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La synchronisation robuste en temps et en fréquence dans un système de communication sans fil de type 802.11a. / Robust time and frequency synchronization in 802.11a communication wireless system

Nguyen, Cong Luong 28 May 2014 (has links)
Le problème de la synchronisation en temps et en fréquence dans un système de transmission OFDM (Orthogonal Frequency Division Multiplexing) sans fil de type IEEE 802.11a est étudié. Afin d'améliorer la synchronisation de trame entre les stations mobiles, bien que des solutions aient déjà été proposées pour compenser les décalages en temps et en fréquence, nous avons développé une nouvelle approche conforme à la norme IEEE 802.11a. Cette approche exploite non seulement les informations habituellement spécifiées par la norme à savoir les séquences d’apprentissage mais également d’autres sources d’informations disponibles au niveau de la couche physique et par ailleurs connues par l'émetteur et le récepteur qui les exploitera. Tenant compte des informations fournies par les protocoles réseaux, nous avons montré que les différents sous-champs du champ SIGINAL de la trame physique, identifié comme séquence de référence, sont connus ou prédictibles à partir des deux trames de contrôle RTS (Request to Send) et CtS (Clear to Send) lorsque le mécanisme de réservation de support CSMA/CA (Transporteur Sense Multiple Access avec évitement de collision) est activé conjointement à des algorithmes d'adaptation de débit binaire sur le canal. De plus, la trame RTS reçue permet au récepteur d'estimer le canal avant d’entamer l'étape de synchronisation. Tenant compte de la connaissance sur le champ SIGNAL et de l'information sur le canal de transmission, nous avons développé plusieurs algorithmes conjoints de synchronisation temporelle et fréquentielle et d’estimation de canal compatible avec la norme 802.11a. Les résultats de simulation montrent une amélioration conséquente des performances en termes de probabilité d’échec de synchronisation en comparaison avec les algorithmes existants. / Time and frequency synchronization problem in the IEEE 802.11a OFDM (Orthogonal Frequency Division Multiplexing) wireless communication system is investigated. To enhance the frame synchronization between mobile stations, although solutions to compensate time and frequency offsets have already been proposed, we developed a new approach conform to the IEEE 802.11a standard. This approach exploits not only the reference information usually specified by the standard such as training sequences but also additional sources of information available at the physical layer further known by both the transmitter and receiver to be then exploited. According to the knowledge protocol, we showed that the parts of the identified SIGNAL field considered as a reference sequence of the physical frame are either known or predictable from the RtS (Request to Send) and CtS (Clear to Send) control frames when the CSMA/CA (Carrier Sense Multiple Access with Collision Avoidance) mechanism is triggered jointly to bit-rate adaptation algorithms to the channel. Moreover the received RtS control frame allows the receiver to estimate the channel before synchronization stage. According to the knowledge of the SIGNAL field and the channel information, we developed multistage joint time/frequency synchronization and channel estimation algorithms conform to the standard. Simulation results showed a strongly improved performance in terms of synchronization failure probability in comparison with the existing algorithms.
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Tra sacro e potere. Verso la Scienza Nuova come teologia civile ragionata della Provvidenza divina.

Fidelibus, Francesca 19 July 2023 (has links)
The aim of the thesis is to reconstruct the relationship between sacred and power, divine and society, religion and politics in the theoretical itinerary of Giambattista Vico with special attention to the legal work known as “Diritto Universale” and to the “Scienza Nuova” in its various drafts. Relocating Vico within the broader debates of the seventeenth-eighteenth-century relating to the questioning of the political fact, of power and its foundation, an attempt has been made to look at Vico’s reflection as a critical instrument to transversally read the development of political ideas of the West that has no little to do with the problematic relationship between sacred and power, religion and politics. Therefore, with a dual historical-philological and philosophical approach, the passage was noted from a “historical theodicy” summarized in the juridical work to a “reasoned civil theology of divine Providence” in the Scienza Nuova within which the “diagnostic” force and the eccentric modernity of Vico is condensed.
