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Il giallo italiano 1980-2010. Le tendenze di un genere in rapporto con la realtà contemporanea. / Il giallo italiano 1980-2010. Le tendenze di un genere in rapporto con la realtà contemporanea / The Italian crime novel from 1980 to 2010. The trends of a literary gender in relationship with the contemporary events.

GARAVELLI, BIANCA MARIA 05 March 2012 (has links)
In Italia il genere “giallo”, definibile anche “poliziesco”, “thriller”, e ultimamente “noir”, fra il ventennio conclusivo del Novecento e il primo decennio del Duemila mostra interessanti linee evolutive, che si collegano con i flussi della storia recente e le paure di fine millennio. Da un lato si assiste all’affermarsi del “giallo metropolitano”, cioè al proliferare di scrittori che si legano alla propria città, d’origine o di elezione, in particolare con Milano, che conquista la palma di città più “nera” d’Italia; dall’altro al consolidarsi del legame fra autori e territori più vasti, tanto da poter parlare di un nuovo regionalismo “giallo”. Ma la novità più interessante consiste nell’entrata in scena di nuovi aspetti: la fusione con elementi propri della fantascienza, o addirittura fantastici, che colorano il giallo di una sfumatura soprannaturale, tra commissari che sentono i pensieri delle vittime di omicidio, o hanno visioni mistiche, e assassini guidati dal sussurro del diavolo. Il giallo storico presenta a sua volta tutti questi aspetti, mostrando come l’ambientazione storica diventi spesso un pretesto per mettere in scena i problemi del presente. / In Italy the crime novel, that can be also defined “detective story”, “thriller”, or more recently “noir”, between the last twenty years of Twentieth century and the first decade of Two Thousand, shows an interesting evolution, that can handle with some recent historical events, or can be linked with the end of Millennium fears. On the one hand, we can see the rise of “metropolitan crime novel”, in which many writers set their novels always in the same city, their native one or the city in which they live; Milan is the most important in this list and wins the prize of “crime city” in Italy. On the other hand, many novelists establish a strong relationship with their own region, creating a new “crime” regionalism. The most interesting trend is that science fiction and supernatural events enter the crime novel, with policemen that can hear the thoughts of the victims, or have mystic visions, and killers that are guided by a whispering devil. All these aspects appear also in the historical crime novel, that shows how history is often a sort of pretext to stage some problems of the current society.
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Il corpo nell'opera di Francesco d'Assisi e di Iacopone da Todi

Sanson, Manuela January 2011 (has links)
La visione di un universo permeato dalla gloria di Dio che Francesco d’Assisi sviluppa nel Cantico di frate sole e nelle sue opere latine, e che risulta anche dalle testimonianze dei primi biografi, è stata interpretata da vari studiosi (Duby, Manselli, Pasero) come un implicito rovesciamento della concezione catara secondo cui il mondo non è stato creato dal Dio celeste, ma da un demiurgo malvagio. A prima vista, la concezione del corpo e della creazione materiale che emerge dall’opera poetica del francescano Iacopone da Todi si trova agli antipodi di quella del santo. Giovanni Pozzi ha osservato come nelle Laude sia assente “qualsiasi valutazione del creato come entità recante l’impronta divina”; ma, lungi dal comportare un dualismo ontologico di tipo “gnostico”, come quello dei catari, questo atteggiamento