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"Il tempo dei lunghi poemi". Percorsi di storia di un genere letterario (1814-1850)

Colombo, Paolo 03 April 2020 (has links)
Il lavoro intende proporre un'indagine sulla persistenza e lo sviluppo della forma "poema" in una stagione, la prima metà dell'Ottocento, che, sulla scia dei radicali cambiamenti nel sistema dei generi letterari, ne avrebbe visto il progressivo declino, favorito dalla crescente egemonia del romanzo. Il mutamento non fu tuttavia immediato, e per lungo tempo, nei centri urbani come nelle aree periferiche, il poema godette di una diffusione e di una vitalità per molti versi sorprendenti. In questa prospettiva, la prima parte della ricerca (Tre temi) è stata dedicata a un esame del fenomeno nelle sue proporzioni quantitative, condotto a partire dall'analisi di tre fioriture tematiche, indicative, pur nella modestia degli esiti, di un gusto consolidato e duraturo. Un censimento della produzione poetica nel periodo oggetto di studio (1814-1850) ha evidenziato la presenza di un recupero della poesia colombiana e dell'epos di scoperta, in continuità con la linea inaugurata da Tasso (Gerusalemme liberata, XV, 32, v. 8) e tentata, fra gli altri, da Stigliani e Tassoni; nel giro di un ventennio (1826-1846) furono infatti pubblicati almeno quattro poemi sull'argomento ("La Colombiade" di Bernardo Bellini; "Il Colombo" di Leonardo Antonio Forleo; l'"Amerigo" di Massimina Fantastici; il "Cristoforo Colombo" di Lorenzo Costa), accomunati da un'interpretazione in chiave religiosa della vicenda storica. Negli stessi ani, un'analoga propensione all'epopea sacra costituì il fondamento concettuale di un ciclo di opere (cinque pubblicate fra 1819 e 1850) di soggetto gerosolimitano, incentrate sulla conquista romana di Gerusalemme (70 d.C.). Anche in questo caso, i precedenti rimontano all'età barocca, e segnatamente all'incompiuta "Gerusalemme distrutta" di Marino, il cui soggetto fu a breve distanza di tempo ripreso e sviluppato da Giovan Battista Lalli. Un terzo versante tematico è invece rappresentato dalla tendenza, in un'ottica opposta, alla promozione di un'epica della contemporaneità, perseguita attraverso strade differenti: la tardiva rielaborazione della materia napoleonica (Luigi Budetti, Domenico Castorina), l'apologia dei sovrani restaurati (Troilo Malipiero), l'epopea municipale (Curti, Miovilovich), la rievocazione poetica dei fatti di Parga e, in genere, dell'indipendenza greca (Biorci, De Martino). A una descrizione più dettagliatamente qualitativa è invece destinata la seconda sezione (Tre autori), che, muovendo da sondaggi più specifici sull'opera e il pensiero di figure maggiormente note e rilevanti, ambisce a fornire indicazioni utili alla comprensione generale del fenomeno. Il dato che più s'impone all'attenzione è senz'altro la trasversalità culturale della suggestione poetica, che agì al di là degli schieramenti politici (dagli ambienti reazionari a cospiratori come Pietro Giannone) e culturali, suscitando attenzione sia fra i classicisti che in ambito romantico (Pellico, Scalvini). La fortuna del genere non poté tuttavia impedire l'insorgenza di una riflessione sui destini di una forma che rischiava di apparire anacronistica, e la questione della sopravvivenza dell'epos finì per attirare l'attenzione delle maggiori personalità del mondo letterario di quegli anni. Un'ampia e prolungata inchiesta sul tema, affidata alle pagine dello "Zibaldone", impegnò Leopardi dall'estate 1823 alla primavera 1829, alla vigilia di quegli anni Trenta occupati dalla composizione dei "Paralipomeni". Venti anni più tardi, a metà secolo, la questione sarebbe parsa definitivamente chiusa a Manzoni, che, nel discorso "Del romanzo storico", avrebbe attribuito l'estinzione dell'epopea all'inarrestabile affermazione della storia sulla finzione. Concludono la tesi un'"Appendice" e un "Catalogo" dei poemi analizzati.
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Le tragedie di Pomponio Torelli (1539-1608) / The Tragedies by Pomponio Torelli (1539-1608)

MONTORFANI, PIETRO 10 April 2008 (has links)
La presente ricerca rappresenta la prima monografia complessiva sul teatro di Pomponio Torelli, conte di Montechiarugolo, con una lettura esaustiva delle cinque tragedie “Merope”, “Tancredi”, “Galatea”, “Vittoria” e “Polidoro”. Ampio spazio è dato alle fonti letterarie utilizzate, che danno ragione della vasta cultura del torelli (da Euripide a Dante, dal Tasso al Castiglione). / The goal of this dissertation is an introduction to Torelli's five tragedies (Merope, Tancredi, Galatea, Vittoria e Polidoro) and to his complex culture, engrained with ancient authors (Ovid, Euripides Vergil) and modern (Dante, Boccaccio, Tasso, Castiglione) .