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"Il tempo dei lunghi poemi". Percorsi di storia di un genere letterario (1814-1850)

Colombo, Paolo 03 April 2020 (has links)
Il lavoro intende proporre un'indagine sulla persistenza e lo sviluppo della forma "poema" in una stagione, la prima metà dell'Ottocento, che, sulla scia dei radicali cambiamenti nel sistema dei generi letterari, ne avrebbe visto il progressivo declino, favorito dalla crescente egemonia del romanzo. Il mutamento non fu tuttavia immediato, e per lungo tempo, nei centri urbani come nelle aree periferiche, il poema godette di una diffusione e di una vitalità per molti versi sorprendenti. In questa prospettiva, la prima parte della ricerca (Tre temi) è stata dedicata a un esame del fenomeno nelle sue proporzioni quantitative, condotto a partire dall'analisi di tre fioriture tematiche, indicative, pur nella modestia degli esiti, di un gusto consolidato e duraturo. Un censimento della produzione poetica nel periodo oggetto di studio (1814-1850) ha evidenziato la presenza di un recupero della poesia colombiana e dell'epos di scoperta, in continuità con la linea inaugurata da Tasso (Gerusalemme liberata, XV, 32, v. 8) e tentata, fra gli altri, da Stigliani e Tassoni; nel giro di un ventennio (1826-1846) furono infatti pubblicati almeno quattro poemi sull'argomento ("La Colombiade" di Bernardo Bellini; "Il Colombo" di Leonardo Antonio Forleo; l'"Amerigo" di Massimina Fantastici; il "Cristoforo Colombo" di Lorenzo Costa), accomunati da un'interpretazione in chiave religiosa della vicenda storica. Negli stessi ani, un'analoga propensione all'epopea sacra costituì il fondamento concettuale di un ciclo di opere (cinque pubblicate fra 1819 e 1850) di soggetto gerosolimitano, incentrate sulla conquista romana di Gerusalemme (70 d.C.). Anche in questo caso, i precedenti rimontano all'età barocca, e segnatamente all'incompiuta "Gerusalemme distrutta" di Marino, il cui soggetto fu a breve distanza di tempo ripreso e sviluppato da Giovan Battista Lalli. Un terzo versante tematico è invece rappresentato dalla tendenza, in un'ottica opposta, alla promozione di un'epica della contemporaneità, perseguita attraverso strade differenti: la tardiva rielaborazione della materia napoleonica (Luigi Budetti, Domenico Castorina), l'apologia dei sovrani restaurati (Troilo Malipiero), l'epopea municipale (Curti, Miovilovich), la rievocazione poetica dei fatti di Parga e, in genere, dell'indipendenza greca (Biorci, De Martino). A una descrizione più dettagliatamente qualitativa è invece destinata la seconda sezione (Tre autori), che, muovendo da sondaggi più specifici sull'opera e il pensiero di figure maggiormente note e rilevanti, ambisce a fornire indicazioni utili alla comprensione generale del fenomeno. Il dato che più s'impone all'attenzione è senz'altro la trasversalità culturale della suggestione poetica, che agì al di là degli schieramenti politici (dagli ambienti reazionari a cospiratori come Pietro Giannone) e culturali, suscitando attenzione sia fra i classicisti che in ambito romantico (Pellico, Scalvini). La fortuna del genere non poté tuttavia impedire l'insorgenza di una riflessione sui destini di una forma che rischiava di apparire anacronistica, e la questione della sopravvivenza dell'epos finì per attirare l'attenzione delle maggiori personalità del mondo letterario di quegli anni. Un'ampia e prolungata inchiesta sul tema, affidata alle pagine dello "Zibaldone", impegnò Leopardi dall'estate 1823 alla primavera 1829, alla vigilia di quegli anni Trenta occupati dalla composizione dei "Paralipomeni". Venti anni più tardi, a metà secolo, la questione sarebbe parsa definitivamente chiusa a Manzoni, che, nel discorso "Del romanzo storico", avrebbe attribuito l'estinzione dell'epopea all'inarrestabile affermazione della storia sulla finzione. Concludono la tesi un'"Appendice" e un "Catalogo" dei poemi analizzati.
