra il sistema della giustizia formale nel percorso di arricchimento dei propri strumenti operativi.
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La riscoperta del diritto civile nell'ottica della strategia differenziata di lotta al crimine

Garzon, Elisa January 2016 (has links)
È possibile pensare al diritto civile come mezzo per realizzare una strategia di lotta al crimine più efficiente? Questo è l’interrogativo alla base di questo studio. Per rispondervi, si è cercato di ipotizzare un coordinamento di mezzi di tutela guardando ai rimedi di diritto civile, per il penalista tradizionalmente lontani, al fine di ricercare soluzioni di maggiore efficienza ed economicità. Un tentativo che un illustre Autore probabilmente avrebbe descritto come una innovativa rispolverata di “vecchi arnesi già nell’armadio”.
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l fatto colposo: la crisi del modello nomologico, l' aspettativa di diligenza e la condotta penalmente rilevante. Uno studio di diritto comparato sulla definizione della colpa punibile

Perin, Andrea January 2015 (has links)
A quali condizioni é o in base a quali criteri di valutazione é una condotta che offende o che non impedisce la lesione di beni giuridici fondamentali quali la vita e l'integrità fisica della persona può dirsi non soltanto dannosa ma altresì colposa per il diritto penale? Il lavoro che si presenta prende le mosse da una questione, come si vede, di enorme portata. Essa, in termini dogmatici, porta ad interrogarsi sui caratteri delle categorie concettuali afferenti all'elemento oggettivo del reato colposo (il relativo fatto tipico), sul metodo di concretizzazione del dovere di diligenza(che di tale elemento costituisce il cuore normativo) e sui criteri di giudizio in base ai quali esso può ritenersi inosservato. Il metodo di indagine prescelto consiste nella comparazione di due esperienze, quella italiana e quella spagnola, omogenee sul piano teorico e cioé accomunate dall'utilizzo del medesimo linguaggio é ma attualmente caratterizzate e quantomeno nella materia in esame é da tendenze evolutive notevolmente differenti anche in ragione della diversa influenza esercitata nei loro confronti dalla dogmatica tedesca. Oltre che sul dibattito teorico sviluppatosi in questa due aree culturali, lo studio si occupa dell'esperienza applicativa maturata in entrambi i Paesi nei settori della responsabilità medica e della prevenzione dei rischi professionali (della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), contesti nei quali si fa particolarmente evidente l'attuale crisi del cd. modello nomologico, cioé del metodo di spiegazione causale d'impronta neopositivista e del criterio ricostruttivo delle norme cautelari fondati su leggi scientifiche. In entrambi i casi, in entrambe le dimensioni del giudizio sulla tipicità del fatto, l'offuscamento dell'immagine di scienza su cui venne edificata la teoria del reato colposo nel corso del Novecento ha già indotto il diritto penale contemporaneo a rivalutare il proprio peculiare approccio argomentativo e valutativo abbandonando lo schema inferenziale dimostrativo nomologico-deduttivo ed interrogandosi sul metodo attraverso cui definire i concreti margini del rischio consentito. E' in questa direzione, quella di una rinnovata riflessione sui limiti della libertà di azione di ciascuno nella vita di relazione di fronte alla minaccia della sanzione penale, che ci si muove nelle pagine del presente lavoro
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Le qualifiche soggettive nei reati contro la Pubblica Amministrazione: profili dogmatici e analisi casistica

Rossi, Stefania January 2010 (has links)
Nella trattazione del mio tema di ricerca, inerente le qualifiche soggettive nei reati contro la pubblica amministrazione, ho preliminarmente ricostruito la dogmatica del reato proprio, che costituisce l’archetipo delle fattispecie contenute nel Titolo II, capo I, del codice penale. L’obiettivo perseguito era, essenzialmente, quello di evidenziare il particolare status che contraddistingue il soggetto attivo di questi illeciti, per poter ragionare sul rapporto privilegiato che lega il pubblico funzionario al bene giuridico sotteso e che giustifica un peculiare tipo di responsabilità penale. L’intera riflessione si è svolta tenendo presente che i principi di correttezza e imparzialità dovrebbero orientare l’agire di tutti coloro che si occupano della gestione della “cosa pubblica” in ossequio ai contenuti dell’articolo 97 Cost., ma, in realtà, troppo spesso si è, invece, assisitito a spregevoli abusi di potere, evidente espressione di logiche affaristiche che ben poco hanno a che spartire con l’esercizio di un buon governo. Nella parte centrale del lavoro ho analizzato, all’interno di tre distinte sezioni, i contenuti degli articoli 357, 358, 359 c.p. nel tentativo di cogliere i loro aspetti più significativi. A tal fine, le norme sono state analizzate sia nella dizione originaria che nell’attuale vigenza e, per questo, ampio spazio è stato, doverosamente, dedicato alle istanze fatte proprie dalla legge n. 86/1990 e ai successivi interventi novellativi. L’analisi del significativo apporto dottrinale è stata accompagnata anche dallo studio della controversa prassi giurisprudenziale e, nel riportare le numerose e oscillanti pronunce, sono chiaramente emersi indicatori sintomatici di una parziale e rinnovata adesione ad un criterio “soggettivo” di identificazione delle qualifiche che era stato ufficialmente bandito dal legislatore della riforma. Questi dati sono stati, poi, confrontati con l’ordinamento giuridico statunitense, approfondendo non solo gli aspetti più strettamente penalistici (inerenti la fattispecie di reato proprio ed alcune tipologie di illeciti quali corruzione, concussione, peculato), ma anche quelli pubblicistici che, inevitabilmente, si intrecciano nello studio delle qualifiche soggettive. Sulla scorta della ricerca operata nella legislazione e giurisprudenza americane ho rilevato, innanzitutto, come gli Stati Uniti dispongano di un vasto apparato sanzionatorio per la repressione degli illeciti commessi contro la pubblica amministrazione, ma ciò che distingue realmente l’esperienza statunitense da quella italiana è l’accento posto con forza sulla prevenzione, attraverso l’adozione di veri e propri “codici di comportamento” per i funzionari pubblici, nonchè di procedure e sanzioni volte ad assicurare la piena correttezza nello svolgimento delle loro funzioni ed il rispetto delle regole. Il postulato che regge tale complessa organizzazione risiede nella convinzione che chiunque esercita un servizio pubblico è direttamente responsabile nei confronti della “cosa pubblica” e questa enunciazione di principio non rimane vuota, ma trova effettiva e costante applicazione. Negli U.S.A., l’etica nella gestione degli affari pubblici è, del resto, particolarmente sentita e si riflette anche sotto il profilo sanzionatorio, poichè all’interno del sistema americano viene dato ampio spazio all’adozione di misure accessorie interdittive. Tutto ciò non può non condurre ad una riflessione sull’insufficienza degli attuali strumenti a disposizione del diritto penale italiano nel reprimere la criminalità dei c.d. “colletti bianchi”; porre in discussione l’efficacia deterrente di sanzioni stricto sensu penali a favore di misure accessorie, ritenute forse più incisive, è opportuno soprattutto nella prospettiva di garantire una migliore tutela degli interessi collettivi coinvolti, quali, in primis, la fiducia che i consociati ripongono nell’operato degli amministratori pubblici.
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El Encarcelamiento Masivo : Análisis particular del caso chileno