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MANZONI E LEOPARDI A CONFRONTO: INTERTESTUALITÀ, FORME DELLO STILE, FORME DEL PENSIERO / MANZONI E LEOPARDI: INTERTEXTUALITY, FORMS OF POETRY, FORMS OF THROUGH

GHIDINI, OTTAVIO 13 March 2014 (has links)
La tesi mette a confronto l'opera letteraria di Giacomo Leopardi e quella di Alessandro Manzoni. La tesi è strutturata in tre capitoli. Il primo capitolo raccoglie tutti i dati storico-biografici utili per inquadrare i termini di questo rapporto e si conclude con un dittico dedicato a Monaldo Leopardi, lettore di Manzoni, e a Matilde Manzoni, figlia di Alessandro, lettrice di Leopardi. Il secondo capitolo presenta invece i risultati di una lettura intertestuale, che ha come oggetto principale lo studio di citazioni o allusioni manzoniane nei leopardiani canti pisano-recanatesi. Il terzo capitolo invece mette a confronto le pagine di Leopardi e di Manzoni nelle quali si fa riferimento alla figura storica di Marco Giunio Bruto, personaggio importante della classicità latina, spesso utilizzato come simbolo della Rivoluzione francese. / The thesis compares the literary works of Giacomo Leopardi and Alessandro Manzoni. The thesis is structured in three chapters. The first chapter collects the historical-biographical elements useful to explain the terms of this relationship and ends with two portrait dedicated to Monaldo Leopardi, reader of Manzoni, and Matilde Manzoni, daughter of Alessandro, reader of Leopardi. The second chapter instead presents the results of an intertextual reading, which has as its main subject the study of quotations from or references to Manzoni in the poems written by Leopardi between 1828 and 1830. The third chapter compares the pages of Leopardi and Manzoni about the historical figure of Marcus Junius Brutus, an important figure of the classical latin word, often used as symbol of the French Revolution.
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CARLO BETOCCHI - GIOVANNI RABONI: CARTEGGIO 1953 - 1982. EDIZIONE CRITICA E COMMENTATA

ZIGLIOLI, BENEDETTA 29 May 2018 (has links)
Il lavoro offre l’edizione critica e commentata del carteggio inedito tra Carlo Betocchi e Giovanni Raboni, disteso lungo un arco cronologico trentennale, fra il 1953 e il 1982. Esso consta di trecentododici lettere, centocinquantasei per ciascun corrispondente, e di un cospicuo numero di allegati: duecentotrentatre testi poetici (circa novanta inediti), quattro saggi e sette lettere, delle quali tre di Betocchi indirizzate ad altri destinatari e quattro a firma di Giambattista Vicari, Gianfranco Contini e Tommaso Landolfi. L’edizione critica presenta in calce a ogni documento un apparato suddiviso in tre fasce: la prima riporta le notizie materiali relative al documento stesso, la seconda accoglie le correzioni dell’autore e altre informazioni, come per esempio le lezioni originali corrette a testo, e la terza è riservata a essenziali note di commento necessarie per contestualizzare e interpretare il contenuto delle lettere. L’introduzione che precede la corrispondenza riporta la descrizione del carteggio, ne riassume i principali temi e propone riflessioni intorno al rapporto tra i due poeti, alla loro vita, alla produzione poetica. La corrispondenza permette di osservare da vicino, seguendone le fasi cronologiche, il rapporto tra un maestro e un discepolo (è stato proprio Betocchi infatti a ‘scoprire’ il giovanissimo Raboni e a farlo conoscere) e di approfondire la vicenda umana e letteraria di due importanti figure del panorama culturale novecentesco. / The paper offers a critical and commented edition of the unpublished over thirty years correspondence between Carlo Betocchi and Giovanni Raboni (1953-1982). It consists of three hundred and twelve letters, one hundred fifty-six for each correspondent, and a large number of attachments: two hundred and thirty texts (about ninety of which unpublished), four essays and seven letters. Three of them are written by Betocchi to other recipients and four are signed by Giambattista Vicari, Gianfranco Contini and Tommaso Landolfi. The apparatus at the end of each document is divided in three parts: (1) the material informations of the document itself; (2) the corrections of the author and other information, such as the original text-correct lessons; (3) essential commentary necessary to contextualize and interpret the content of the letters. The introductory chapters describe the correspondence, summarize the main themes and reflect on the relationship between the two poets, their life, poetic production. The center of this correspondence is the mentor-disciple relationship in its chronological development. The young Raboni indeed owes his reputation to Betocchi. Through their letters literary and human facets of two important figures of the Italian twentieth century cultural panorama are critically shown.