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Mondo, libertà, finitezza: Eugen Fink e la questione meontica dell'origine

Cervo, Giulia Roberta January 2017 (has links)
La tesi ricostruisce l’evoluzione del pensiero di Eugen Fink, dalla meditazione fenomenologica degli anni Trenta alla filosofia cosmologica del dopoguerra, inaugurata nel 1946 dallo scritto Nietzsches Metaphysik des Spiels, mostrando come sia improprio parlare di una “svolta” cosmologica nel pensiero finkiano e scorgendo anzi nella Weltfrage, oltre che nel concetto della “meontica”, il filo conduttore che consente di cogliere la continuità della riflessione del filosofo: la questione cosmologica non entra in scena con il dopoguerra, ma è anzi ciò che motiva l’interesse di Fink per la fenomenologia di Husserl, costituendo il banco di prova di fronte al quale si deve provare la validità del metodo fenomenologico. Ulteriore scopo del lavoro è far emergere l’originalità della filosofia finkiana sia rispetto a Husserl, sia e soprattutto rispetto a Heidegger, sulla base dei manoscritti inediti conservati presso l’Universitätsarchiv della Albert-Ludwigs-Universität di Freiburg im Breisgau – di cui si propongono, tradotti, alcuni passi – nonché attraverso confronti più circoscritti con una serie di altri autori (tra i quali Marx, Adorno, Gehlen e, soprattutto, Patočka). Dopo un’introduzione volta a ricostruire lo stato attuale delle ricerche e le principali interpretazioni dell’opera finkiana, il primo capitolo illustra gli elementi di novità che la Sesta meditazione cartesiana introduce rispetto all’impostazione husserliana, individuando in tale scritto la prima effettiva presa di distanza di Fink dal maestro e scorgendo l’originalità del contributo finkiano soprattutto nel ruolo assegnato allo spettatore trascendentale, concepito come mero “esponente funzionale” della riflessione fenomenologica, operante uno sfondamento del piano ontologico della coscienza trascendentale. Dopo avere mostrato il debito di Fink nei confronti di Hegel per la concezione dialettica dell’Assoluto fenomenologico, si illustrano le differenze tra Fink e Husserl nel modo di intendere la “mondanizzazione secondaria”, nonché le ripercussioni della teoria della riduzione come de-umanizzazione (Entmenschung) sui compiti pedagogici della fenomenologia e in relazione alla possibilità di un’etica fenomenologica. Trait d’union tra primo e secondo capitolo è la critica del concetto husserliano di mondo. Il secondo capitolo muove da un confronto tra l’interpretazione heideggeriana di Hegel e quella finkiana, incentrata sul concetto cosmologico della “Vita”, per poi svolgere un confronto tra differenza ontologica e differenza cosmologica, principalmente alla luce del Colloquio sulla Dialettica e dell’Heraklit-Seminar, mostrando come la cosmologia finkiana, lungi dall’essere una mera integrazione dell’ontologia di Heidegger, implichi una diversa concezione dell’essere, realizzando una vera e propria “rivoluzione della comprensione ontologica”, che sfocia in una differente esplicazione della libertà, vista non più come corrispondenza alla chiamata dell’Essere all’interno dell’Ereignis, ma come l’auto-produzione (Selbstherstellung) dell’uomo. Il terzo capitolo mostra infine come la filosofia finkiana del dopoguerra sia di fatto l’articolazione cosmologica di quella “Lehre von der Freiheit” che costituiva il nucleo profondo della stessa fenomenologia husserliana: l’esame del gioco quale essenza positiva della libertà, il confronto con Patočka, e, non da ultimo, una lettura fenomenologica della nietzscheana “trasvalutazione dei valori”, sono i momenti teoretici che consentono di delineare i tratti di una originale e inedita “fenomenologia della libertà”, nella quale si esprime il medesimo ideale finkiano – inaugurato dalla radicalizzazione della riduzione fenomenologica come “riduzione tematica dell’idea di essere” nella Sesta meditazione cartesiana – della filosofia quale liberazione dall’ “irretimento mondano” (“Weltbefangenheit”).