va ricollegato secondo lo studioso svizzero alla tradizione dell’ascetismo cristiano, e in particolare al linguaggio del “disprezzo” del corpo e del mondo che verso la fine del secolo XIII aveva trovato una delle sue espressioni più violente ed efficaci nel De contemptu mundi di Lotario di Segni, il futuro papa Innocenzo III. Queste lucide considerazioni non mancano tuttavia di porre una serie di problemi storici ed ermeneutici che appaiono decisivi per una corretta comprensione delle opere letterarie dei due primi grandi scrittori religiosi della nostra letteratura: qual è il rapporto fra la concezione francescana del corpo (e più in generale del mondo materiale) e la riflessione cristiana dei secoli precedenti su questi temi? In particolare, come si può situarla rispetto ai grandi filoni teologici del XII e del XIII secolo: mistica cisterciense e vittorina, pensiero ascetico, eresia catara? E quali sono i rapporti fra la concezione di Francesco e quella che si delinea con straordinario vigore lirico nelle Laude di Iacopone? Quali sono i modelli del poeta di Todi? Fra i due grandi scrittori mistici e ascetici del Duecento italiano vi è realmente, a proposito della visione del corpo e della corporeità, radicale opposizione? Oppure possono essere individuati anche punti di contatto, elementi di continuità o di mediazione? E come si spiegano degli atteggiamenti così diversi nel fondatore e in uno dei primi grandi seguaci del movimento francescano? A questi, ed ad altri più puntuali interrogativi si è cercato di rispondere nel presente lavoro. Per giungere a risposte motivate e convincenti, si è ritenuto necessario partire da un approfondito esame delle concezioni del corpo e della materia nella tradizione del pensiero cristiano fino al Duecento. In particolare, sono apparse di fondamentale importanza le correnti teologiche del secolo precedente, il XII, correnti il cui influsso nella concezione del mondo di Francesco e di Iacopone appare determinante. Nella prima parte della tesi, abbiamo così dedicato un capitolo alla tematica del contemptus mundi quale è sviluppata nel grande trattato di Lotario di Segni. In un secondo capitolo è studiata la complessa – e talvolta almeno apparentemente contraddittoria – concezione del corpo e delle realtà materiali nelle due maggiori correnti della teologia mistica nel XII secolo, quella cisterciense e quella vittorina, alle quali si rifarà direttamente anche il francescano Bonaventura da Bagnoregio. Inoltre, si è ritenuto necessario studiare in maniera approfondita le dottrine eterodosse dei catari, che ebbero certamente un grande peso – come si è accennato – nella riflessione cristiana di questo periodo sul corpo e sulla materia. A partire da queste premesse dottrinali – che sono state spesso trascurate o sottovalutate dai filologi, ma alle quali la critica più recente incomincia a dedicare la dovuta attenzione – nella seconda parte della tesi abbiamo sottoposto a una accurata analisi la concezione e la rappresentazione del corpo, e della “corporeità” in generale, nelle opere italiane e latine di Francesco d’Assisi e di Iacopone da Todi. Ne sono derivate conclusioni molto più articolate e sfumate di quanto possa far pensare una lettura superficiale dei loro testi: gli stretti rapporti che si possono osservare in entrambi gli autori con la precedente tradizione ascetica e mistica valgono a mettere in luce tutta una serie di rapporti profondi fra di loro, specialmente intorno al nodo cruciale del corpo di Cristo. E questo vale, a nostro parere, a far risaltare ancor meglio gli aspetti originali dei testi maggiori di Francesco e di Iacopone, a farci gustare appieno la loro “poesia del corpo”.