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SULLE ORME DEL 'CORTEGIANO'. IL 'SAVIO IN CORTE' NELLA TRATTATISTICA DEI SECOLI XVI-XVII

VILLA, VIVIANA FRANCESCA 01 March 2018 (has links)
"Il Libro del Cortegiano" di Baldassarre Castiglione, a stampa nel 1528, costituisce l’archetipo di una florida tradizione: numerosi i trattati e i dialoghi che, dopo il 1528, mettono a fuoco qualità e prerogative richieste a corte, confutando oppure corroborando il modello delineato nel classico cinquecentesco. La dissertazione intende vagliare l’eredità dell’opera di Castiglione isolando alcuni temi rintracciabili in contributi pubblicati in volgare dopo il 1528 e sino al 1640; fra gli autori considerati spiccano Pelegro de Grimaldi, Lucio Paolo Rosello, Giovanni Francesco Commendone, Agostino Nifo e Francesco Baldelli (volgarizzatore dell’opera latina di Nifo), Giovanni Andrea Gilio, Giovan Battista Giraldi, Lorenzo Ducci, Sigismondo Sigismondi, Pietro Andrea Canonieri, Giovanni Capponi, Bernardino Castori, Camillo Baldi, Matteo Peregrini, Giovanni Battista Manzini ed Agostino Mascardi, senza dimenticare i più celebri Stefano Guazzo, Giovanni Della Casa, Torquato Tasso. Le proposte di questi autori sono state accostate ed intrecciate alla voce di Castiglione nei primi tre capitoli della tesi, suggellata da una appendice che presenta e riproduce l’inedito "Dialogo di quello che deve fare un servitore di corte per acquistare la grazia del suo signore e farsi amare da tutto il resto della corte" di Camillo Baldi, custodito presso la Biblioteca Classense di Ravenna. / Baldassarre Castiglione’s "Libro del Cortegiano", printed in 1528, represents the archetype of a flourishing written tradition: refuting or corroborating the model drafted in the sixteenth-century masterpiece, many essays and dialogues published after 1528 have focused on qualities and prerogatives required at court. The present thesis aims at sifting through Castiglione’s heritage, selecting themes and topics from some works printed in Italian between 1528 and 1640; the authors of the books examined are Pelegro de Grimaldi, Lucio Paolo Rosello, Giovanni Francesco Commendone, Agostino Nifo (his essay, first published in Latin, was translated by Francesco Baldelli), Giovanni Andrea Gilio, Giovan Battista Giraldi, Lorenzo Ducci, Sigismondo Sigismondi, Pietro Andrea Canonieri, Giovanni Capponi, Bernardino Castori, Camillo Baldi, Matteo Peregrini, Giovanni Battista Manzini and Agostino Mascardi, not forgetting the more famous Stefano Guazzo, Giovanni Della Casa, Torquato Tasso. These authors’ proposals have been compared with Castiglione’s ideas in the first three chapters of the thesis, which is completed by an appendix that reproduces and analyzes Camillo Baldi’s "Dialogo di quello che deve fare un servitore di corte per acquistare la grazia del suo signore e farsi amare da tutto il resto della corte", an unpublished work located at the Biblioteca Classense of Ravenna.