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Figure di un ossimoro. Interpretazioni della filosofia italiana dall'Unità ai nostri giorni

Catalano, Sophia January 2019 (has links)
Nella tesi di dottorato dal titolo ‘Figure di un ossimoro. Interpretazioni della filosofia italiana dall’Unità ai nostri giorni’ ci si propone di confrontare e analizzare tre differenti risposte alla stessa domanda: esiste una filosofia italiana? e se esiste, quali sono i caratteri che consentono di distinguerla dalle altre tradizioni nazionali? Il problema che qui si pone è quello del carattere di per sé stesso ossimorico dell’espressione ‘filosofia nazionale’, in cui l’unione dei due termini appare contraddittorio alla luce della connessione istituita tra un soggetto – la filosofia – che ha o aspira ad avere carattere o validità universale e un aggettivo – nazionale – che sembra costringerlo indebitamente all’interno di una dimensione particolare. Per questo motivo ci si concentra su tre momenti nei quali la discussione intorno a questo argomento è stata più accesa all’interno del dibattito filosofico nel nostro Paese. Il primo capitolo della tesi è dedicato a Bertrando Spaventa, colui che Giovanni Gentile considera il primo ad aver scritto una «Storia della filosofia italiana». Principale esponente (insieme a Francesco De Sanctis) dell’hegelismo napoletano, Spaventa è autore negli anni immediatamente a cavallo dell’Unità d’Italia del volume ‘La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea’. Attraverso questo lavoro, lo schema storiografico delle ‘Lezioni’ hegeliane sulla storia della filosofia veniva ampliato, includendo al suo interno alcuni filosofi italiani contemporanei (principalmente Galluppi, Rosmini e Gioberti). Seguendo dettagliatamente il percorso che ha condotto Spaventa alla composizione dell’opera, questa tesi mira a smentire le accuse di ‘nazionalismo’ che sono state mosse al suo autore nel corso degli ultimi due secoli, fino ad oggi. Smarcando la Teoria della Circolazione del pensiero italiano sia dalle interpretazioni gentiliane che da quelle marxiste, si cerca infatti di mostrare come essa in realtà, oltre a costituire dichiaratamente e consapevolmente una risposta alle posizioni giobertiane (e, più in generale, neo-guelfe), rappresenti il primo vero tentativo di superare la retorica risorgimentale sul tema ‘filosofia italiana’. La principale preoccupazione di Spaventa si dimostra quella di smentire la posizione secondo cui la filosofia italiana, per mantenersi autentica, avrebbe dovuto al tempo stesso dimostrarsi autarchica rispetto alle elaborazioni filosofiche straniere colpevoli di comprometterne il messaggio. In questo modo si mostra la circostanzialità di un’opera come ‘La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea’, mettendo al tempo stesso in evidenza come essa sia il frutto di una specifica interpretazione della filosofia hegeliana circa il rapporto tra storia e filosofia, che determina una presa di posizione a proposito del ruolo ‘rivoluzionario’ della filosofia nel processo di costituzione dell’‘epoca’. Il secondo capitolo è dedicato a Eugenio Garin, autore a sua volta di una famosa e fortunata ‘Storia della filosofia italiana’. Attraverso il confronto tra la prima edizione del ’47 e la seconda edizione del ’66, si mostra il progressivo abbandono da parte di Garin dei presupposti teorici che giustificavano la composizione di una Storia della filosofia italiana intesa à là longue durée. In particolare, si collega questo riposizionamento storiografico di Garin alla riflessione metodologica condotta nel corso degli anni ’50. Attraverso il recupero di materiale inedito, vengono ricostruite le vicende del dibattito sul rapporto tra filosofia e storia della filosofia nell’Italia degli anni ’50, contribuendo a chiarire la posizione di Garin al suo interno e la scelta da parte dello storico di frammentare la narrazione storiografica in una costellazione di momenti determinati. Nel terzo capitolo viene preso in considerazione il dibattito contemporaneo