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Il discorso straviato: Stefano D'Arrigo e il romanzo del Novecento

Biagi, Daria January 2013 (has links)
La tesi nasce come indagine intorno allo scrittore siciliano Stefano D'Arrigo e alla sua opera principale, il romanzo "Horcynus Orca" (1975). Situandosi nel punto di intersezione tra diverse linee chiave del Novecento – dalla riflessione sulle possibilità comunicative della lingua fino al problema della rielaborazione del trauma bellico – l'opera darrighiana connette strettamente il contesto italiano a quello sovranazionale: nonostante "Horcynus Orca" sia stato più volte associato alle grandi narrazioni novecentesche e ai nomi di autori come Joyce o Proust, tuttavia, raramente è stato analizzato nei suoi effettivi legami con il panorama letterario internazionale. La ricerca riconsidera dunque le caratteristiche dell'opera seguendo un percorso che, in linea con le esperienze biografico-letterarie dell'autore, inizia con Hölderlin (il «poeta ingrato», oggetto della tesi di laurea di D'Arrigo nel 1942), passa per i modernisti americani (Melville e Faulkner soprattutto, autori di riferimento per i romanzieri del dopoguerra italiano) e giunge fino a Gogol' (da cui D'Arrigo trae il suo primo romanzo, "Il venditore di anime morte", rimasto inedito). L'analisi mantiene una stretta correlazione tra il piano delle scelte stilistiche e quello dello sviluppo narrativo delle opere, ponendo al centro la domanda intorno alle possibilità di significazione della parola letteraria e alla sua legittimità. D'Arrigo rientra nel novero degli scrittori contemporanei che avvertono, per la prima volta, il senso dell'inadeguatezza del loro strumento, la lingua, e praticano la letteratura in un contesto di sfiducia ignoto ai loro predecessori: la figura di Hölderlin mostra come questa riflessione derivi dall'attraversamento della tradizione europea più che dall'influenza del coevo romanzo sperimentale, rispetto al quale D'Arrigo aveva sempre dichiarato la propria estraneità. Se il romanzo “straviato” – aggettivo che D'Arrigo mutua dai racconti di Raffaello Brignetti – nasce dall'esperienza di una crisi, non è con la provocatorietà delle avanguardie né con il silenzio attonito della “letteratura dell'incomunicabilità” che D'Arrigo intende reagirvi. L'influenza del romanzo epico-popolare, segnalata dalla presenza di Gogol', mostra di avere un peso significativo nell'indirizzare la poetica darrighiana verso una visione della letteratura che abbandona il desiderio di risalire alla parola intatta del passato e si serve degli effetti babelici della lingua come di una risorsa narrativa. L'opera di D'Arrigo può dunque essere considerata un esempio di questa diversa risposta alla crisi della parola letteraria, una risposta più tarda, che matura nel romanzo del pieno Novecento e contrariamente alla sua fama di “mostruosità” trae linfa dal sostegno della tradizione.
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La trasgressione fantastica: infrazioni logiche e abissi di senso nella narrativa fantastica da Kafka a Cortázar

Zeppegno, Giuliana January 2009 (has links)
La tesi propone una disamina comparatistica e multifocale della narrativa fantastica novecentesca, allo scopo di rintracciare gli inneschi e i dispositivi di quella trasgressività semantica e logica nella quale si è individuato uno degli aspetti più significativi del fantastico contemporaneo, nella persuasione che a scatenarne e orientarne il processo siano, a diverse latitudini e in corrispondenza di congiunture storico-politiche eterogenee, meccanismi strutturalmente simili. Un viaggio esplorativo attraverso le diverse forme del fantastico contemporaneo ha permesso di individuare con una certa precisione la trasgressione fantastica, collocandola nel punto di intersezione tra determinate caratteristiche tematiche, mondo-finzionali, formali. In modo particolare, si sono rivelate determinanti per la sua definizione: 1) una certa novità tematica dell’immagine fantastica contemporanea, intraducibile alla luce delle enciclopedie dominanti e non riconducibile ai codici di riferimento validi per la narrativa fantastica tradizionale; 2) la contraddittorietà interna al mondo finzionale istituito dal testo, per rendere conto del quale la semantica a mondi possibili si rivela, ancorché ricca di spunti nelle sue linee generali, fondamentalmente insufficiente, e la salvaguardia della sua consistenza e referenzialità, in assenza della quale la trasgressione manca di un oggetto contro cui dirigere i propri assalti; 3) un esteso ricorso del testo alla narrazione reticente, declinata nelle diverse, possibili forme i. della reticenza esplicativa (silenzio sulle cause contingenti), ii. della reticenza relativa alla fabula (con conseguente produzione di fabule aperte), iii. della reticenza semantica (silenzio sul significato complessivo, simbolico