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L'inquietudine in versi. Le opere di Marcantonio Cinuzzi e la letteratura religiosa eterodossa

Fadini, Matteo January 2014 (has links)
Questo lavoro trae origine dal fortuito ritrovamento di un manoscritto (Campori App. 423 [γ.T.6.15] della Biblioteca Estense Universitaria di Modena) durante le ricerche riguardanti la tesi di laurea magistrale. Quel manoscritto, di nessuna utilità per le indagini che stavo facendo allora, mi colpì per alcuni dei componimenti che racchiude e per le loro particolarità metriche. A seguito di controlli, il codice si è dimostrato un canzoniere contenente le rime giovanili di Marcantonio Cinuzzi, di cui costituisce un testimone mai prima citato. Marcantonio Cinuzzi, nato nei primi anni del Cinquecento a Siena, entra giovanissimo nell’Accademia degli Intronati con il nome di Scacciato Intronato. Rimatore non disprezzabile, si dedica a più riprese ai volgarizzamenti: traduce il De raptu Proserpinae, uscito postumo nel 1608, e il Prometeo di Eschilo, del quale esiste una edizione critica. Funzionario di Cosimo, partecipa al gruppo ereticale dei Sozzini; probabilmente è la protezione del duca a metterlo al riparo dalla prima ondata di processi inquisitoriali degli anni Cinquanta, ma non da quella successiva: incarcerato nel 1578, viene liberato alla fine del processo (1583); non è chiaro se a seguito di abiura. L’ultima attestazione del Cinuzzi in vita è la lettera di dedica del Rapimento di Proserpina, sottoscritta Della villa dell’Africa, il dì X di giugno 1592. L’agnizione di cui ho dato conto mi ha spinto a occuparmi della produzione poetica religiosa del senese: le Ode spirituali («il migliore prodotto della poesia protestante in Italia», secondo una forse troppo enfatica definizione di Marchetti) e il poemetto De la Papeida. Queste due opere sono sicuramente rappresentative della letteratura religiosa variamente eterodossa o comunque inquieta che venne prodotta in Italia a partire dalla metà degli anni Trenta del Cinquecento, segmento della nostra storia letteraria poco noto e fino ad anni recenti del tutto trascurato. Se la tesi gobettiana della mancata presenza della Riforma in Italia è stata superata dagli studi storici dell’ultimo cinquantennio, e se quindi oggi parlare di Riforma protestante e di eresie nell’Italia del XVI secolo è pratica diffusa, altrettanto non si può dire a proposito del versante letterario degli studi umanistici. Nelle nostre storie letterarie – di solito – il rapporto tra crisi religiosa, Riforma e letteratura è questione che viene affrontata a partire dal periodo post-tridentino e in relazione alle tensioni esistenti nella cultura e nella società di quella che è definita all’ingrosso Controriforma. Insomma: Torquato Tasso e la tormentata vicenda elaborativa della Gerusalemme, per voler compendiare il problema con una sola immagine. Per il resto, la nostra letteratura religiosa, quando non è produzione devozionale minore, sembra sostanziarsi per lo più nel genere laudistico di precedenti illustri. A partire almeno dagli studi di Delio Cantimori, Carlo Ginzburg, Adriano Prosperi, Massimo Firpo e Silvana Seidel Menchi, le conoscenze sul versante storico dei movimenti eterodossi italiani e sulla storia della Riforma e delle inquietudini religiose sono diventate patrimonio condiviso, dopo i primi e in un certo senso pionieristici tentativi fatti dalla storiografia di parte protestante. Le ricerche, tra gli altri, di Gigliola Fragnito e di Ugo Rozzo hanno gettato nuova luce sulla censura libraria e su come questa influì sulla produzione letteraria contemporanea In più di una occasione questi storici hanno fatto riferimento ad alcuni testi letterari, citandoli come documenti esemplari di letteratura più o meno segnata dalla coeva battaglia religiosa. La informazioni prodotte da questo tipo di indagini non hanno però prodotto in ambito letterario un conseguente aggiornamento delle conoscenze; a parte alcuni importanti contributi, fino a pochi anni fa questa provincia della nostra storia letteraria era quasi del tutto sconosciuta. Più di recente, la crescita dell’interesse intorno alle “Muse sacre” e la riscoperta della letteratura, e in particolare della poesia, religiosa del Cinquecento e Seicento hanno stimolato gli studi, agevolando il recupero anche della produzione letteraria eterodossa e inquieta. Gli studi e le edizioni di testi curati, tra gli altri, da Davide Dalmas, Enrico Garavelli, Franco Pierno e Franco Tomasi, assieme ai lavori in corso sul Pasquino, rappresentano i primi frutti di questi sforzi sul versante a vario titolo ereticale della nostra letteratura. È in tale filone di studi che ambisce ad inserirsi questo lavoro. Ambito di interesse Il lavoro di ricerca si è concentrato sul rapporto tra la Riforma religiosa nelle sue varie declinazioni e i multiformi aspetti delle inquietudini religiose da una parte, e la produzione letteraria, segnatamente poetica, dall’altra. Le domande alla base di questo studio sono semplici: quanto è esteso il perimetro della poesia cinquecentesca composta anche come veicolo di idee religiose a vario titolo eterodosse? Quali furono le modalità di produzione e di ricezione di una letteratura che tematizzava la crisi religiosa e che spesso ambiva a giocare un ruolo diretto nella battaglia culturale e religiosa allora in piena evoluzione? In che modo questi testi poetici indicarono