sull’Italian Theory. Attraverso una panoramica sulle posizioni più diffuse, si mettono in evidenza i vari significati che l’espressione ha assunto fuori dall’Italia (dov’è stata coniata) e nel nostro Paese. In particolare la ricerca si concentra sulla declinazione del tema offerta da Roberto Esposito, il quale, attraverso l’uso della geofilosofia di Deleuze e Guattari, si è recentemente impegnato nella ricostruzione della genealogia dell’Italian Thought. Il rapporto dialettico tra le categorie geofilosofiche di ‘terra’ e ‘territorio’ è utilizzato da Esposito per giustificare una narrazione della storia della filosofia italiana che superi le difficoltà implicite nell’utilizzo di un’aggettivazione di tipo nazionale. Attraverso un confronto con le posizioni di Spaventa e Garin, si cerca qui di mettere in evidenza come l’utilizzo dell’aggettivo ‘Italian’ crei alcuni fraintendimenti dal punto di vista storiografico. Questi tre autori, con modalità e argomentazioni diverse (che la tesi ricostruisce nel dettaglio), hanno risposto tutti affermativamente rispetto alla possibilità di distinguere una ‘filosofia italiana’ e tutti e tre hanno riconosciuto nel Rinascimento il momento genetico della ‘differenza italiana’. Per questo motivo, il quarto capitolo della tesi è dedicato alla ricostruzione delle immagini del Rinascimento che vengono presentate nei loro lavori e che si collegano alla particolare declinazione del tema ‘filosofia italiana’ offerta da ciascuno di loro, costituendo, in fondo, una sorta di ‘banco di prova’ delle loro posizioni. Bertrando Spaventa, in controtendenza rispetto alla storiografia italiana dell’epoca, propone un’immagine positiva del Rinascimento italiano, quale momento fondante della filosofia moderna. Attraverso il recupero del Rinascimento e il suo collegamento con la filosofia europea da Descartes a Hegel, Spaventa sfida apertamente la storiografia europea (da Brucker a Hegel a Tennemann), secondo la quale la mancata Riforma avrebbe impedito all’Italia l’ingresso nella modernità filosofica. Eugenio Garin (di cui si prendono in considerazione solamente i lavori degli anni ’50, composti cioè a ridosso della ‘Storia della filosofia italiana’), in accordo con quanto teorizzerà in ‘La filosofia come sapere storico’, àncora la sua ricostruzione della filosofia italiana dell’Umanesimo e del Rinascimento alla peculiare situazione storico-politica della Penisola e ne rintraccia la caratteristica principale in una certa propensione ad abbandonare ‘le grandi cattedrali di idee’ a favore di una ‘filosofia terrena’ che assume i tratti di una vera e propria ‘filosofia civile’. Spaventa, quindi, aveva cercato di mostrare le possibili connessioni che intercorrevano tra il nostro Rinascimento e la modernità europea conquistata attraverso la Riforma. Anche gli studi di Garin, una volta abbandonate le grandi narrazioni, tendevano progressivamente a concentrarsi sulla ricostruzione delle relazioni dei cenacoli culturali della penisola con il pensiero europeo. Se entrambi questi autori, quindi, avevano contribuito – in maniera ben diversa – ad accantonare quel ‘complesso di inferiorità’ che da tempo accompagnava (e spesso ancora accompagna) la filosofia italiana, reinserendola all’interno di un percorso condiviso, nella tesi si mette in evidenza che, al contrario, l’Italian Thought, ne rintraccia la peculiarità nel suo essersi mantenuta ‘autonoma’ sin dal principio. In particolare, Roberto Esposito fa dell’esclusione della filosofia italiana dai percorsi seguiti dalla filosofia moderna il suo tratto distintivo, nonché il principale fattore che ne determinerebbe la capacità di sopravvivere al crollo dei paradigmi della modernità filosofica. In questo modo, il rapporto rispetto a quel ‘complesso di inferiorità’ viene rovesciato e si trasforma, se non in una pretesa di superiorità, almeno in una possibilità di vantaggio per la filosofia italiana. Un vantaggio che, tuttavia, deriva paradossalmente dal suo essere una filosofia costitutivamente amoderna in una ‘condizione postmoderna’.