o allegorico del racconto). L’analisi incrociata della narrativa breve di diversi autori (Kafka, Borges, Ocampo, Bombal, Merino, Dürrenmatt, ma soprattutto Julio Cortázar e, quale controparte attestata spesso su posizioni opposte, più raramente portatrice di un’analoga trasgressività, Dino Buzzati) ha permesso di constatare come il concorso dei fattori elencati tenda alla produzione di immagini radicamente negative, refrattarie alla significazione tanto per l’intrinseca vuotezza semantica (si tratta appunto di immagini aberranti, nuove, per parafrasare le quali mancano codici di riferimento adeguati) quanto per il carattere di assoluta eccezione di cui godono all’interno del mondo finzionale che le alberga. Si è quindi osservato come tali immagini, oscure per ragioni sia tematiche che prettamente formali (impiego esteso e drastico della reticenza), convergano in diversi punti con la nozione benjaminiana di allegoria vuota, con la quale condividono l’amplissima, se pure non infinita, apertura semantica e lo sguardo critico-negativo che per suo tramite il testo rivolge alla realtà esterna. Interrogandosi infine sulla natura specifica della trasgressione fantastica, la si è potuta rintracciare nell’attacco ai principi cardine della logica aristotelica, esaminato mediante il proficuo accostamento della nozione di logica simmetrica proposta da Ignacio Matte Blanco ai dispositivi logicamente paradossali in atto nei testi, riuscendo a individuare in questo modo, nella precipua combinazione tra trasgressione logica e trasgressione semantica realizzata da numerosi racconti contemporanei − e in modo assolutamente paradigmatico dalla narrativa breve di Julio Cortázar − la versione più acuta e dirompente della trasgressione che anima l’avanguardia novecentesca del genere.
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IL MIO LIBRO PIU' CARO E PIU' IMPORTANTE. "L'OCCHIO SIMILE AL SOLE", ROMANZO INEDITO DI LUIGI FALLACARA. EDIZIONE CRITICA

RIVA, FRANCESCA 31 May 2017 (has links)
Il presente lavoro offre l’edizione critica del romanzo inedito di Luigi Fallacara (Bari 1890, Firenze 1963), L’occhio simile al sole, dall’autore stesso definito «il suo libro più caro e più importante», scritto, in base agli scartafacci, tra il 1945 e il 1954, durante un periodo di stasi lirica. Le numerose carte accumulate da Fallacara nel suo incontentabile lavoro correttorio, di cui si dà una dettagliata descrizione, sono dislocate in tre Archivi, quello della “Letteratura cattolica e degli scrittori in ricerca” presso l’Università Cattolica di Milano, il Centro manoscritti di Pavia e l’Archivio privato del poeta a Firenze. Si sono ricostruite tutte le fasi dell’iter compositivo, con la distinzione, tra l’altro, all’interno dell’unico Ms di due blocchi di capitoli (Ms1 e Ms2) corrispondenti a due distinte fasi redazionali; attraverso l’analisi dell’imponente materiale genetico e anche di carteggi inediti, si sono poi individuate alcune linee tematiche e interpretative del testo, dalla filigrana neoplatonico-dantesca al simbolismo solare, dal rapporto tra scrittura e pittura alle implicazioni autobiografiche, dalla componente mistico-francescana alle suggestioni montaliane e beethoveniane. Infine, oltre alla bibliografia aggiornata sull’autore, nella sezione iconografica vengono raccolti alcuni quadri di Fallacara che presentano significative analogie con quelli citati nel romanzo. / This thesis offers a critical review of the unpublished novel by Luigi Fallacara (Bari 1890, Firenze 1963), L’occhio simile al sole, which the author believed to be «his dearest and most important book». According to the available documents, the book was written from 1945 to 1954, during the author's hiatus from the creation of poetry. The large volume of notes produced by Fallacara as he tirelessly revised his work over and over, described in detail in this thesis, are stored in three Archives: the archive of “Catholic literature and writer researches” at the Università Cattolica in Milano, the Institute for manuscripts in Pavia and the poet's private Archives in Florence. This work reconstructs all phases of the creative process, identifying the two sets of chapters (Ms1 and Ms2) within one single manuscript, each of which represents a distinct drafting phases. By analysing the voluminous genetic materials as well as the unpublished documents, this work identifies the various themes and interpretative lines in the text, from the neoplatonic-dantesque lief motif to solar symbolism, from the relationship between writing and painting to autobiographical implications, from the mystical-Franciscan elements to the suggestions that emanate from Montale and Beethoven. Finally, alongside the updated bibliography for the author, the iconographic section collects certain paintings by Fallacara, which are poignantly analogous to those described in the novel.