una strada di rinnovamento anche letterario, oltre che religioso? La storiografia su questo periodo ha insegnato a diffidare dalle definizioni troppo nette, anche perché spesso ottundono la capacità di cogliere veramente lo sviluppo e le dinamiche storiche. Analogamente, in questo lavoro ho cercato di non definire troppo rigidamente la pertinenza di singoli testi o di autori a categorie quali ‘ortodossia’, ‘eterodossia’ o ‘Riforma’. Ciò che interessava sono le opere letterarie partecipi della crisi religiosa da una posizione non convenzionale, in particolare i testi nei quali è possibile individuare un chiaro tentativo di proselitismo religioso. Si tratta di una doppia esclusione: la produzione di trattati come quella di Valdés è stata del tutto lasciata da parte, così come la letteratura religiosa programmaticamente cattolica, quale quella di Malipiero o Fiamma. Articolazione della tesi La tesi è divisa in due parti: nella prima parte (“Appunti per la storia della letteratura religiosa inquieta ed eterodossa”) si dà conto di cinque casi nei quali il rapporto tra il dissenso religioso e la letteratura è fondativo; nella seconda parte si presentano in edizione critica le due opere religiose di Cinuzzi. I primi cinque capitoli riguardano, nell’ordine: Celio Secondo Curione e la sua produzione poetica presente in due opere a stampa (1550 e 1552); la raccolta manoscritta Dello divino amore christiano di Antonio Brucioli (databile alla prima metà degli anni 50); i primi due volumi delle Rime spirituali, antologia uscita a Venezia tra il 1550 (volumi I e II) e il 1552 (volume III); le Sette canzoni spirituali di Bartolomeo Panciatichi (1576, ma la prima redazione è databile al 1560); infine la Comedia piacevole della vera antica romana, catolica et apostolica Chiesa (1611), volgarizzamento della commedia Phasma di Nicodemus Frischlin. Nel capitolo riguardante Curione si fornisce l’edizione critica dei 19 testi poetici presenti nel catechismo Una familiare et paterna institutione della Christiana religione – tutti, ad eccezione della canzone già edita da Prosperi – e l’edizione dei 2 sonetti che si leggono nelle Quatro lettere Christiane, entrambi esempi dell’impiego della letteratura per veicolare la Riforma religiosa e, almeno nel secondo caso, dell’uso della poesia per compendiare il messaggio teologico argomentato nei testi in prosa che precedono le liriche. L’unica opera poetica di Brucioli è stata più volte citata, ma mancava uno studio che desse conto della struttura e dei contenuti del testo, attestato da due corposi manoscritti. Nel capitolo propongo una datazione delle due redazioni dell’opera, individuo altri due manoscritti ora perduti e fornisco l’edizione di un gruppo di componimenti poetici, tra i quali la riscrittura della petrarchesca Vergine bella. L’antologia delle Rime spirituali ha richiamato più volte l’attenzione dei critici. Limitandomi ai primi due libri della raccolta, fornisco la tavola dei componimenti, cerco di delineare le probabili fonti e il messaggio complessivo che quel florilegio poetico presenta della produzione religiosa. A seguito del reperimento di duemanoscrittidiAntonioAgostinoTorti,autoredialcunicomponimentidella raccolta finora sostanzialmente sconosciuto, propongo il testo di due sestine. Dell’opera di Panciatichi, già segnalata da Firpo, ho potuto reperire un secondo manoscritto oltre a quello di dedica, attestante una diversa e precedente fase redazionale. Tale codice, appartenuto a Giovanni Domenico Scevolini, permette di meglio tratteggiare la figura di questo eccentrico domenicano e lascia intravedere la circolazione sotterranea che questa tipologia di letteratura poteva avere. Infine, nell’ultimo capitolo di questa parte ho affrontato il tardo volgarizzamento di una interessante commedia latina di Nicodemus Frischlin (Phasma), pièce nella quale è rappresentato il dibattito teologico interno al campo protestante. Sembra possibile che questa commedia, assieme ad un altro testo in italiano impresso l’anno prima dal medesimo editore, sia un estremo tentativo di propaganda religiosa tramite un’opera letteraria in un periodo nel quale i confini confessionali erano ormai stabiliti e invalicabili. Nel capitolo, presento l’edizione critica del IV atto della Comedia, che ben compendia l’intera opera. Nella seconda parte, invece, l’attenzione si concentra sulle opere di Cinuzzi. Il lavoro di ricerca ha permesso di reperire un terzo testimone delle odi (Urb. Lat. 758 della Biblioteca Apostolica Vaticana), accanto ai due già noti.11 I tre manoscritti attestano tre differenti fasi redazionali dell’opera: il Vaticano presenta 68 odi suddivise in quattro libri (47 in comune con gli altri), gli altri due, invece, 51. Il manoscritto ora a Cambridge è sicuramente una copia tratta dal manoscritto di dedica inviato al duca Cosimo, il Fiorentino è probabilmente il testimone di una successiva rielaborazione della stessa redazione in vista della stampa, mentre rilievi interni inducono a ritenere il Vaticano un testimone della primitiva redazione. L’edizione delle odi prende come testo-base il Fiorentino, probabile testimone dell’ultima volontà dell’autore, e presenta in apparato le varianti degli altri due manoscritti. Le 21 odi attestate dal solo Vaticano si possono leggere nell’appendice B, poiché non pertinenti alla redazione dell’opera testimoniata dagli altri due codici. Il poemetto De la Papeida è