Cuneo Nash, Silvio January 2015 (has links)
RESUMEN Esta tesis analiza el problema del encarcelamiento masivo, centrándose en el caso chileno. La utilización desmedida y selectiva de las penas privativas de la libertad se ha vuelto un mecanismo de control, llenando nuestras cárceles con los excluidos. Luego de un análisis histórico del nacimiento y evolución de la prisión moderna, nos ocupamos de las causas que explican el encarcelamiento masivo: el desmantelamiento social (acompañado de mayor punitividad) y el populismo punitivo (resultado de un discurso demagógico-vindicativo). Sostenemos que la selectividad con la que opera, los efectos que produce y la forma como beneficia a grupos minoritarios la hacen una medida no solo ilegítima, sino también insoportable en una sociedad democrática. Concluimos con una propuesta factible y alternativa al encarcelamiento masivo, compatible con el respeto por la dignidad humana. SOMMARIO Questa tesi analizza il problema della carcerazione di massa, con particolare attenzione al caso cileno. L'uso eccessivo e selettivo della privazione della libertà è diventata un meccanismo di controllo, riempiendo le nostre prigioni con gli esclusi. Dopo un'analisi storica della nascita e l'evoluzione del carcere moderno, ci rivolgiamo alle cause della carcerazione di massa: lo smantellamento sociale (accompagnato da una maggiore punizione) e il populismo punitivo (risultato di un discorso demagogico-vendicativo). Noi riteniamo che la selettività con cui opera, gli effetti che produce e i vantaggi per gruppi di minoranza lo rendano non solo illegittimo, ma anche insopportabile in una società democratica. Concludiamo con una proposta fattibile e alternativa alla carcerazione di massa, compatibile con il rispetto della dignità umana.
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Il giudicato e l'esecuzione penale in prospettiva de iure condendo

Manca, Veronica January 2017 (has links)
La recente casistica giurisprudenziale, elaborata dalle Corti sovranazionali in un continuo e serrato dialogo con le Supreme Corti nazionali, ha dato nuova linfa al dibattito interdisciplinare circa l’incidenza delle fonti sovranazionali rispetto alla modifica e all’integrazione dei sistemi giuridici interni. La complessa evoluzione giurisprudenziale, ancora in atto, ha progressivamente elaborato un nucleo essenziale di garanzie a tutela dei diritti umani della persona sottoposta a procedimento penale, sia nella fase preliminare sia in sede processuale, che ha notevolmente inciso sulle sorti della struttura del processo penale, comportandone, di fatto, un parziale ripensamento in un’ottica sostanziale, e non più, quindi, secondo una visione strettamente procedurale. Il graduale mutamento del procedimento penale si percepisce maggiormente nella fase dell’esecuzione, in cui la giurisprudenza sovranazionale è intervenuta ripetutamente ad affermare la supremazia dei diritti fondamentali del condannato ed, in particolare, della libertà personale del detenuto, a scapito dei principi procedurali dell’esecuzione della pena, quali, in primis, l’intangibilità del giudicato penale. Si è ritenuto fondamentale quindi procedere, in primo luogo, ad un’indagine sull’effettività dei rapporti tra processo e pena (id est: giudicato e funzione della pena), per suggerire un metodo di studio e di ricerca univoco, nella dimensione del sistema multilivello dei diritti umani, che ad oggi connota profondamente le dinamiche della giustizia penale, per poi procedere, in un secondo tempo, ad una sua applicazione concreta, attraverso una prospettiva privilegiata quale è quella del giudicato e della pena, suggerendo, per tale via, un ripensamento complessivo dell’esecuzione penale e del binomio processo e pena.

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