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Gli studi danteschi di Giovanni Iacopo Dionisi

MAZZONI, LUCA 02 April 2009 (has links)
La tesi prende in esame la figura di Giovanni Iacopo Dionisi (1734-1808), canonico della cattedrale di Verona e bibliotecario della Capitolare, noto come uno "degli uomini più benemeriti di questi studi danteschi, [...] nello scorcio del secolo passato, l’instauratore d’una critica nuova su le opere del poeta” (G. Carducci). Vengono per la prima volta analizzate a fondo, alla luce della critica dantesca successiva, gli otto "Aneddoti" e la "Preparazione istorica e critica alla nuova edizione di Dante Allighieri", opere ricche di spunti esegetici e notazioni testuali relativi alle opere dantesche. La tesi tratta anche dell'edizione bodoniana della "Commedia", pubblicata da Dionisi nel 1795, e delle polemiche di Dionisi con Baldassarre Lombardi, che nel 1791 aveva pubblicato un'edizione commentata del poema dantesco. Le risultanze dell’indagine dimostrano che il canonico veronese ha sciolto molti nodi testuali intricati, tanto che sono molte le lezioni proposte per la prima volta da Dionisi che si ritrovano anche nell’edizione Petrocchi della “Commedia” e Brambilla Ageno del “Convivio”, come risulta da una sinossi pubblicata in appendice. Nella stessa appendice vengono inoltre pubblicate sette lettere inedite di Dionisi a Bartolomeo Perazzini, parroco di Soave, anch’egli cultore di Dante, e stralci tratti da altre ventuno lettere fra i due, al fine di dimostrare quanto stretta fosse la collaborazione fra i due studiosi. / The thesis is about Giovanni Iacopo Dionisi (1734-1808), canon of Verona’s cathedral and librarian of the Biblioteca Capitolare, known as one “of the most well-deserving man of the Dante studies, […] at the end of the previous century, the beginner of a new criticism on the poet’s works” (G. Carducci). Dionisi’s books, i.e. the eight “Aneddoti”, the "Preparazione istorica e critica alla nuova edizione di Dante Allighieri" (full of exegetic and textual hints about Dante’s works), and his edition of Dante’s “Commedia” (published by Bodoni in 1795), are for the first time analysed with the point of view of modern Dante criticism. The controversy between Dionisi and Baldassarre Lombardi, editor of the “Commedia” in 1791, is taken in account as well. My thesis proves that Dionisi solved many difficult textual points in Dante’s works, so that many are the readings proposed by Dionisi you can find also in Petrocchi’s edition of the “Commedia” and in Brambilla Ageno’s edition of the “Convivio”, as is shown in a table in the thesis’ appendix, where the reader also finds seven unpublished Dionisi letters to Bartolomeo Perazzini, parish priest of Soave and fond of Dante, and twenty-one extracts from other letters between the two, that show how tight was the collaboration between the two scholars.
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Nel laboratorio di Pirandello. Spigolando tra i "Taccuini".