trasmesso dal solo manoscritto della Trinity College Library. L’opera in questione è adespota, ma rilievi interni e considerazioni esterne spingono ad attribuire definitivamente il testo a Cinuzzi. Lo stesso manoscritto trasmette anche due altri brevi componimenti che penso sia possibile attribuire a Cinuzzi.13 La Papeida è probabilmente un testo incompiuto e comunque si tratta di un’opera non rifinita dall’autore; questo fatto e l’esistenza di un unico testimone rendono a volte difficile stabilire un testo critico affidabile. La notevole estensione dei componimenti – le sole odi, complessivamente, constano di 4.000 – e l’impegno richiesto dalla prima parte delle tesi hanno reso irrealizzabile un commento approfondito. Si è optato per un commento puntuale ad alcuni luoghi della Papeida, soprattutto per esplicitare i riferimenti a personaggi storici e a testi altrimenti di difficile decifrazione. Ragione delle scelte Le tesi di dottorato nelle discipline filologico-letterarie, per consuetudine ormai invalsa, si presentano con le caratteristiche di una monografia. A prima vista, quindi, l’articolazione di questo lavoro può sembrare eccentrica. In effetti nella prima parte sono presentati cinque casi parzialmente slegati tra di loro e nella seconda si affronta la ricostruzione filologica di due opere di un autore differente rispetto a quelli analizzati all’inizio della tesi. Alcuni chiarimenti sono perciò d’obbligo. Questo lavoro non intende fornire il quadro complessivo della poesia religiosa eterodossa e inquieta del Cinquecento italiano, né presentare alcuni medaglioni che compendiano l’insieme di questo genere letterario. Una summa di questo segmento della nostra letteratura non potrebbe in ogni caso essere offerta per la ragione che allo stato attuale delle conoscenze mancano i dati per poterlo fare. La quasi totalità della poesia religiosa inquieta non è al momento conosciuta: se anche è nota l’esistenza di alcune opere, queste non sono state studiate a fondo, né pubblicate; è dubbio se siano state lette al di fuori di una ristretta cerchia di specialisti. Accanto a ciò, esiste un secondo ostacolo, anch’esso di natura testuale: mancano le necessarie conoscenze sui testi non strettamente letterari con i quali dialoga questo tipo di letteratura. La produzione di trattati, di pamphlet e, in generale, di opere di propaganda religiosa non è ancora studiata a dovere e in alcuni casi mancano le ricostruzioni dettagliate delle biografie degli autori e dei contatti che intercorrevano tra loro. Per fare un solo esempio, la monografia di riferimento per la vita di Curione è il lavoro di Kutter, in tedesco, che risale a più di mezzo secolo fa, per non citare il fatto che Edit16 riporta sotto il nome del figlio Celio Agostino un’opera del padre. Premesso tutto questo e sgombrato il campo da possibili equivoci, resta da chiarire che cosa voglia essere questo lavoro. Il titolo della prima parte (“Appunti...”) fornisce una prima spiegazione: in relazione alla poesia religiosa inquieta servono anzitutto dei sondaggi che, procedendo necessariamente per campioni, permettano di gettare luce su questa produzione. Prima di ogni altra cosa, occorre quindi avere edizioni affidabili dei testi e occorre ricostruire la storia della tradizione di queste opere. I cinque capitoli iniziali della tesi sono semplicemente un tentativo in questa direzione: degli scavi effettuati su alcune opere per le quali ho tentato di delineare i problemi filologici, di proporre un inquadramento critico e di presentare in edizione critica i testi oggetto d’analisi, integralmente laddove possibile oppure limitandomi ad alcune parti, in caso di una molte testuale eccessiva. I medaglioni della prima parte della tesi, quindi, rappresentato un primo tentativo di illuminare parzialmente il terreno sul quale si collocano le opere di Cinuzzi; senza una idea più chiara dello sfondo, infatti, anche i singoli pezzi del mosaico appaiono ancor più difficilmente comprensibili. Cinuzzi non fu un autore isolato; egli fu invece uno dei tanti intellettuali allora impegnati nella battaglia per il rinnovamento religioso, culturale e letterario, che si servirono della letteratura per intervenire nel dibattito coevo. Si tratta di un engagement storicamente perdente: a partire almeno degli anni Cinquanta del Cinquecento le sorti religiose della Penisola sono segnate e le variegate istanze di rinnovamento e di riforma sono destinate alla sconfitta. La riorganizzazione ecclesiale e dogmatica procedette spedita, di pari passo con il controllo religioso e culturale: la riforma, che pure ci fu, avvenne unicamente all’interno della Chiesa romana e venne gestita direttamente dalla gerarchia ecclesiale. Questa letteratura fu doppiamente perdente: tanto sul versante religioso, come detto, quanto sul piano letterario. L’evoluzione della nostra letteratura non tenne conto, o lo fece in minima parte, delle proposte implicite nelle opere religiose di queste tipo. Il tentativo di uscire dal petrarchismo per proporre una letteratura di impegno politico-religioso non ebbe sostanzialmente esito, così come l’auspicato connubio di poesia e discussione religiosa e politico-culturale. Un futuro studio che possa dar conto dell’insieme della letteratura religiosa partecipe delle inquietudini religiose del Cinquecento sarà il termine di un percorso di ricerca che procederà per successivi approfondimenti circoscritti.