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La teoresi in Nicolás Gómez Dávila. Prolegomeni allo studio di un classico

Zuppa, Gabriele January 2014 (has links)
Uno studio teoretico che, sviluppandosi attraverso la lettura puntuale dell'opera gomezdaviliana, consente di mostrare l'appropriata collocazione dell'autore nel firmamento della più alta filosofia di tutti i tempi.
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Esperienza e rivolta: implicazioni storico-filosofiche dell'esperienza dell'assurdo e della Resistenza in Albert Camus (1939-1947)

Trabaccone, Andrea January 2013 (has links)
La presente ricerca si concentra sull’idea di ‘rivolta’ attraverso un’indagine specifica sulle opere concepite e pubblicate da Albert Camus tra il 1939 e il 1947 (Noces, Le Mythe de Sisyphe, Lettres à un ami allemand, Remarque sur la révolte, La Peste, gli articoli di «Combat»). La datazione indicata nel titolo si riferisce, infatti, a una precisa delimitazione della ricerca storico-filosofica a un arco di tempo determinato, la cerniera temporale costituita da due date fondamentali: il 1939, che segna l’inizio del secondo conflitto mondiale, e il 1947, l’anno dell’uscita di Camus dalla redazione di «Combat» e della pubblicazione de La Peste, romanzo che rielabora in forma allegorica l’Occupazione e la Resistenza. La svolta di senso data da Camus all’idea di ‘rivolta’ nella Remarque sur la révolte, negli anni che vanno dal 1943 al 1945, è il frutto, in primo luogo, di un confronto serrato con il nichilismo descritto e ‘appoggiato’ ne Le Mythe de Sisyphe; in secondo luogo, dello sforzo di comprensione delle congiunture storico-culturali del proprio tempo, delle implicazioni morali dell’evento della Seconda Guerra Mondiale, delle idee che circolavano nella stampa clandestina e resistente, del pensiero della Resistenza in generale. L’evoluzione della nozione di rivolta è tracciata attraverso un costante confronto con il contesto politico-culturale del tempo: prima nell’esperienza individuale dell’assurdo; poi nel vissuto collettivo della Resistenza francese all’Occupazione.
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Die Vernünftigkeit der Gefühle. Hegel e il contemporaneo dibattito sulle emozioni

Maurer, Caterina January 2018 (has links)
Scopo del presente lavoro è dimostrare che Hegel, benché sia assente dal contemporaneo dibattito filosofico, psicologico e neuroscientifico sulle emozioni, non si è disinteressato alle componenti della Gefühlssphäre e al loro valore conoscitivo. Terreno privilegiato ma non esclusivo d’indagine sono le sezioni antropologica e psicologica dell’Enzyklopädie (1830), nelle quali Hegel indaga tematiche che sono al centro degli interessi della contemporanea filosofia della mente e della psicologia filosofica, quali l’essere incarnata dell’anima, l’espressione delle emozioni e il loro fondamento fisiologico, l’abitudine, la volontà e, appunto, Empfindungen, Gefühle, Triebe, Neigungen e Leidenschaften. La delineazione delle caratteristiche fondamentali delle componenti della Gefühlssphäre ha consentito di comprendere “cosa” siano Empfindungen, Gefühle, Neigungen e Leidenschaften, come insorgano nell’uomo, “quale funzione” Hegel accordi loro e “perché”. La risposta a tali domande, unitamente a una ricostruzione dei diversi livelli entro cui entrano in gioco, nella Philosophie des subjektiven Geistes, le suddette componenti, ha infine permesso di delineare la “Theorie des Gefühls” hegeliana. Ciò che questa articolata “teoria” suggerisce è il ruolo fondamentale ricoperto dalla Gefühlssphäre nel processo di sviluppo che conduce l’anima naturale a riconoscersi come uno spirito