BONO, MICHELE MARCO 20 April 2011 (has links)
La Tesi di Dottorato ha per oggetto tre Taccuini di Pirandello, studiati sia sul versante filologico che su quello ermeneutico. Si tratta del Taccuino Segreto (edito dalla Mondadori nel 1997 a cura di Annamaria Andreoli), del Taccuino di Harvard (edito dalla Mondadori nel 2002 a cura di Ombretta Frau e Cristina Gragnani) e del Taccuino di Coazze (edito in copia anastatica dalla Biblioteca-Museo “Luigi Pirandello di Agrigento” nel 1998 e nel 2001). Se l’edizione critica che correda il saggio intende operare una revisione filologica dei tre documenti, con un riesame delle concordanze dei primi due Taccuini e una prima edizione critica del testo e delle concordanze del Taccuino di Coazze, l’ampio saggio introduttivo (diviso in tre parti dedicate ai rispettivi Taccuini) ha lo scopo di operare la sintesi su quanto sinora scritto in merito al “laboratorio di Pirandello”, sviluppando quanto emerso dallo studio filologico ed ermeneutico. / The object of this Doctorate’s thesis are three Pirandello’s Notebooks: Taccuino segreto (ed. by Annamaria Andreoli, Mondadori Milano 1997), Taccuino di Harvard (ed. by Ombretta Frau and Cristina Gragnani, Mondadori, Milano 2002), Taccuino di Coazze (printed by “Biblioteca-Museo Luigi Pirandello” Agrigento). The Critical edition’s purpose is a philological study of Pirandello’s Notebooks, with concordance’s review of Segreto and Harvard’s Notebooks, and first study of Coazze’s Notebook (philological edition and concordance). The Essay analyzes “Pirandello’s Laboratory”, when until now studied in essays and articles of “Pirandello’s “laboratory” and “style”, and considerations of our study and our philological edition.
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Alessandro Manzoni e la cultura anglosassone / Alessandro Manzoni and the English-speaking culture

CROSTA, ALICE 05 March 2012 (has links)
La presente tesi di dottorato è il primo studio complessivo sui rapporti di Alessandro Manzoni con la cultura anglosassone, considerati nelle due direzioni: da una parte, le possibili influenze della letteratura inglese sulle sue opere, dall’altra la fortuna dell’autore in Gran Bretagna e negli Stati Uniti nell’Ottocento. Manzoni, infatti, non fu complessivamente incompreso o ignorato nei paesi anglosassoni, come ritenevano alcuni studiosi. Al contrario: personaggi importanti del mondo letterario e culturale apprezzavano e citavano le sue opere, e le numerose traduzioni, recensioni, antologie e libri sull’Italia testimoniano che questo autore era noto tra il pubblico colto. Tra gli episodi più importanti della fortuna di Manzoni nell’Inghilterra vittoriana si possono ricordare: due recensioni di Mary Shelley, influenzata dalla prospettiva risorgimentale (che era in realtà ambivalente verso Manzoni); e un romanzo della scrittrice Charlotte Yonge, legata al movimento di Oxford, che apprezzava particolarmente "I promessi sposi" per i valori cristiani. Negli Stati Uniti, i pregi del romanzo erano riconosciuti da intellettuali attenti alla cultura italiana contemporanea, come Emerson e Margaret Fuller. / This dissertation is the first overall study on Alessandro Manzoni’s relationship with the English-speaking world, considered along both lines: possible influences from English literature on Manzoni’s works, and Manzoni’s reception in Great Britain and the United States in the XIXth century. Manzoni was not ignored or misunderstood in those countries, as some critics believed. On the contrary, distinguished men and women from the literary and cultural world read, liked and quoted his works. Indeed, the great number of translations, reviews, anthologies and books on Italy dealing with Manzoni testifies that the Italian author was well-known among the educated reading public. Two important episodes of Manzoni’s reception in Victorian England can be mentioned: two reviews by Mary Shelley, who was influenced by the issues of the Italian Risorgimento (not totally sympathetic with Manzoni); a novel by Charlotte Yonge, the novelist of the Oxford movement, who admired Manzoni’s "Promessi sposi" for its Christian values. In the United States, the merits of Manzoni’s work were acknowledged by Emerson and Margaret Fuller, who showed interest and consideration for the contemporary Italian culture.