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"LO ASSEDIO ED IMPRESA DE FIRENZE". EDIZIONE CRITICA CON COMMENTO / "Lo assedio ed impresa de Firenze". Annotated critical edition

STICCO, CARLOTTA FRANCESCA MARIA 31 May 2017 (has links)
Oggetto della tesi è l'edizione crtica commentata de "Lo assedio ed impresa de Firenze" di Mambrino Roseo da Fabriano (Perugia, G. Cartolari, 1530). L'elaborato è stato strutturato in tre sezioni. Al testo critico si è premesso lo studio ecdotico, con disamina grafico-linguistica e nota metrica. Si è quindi fatta seguire l'edizione del poemetto in ottave, corredata di ricostruzioni storiche e di un repertorio delle fonti e delle formule canterine. In calce, da ultimo, si è approntato un lessico bellico, raccolta di lemmi e fraseologie proprie della narrazione in ottava rima. / This dissertation focuses on the annotated critical edition of "Lo assedio ed impresa de Firenze" by Mambrino Roseo da Fabriano (Perugia, G. Cartolari, 1530) and is divided into three sections. The critical text is introduced with an ecdotic study, which analyses graphical and linguistic elements too and includes metrical annotations. The second section comprises the edition of this short poem in octave stanzas, featuring historical reconstructions and an index of sources and cantos. Lastly, the endnotes comprise a glossary of war-related language, compiled using terms and expressions characteristic of Italian "ottava rima" texts.
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IL MITO DI ARMIDORO. Giovanni Soranzo e il suo poema milanese (1611) / The Myth of Armidoro Giovanni Soranzo and His Milanese Poem (1611)

ANTONIOLI, ROSARIA 10 April 2008 (has links)
Il primo capitolo si occupa degli aspetti culturali e letterari della Milano di inizio Seicento, in particolare attraverso lo studio dello sviluppo del 'genere poema' e il confronto di due opere, pubblicate nel 1611 dallo stesso stampatore Giacomo Como: La risorgente Roma di Giovan Ambrogio Biffi e L'Armidoro del poeta veneziano Giovanni Soranzo. Entrambi gli autori ebbero come patrono il conte di Sale Francesco d'Adda, mecenate, pittore dilettante e cavaliere, dedito all'organizzazione di tornei. Questo tipo di intrattenimento, molto diffuso nelle corti italiane del periodo, è argomento del secondo capitolo. dalla lettura delle cronache sulle giostre allestite a Milano tra il 1605 e il 1606 per festeggiare i natali del delfino di Spagna, cui partecipò lo stesso conte di Sale, sappiamo che il personaggio di Armidoro, cantato nei loro versi sia da Biffi che da Soranzo, altri non è che lo stesso Francesco d'Adda. abbiamo scoperto anche che tra le fonti del poema di Soranzo vi sono le relazioni del matrimonio delle infante di Savoia (1608) e il testo del Balletto delle ingrate del Rinuccini, composto per l'evento, musicato da Claudio Monteverdi. Il terzo capitolo consiste nell'analisi del poema di Soranzo, di circa 36.500 versi, che trae ispirazione dai modelli di Ariosto e Tasso, ma per certi aspetti si mostra in sintonia con le nuove mode poetiche del secolo barocco. / The first chapter deals with cultural and literary aspects of Milan at the beginning of XVII century, through the confrontation of two poems, published in 1611 by the same editor Giacomo Como: the Risorgente Roma of the Milanese author Giovan Ambrogio Biffi and the Armidoro, wrote by the Venetian poet Giovanni Soranzo. Both Biffi and Soranzo were protected from Francesco d'Adda, earl of Sale's county, patron of artists, amateur painter and knight, who delighted in organizing tournaments. This kind of entertainment, very frequent in the Italian courts of that period, is argument of the second chapter. After the reading of chronicles about chivalrous performances, played in Milan by count of Sale from 1605 till 1606 to celebrate the birth of Spanish prince, we know that Armidoro is the mask of Francesco d'Adda. At the same time we detected many important sources of the Soranzo's poem: the commentaries of Federico Follino and Pompeo Brambilla on the marriage between Francesco Gonzaga and Margherita di Savoia (1608), and the Ingrate's ballet of Ottavio Rinuccini, performed in that occasion with music of Claudio Monteverdi. The third chapter consists on analysis of Armidoro, the poem of about 36.500 lines that Soranzo wrote in competition with Ariosto's Orlando furioso and Tasso's Gerusalemme liberata.