che si pone degli scopi e che cerca di tradurli nel mondo esterno attraverso azioni. È però il rapporto di continuità individuato da Hegel tra Gefühl e cognizione ad approssimare la sua teoria ai più recenti studi sulle emozioni. Il lavoro si propone di mostrare come i Gefühle, intesi quali fenomeni psichici complessi, implichino secondo Hegel sia le valutazioni cognitive che il soggetto fa, di situazioni e cose in rapporto al proprio benessere e alla propria soddisfazione, sia un’attivazione fisiologica dell’organismo a cui segue l’espressione delle risposte emotive e la preparazione all’azione. I Gefühle sono quindi concepiti da Hegel quali momenti costitutivi dello sviluppo di attività razionali e sono strumenti necessari al soggetto per orientarsi nel mondo. Poiché Hegel riconosce l’importanza della Gefühlssphäre del soggetto (sempre concepito come soggetto incarnato) e dà rilievo al valore conoscitivo dei Gefühle, questo lavoro si propone infine di mostrare come egli possa rappresentare un importante interlocutore per le contemporanee trattazioni sulle emozioni, che insistono sulla connessione che sussiste tra emozione, ragione e tendenza all’azione.
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La Prima" e la "Seconda Oratione" di Angelo Beolco il Ruzante: edizione critica e commento"

Deotti, Sara January 2015 (has links)
Il presente lavoro propone una nuova edizione critica commentata delle due orazioni ruzantiane. A un'analisi introduttiva delle due operette, che ne circostanzia temi e occasione di recita, segue il testo criticamente rivisto delle orazioni, accompagnato da una traduzione di servizio e da un commento continuo e puntuale al testo, che mira a enuclearne il significato e i rimandi intertestuali; nella successiva "Nota al testo" si descrive il testimoniale completo, manoscritto e a stampa, delle due tradizioni, per poi procedere alla ricostruzione dei rapporti fra i testimoni e alla scelta del testo-base dell'edizione, di cui vengono individuate e corrette le mende; si stila in seguito un apparato delle varianti di tipo negativo. Concludono il lavoro l'illustrazione dei criteri di edizione e una nota bibliografica.
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Gli "Sprüche" su Roma e sul Papa di Freidank: introduzione, commento ed edizione di tutti i testimoni"

Bertagnolli, Davide January 2012 (has links)
Gli "Sprüche" su Roma e sul Papa sono una sezione particolare della "Bescheidenheit", l'opera didascalica costituita da sequenze di distici rimati di contenuto prevalentemente religioso e morale che nel Medioevo ebbe grande e duraturo successo. In essi, a differenza che nel resto dell'opera, in cui si raccolgono insegnamenti di validità generale spesso racchiusi in un distico, Freidank entra nello specifico della situazione romana a lui contemporanea, apparendo nel testo come istanza enunciante e presentando "Sprüche" più narrativi. In questa tesi gli "Sprüche" su Roma e sul Papa vengono considerati come una sezione dotata autonomamente di senso all'interno della "Bescheidenheit". In un primo momento vengono raccolte le informazioni riguardanti l’autore e le caratteristiche dell’opera nel suo complesso; in seguito vengono descritti tutti i testimoni che contengono gli "Sprüche" su Roma e sul Papa e vengono presentate delle tabelle che, grazie al raffronto dell’ordine degli "Sprüche", aiutano a comprendere i rapporti tra i vari testimoni. Seguono quella che è stata definita l’edizione “eclettica” di questo gruppo di "Sprüche", con l’apparato critico e le note di commento, e l’edizione diplomatica di ogni testimone.

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