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LA LINGUA DELLA RASSETTATURA DEL DECAMERON DI LIONARDO SALVIATI / The language of Lionardo Salviati's 'rassettatura' of Boccaccio's Decameron

MAINO, PAOLO MARIA GILBERTO 13 February 2013 (has links)
La rassettatura del Decameron compiuta da Salviati nel 1582 è stata oggetto di dure critiche fin dal Settecento (tra i primi critici ad inizio Ottocento è da ricordare Ugo Foscolo): il grammatico fiorentino è sostanzialmente considerato un ‘pubblico assassino di Boccaccio’ che ha trasformato il capolavoro narrativo della letteratura delle origini in un moralistico elenco di vizi da punire e di virtù da ammirare. Senza ovviamente negare la pesantezza dell’intervento censorio di Salviati (soprattutto per gli occhi di noi moderni), tuttavia l’analisi linguistica e filologica che si presenta in questa tesi di ricerca mostra come il vero intento di Salviati sia quello di salvare più testo possibile del Decameron e anzi di ripristinarne la corretta lezione dopo l’azione grossolana di tanti editori (soprattutto veneziani) della prima metà del 500. Oltre a questo recupero della lingua perfetta del XIV secolo, Salviati, sulla linea delle lezioni di Varchi e Borghini, ha anche inteso riporre al centro dell’italiano la supremazia della favella fiorentina anche nella sua versione moderna da lui spesso considerata come il cosciente completamento di quella del Trecento. / Salviati’s rassettatura of the Decameron has been often considered by many critics only a censorship which thoroughly ‘kills’ Boccaccio and his masterpiece. What is nevertheless evident in this research is that Salviati wants, even if he was bound to a brutal censorship, to restore the true version of the Decameron both from the philological point of view and from the linguistic one. In particular Salviati wants to regain the supremacy on Italian language for Florence after Bembo and his Prose della volgar lingua (1525). The research is the result of a systematic and complete collation between Salviati’s Decameron and the sources which Salviati used: Borghini’s rassettatura, Mannelli codex, the first printed edition (the so called Deo Gratias), and the florentine edition of the 1527. From this collation and from the phonetic, morphologal and syntactical analysis of all the variants and in particular of Salviati’s choices it comes out Salviati’s true will which is twofold: first of all he wants to restore the language of the 14th century (the Mannelli codex), a perfect and sweet language, then he also wants to underline the supremacy of modern Florentines, true and only heirs of Dante, Petrarch and Boccaccio’s language and culture.
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Lettere di ser Lapo Mazzei a Francesco Datini (1390 - 1399) / Ser Lapo Mazzei's letters to Francesco Datini (1390-1399)

CAMESASCA, GLORIA 15 April 2013 (has links)
Ser Lapo Mazzei (1350-1412) fu uno dei notai più legati al mercante pratese Francesco Datini (1335ca-1410). La loro corrispondenza, già pubblicata da Cesare Guasti nel 1880, è una fonte importante, perché restituisce uno spaccato significativo della vita e delle relazioni personali di un mercante e di un notaio vissuti in Toscana alla fine del Trecento. Il presente lavoro è un'edizione più rispondente alle odierne metodologie ecdotiche delle lettere di Mazzei comprese nell'arco cronologico che va dal 1390 al 1399, accompagnate da un opportuno commento. Nei capitoli introduttivi vengono approfonditi i seguenti argomenti: le biografie di Mazzei e Datini e l'analisi grafica, linguistica, stilistica, della struttura e dei principali temi trattati nelle epistole. La ricerca è corredata inoltre dagli indici dei nomi di persona, di luogo, delle cose notevoli e delle fonti d'archivio. / The notary Lapo Mazzei (1350-1412) was a friend and a correspondent of the merchant of Prato Francesco Datini (1335 about-1410). Mazzei's letters written to Datini, published by Cesare Guasti in 1880, are an important source because they return a significant cross-section of life and personal relations of a merchant and a notary lived in Tuscany at the end of the fourteenth century. This work is the critical edition of Mazzei's letters (1390-1399) equipped with a commentary. The introductory chapters face these subjects: Mazzei and Datini's biographies, letters' topics and structure and their graphic, linguistic and stylistic analysis. At the end of the work there are the indexes of personal names, place names, remarkable things and archival sources.

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