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IL RAPPORTO TRA LA PAROLA E IL PENSIERO IN ALESSANDRO MANZONI / Relationship between word and thought in Alessandro Manzoni

ZAMA, RITA 04 April 2011 (has links)
La ricerca ha approfondito il rapporto esistente tra l’ambito della parola e quello del pensiero in Alessandro Manzoni. Essa è stata articolata in due versanti: uno prevalentemente teorico denominato la parola nel pensiero dove è chiarita la Weltanschauung manzoniana sul tema in questione, l’altro sostanzialmente pratico, il pensiero nella parola, concernente l’analisi testuale delle opere letterarie e filosofiche di Manzoni. Per il primo versante, fatta luce sulla consistenza delle riflessioni filosofiche manzoniane, sui contenuti essenziali del suo pensiero e, in essi, sull’importante ruolo assunto dalla riflessione linguistica, si sono indagati gli intimi meandri speculativi inerenti il linguaggio e la parola. Per il secondo versante ci si è fatti guidare dalla riflessione manzoniana che «la parola offre intuiti al pensiero» ed «estende la cognizione» per analizzare i testi letterari non come semplici ‘concretizzazioni’ di idee precedenti, ma come ‘fucine di pensiero’. È interessante notare come le pagine letterarie, offrendo «intuiti al pensiero», precedano e incarnino quelle filosofiche e come al contempo, alla luce delle speculazioni filosofiche, le pagine letterarie acquistino maggiore profondità, in un innovativo rapporto di circolo ermeneutico, che vede nella parola letteraria ‘rivelativa’ un momento fondamentale del processo creativo e conoscitivo del Manzoni, aprendo così la strada ad ulteriori studi. / The research is an in-depth study about the relationship between word and thought in Alessandro Manzoni. It has been structured in two different parts: the first part, mainly theoretic, called la parola nel pensiero, where is clearly defined Manzoni’s Weltanschauung about this theme, the second part, basically practical, called il pensiero nella parola, concerning the textual analysis of the literary and the philosophical works by Manzoni. On the one side, after clarifying the foundation of the philosophical reflections by Manzoni, the essential contents of his thought and the important role of the linguistic thinking inside them, the last deep speculative aspects related to the language and the word have been investigated. On the other side, Manzoni’s reflection “la parola offre intuiti al pensiero” and “estende la cognizione” has been the starting point to review the literary works not only like simple forms of previous ideas but also like a breeding ground for thought. It’s interesting to notice that the literary pages offering “intuiti al pensiero”, come before and exemplify the philosophical ones and at the same time, thanks to the philosophical speculations, they gain depth inside an innovative hermeneutic circle which considers the literary word “rivelativa” a fundamental moment of the creative and cognitive process by Manzoni, opening the way for further studies.
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La poesia di Paolo Buzzi dagli esordi al Poema dei Quarantanni: temi e tensioni liriche fra tradizione e Futurismo / The Poetry of Paolo Buzzi from "Rapsodie leopardiane" until "Poema dei Quarantanni": lyrical themes and tensions between tradition and futurism

RAMPAZZO, ELENA 04 April 2011 (has links)
La tesi analizza la poesia di Paolo Buzzi dalle "Rapsodie leopardiane" al "Poema dei Quarantanni" (1898-1922), individuando temi e strategie liriche presenti in tutto l'arco temporale esaminato. Poiché Buzzi è noto come poeta futurista, si analizza in particolare la sua produzione riferibile all'avanguardia, per comprendere come egli, considerate le istanze della prima raccolta, abbia inteso il futurismo. / The dissertation analyzes the Poetry of Paolo Buzzi from "Rapsodie leopardiane" until "Poema dei Quarantanni" (1898-1922), identifying lyrical themes and tensions present throughout the time period examined. Since Buzzi is known as a futurist poet, the dissertation analyzes in particular its production attributable to the forefront, to understand how he, considered instances of the first collection, was the intention of futurism.

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