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Forma e funzione dell'espressione "Hai Capito" nel dialetto di pozzuoliEricsdotter, Christine January 2007 (has links)
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Spontaneity in American English: face - to - face and movie conversation comparedFORCHINI, PIER FRANCA 18 February 2009 (has links)
La tesi fornisce uno studio empirico relativo agli elementi linguistici caratterizzanti il parlato faccia-a-faccia e il parlato filmico americano, due domini conversazionali solitamente detti differire in termini di spontaneità, essendo il primo generalmente descritto come la quintessenza del linguaggio parlato (in quanto totalmente spontaneo) e il secondo come non-spontaneo (essendo scritto-per-essere-parlato) e, quindi, non adatto a rappresentare l'uso generale della conversazione. Entrambe le analisi (i.e. quella multi-dimensionale, che offre una panoramica generale dei due domini presi in considerazione, e quella più specifica relativa al comportamento linguistico dell’espressione you know) basate su esempi autentici tratti da corpora dimostrano che, nonostante quanto venga generalmente descritto dalla letteratura a riguardo, conversazione faccia-a-faccia e conversazione filmica hanno molti tratti in comune e confutano l’idea che il linguaggio filmico non possa essere rappresentativo dell'uso generale della conversazione. / The present dissertation examines empirically the linguistic features characterizing American face-to-face and movie conversation, two domains which are usually claimed to differ especially in terms of spontaneity. Natural conversation is, indeed, considered the quintessence of the spoken language for it is totally spontaneous, whereas movie conversation is usually described as non-spontaneous, being artificially written-to-be spoken and, thus, not likely to represent the general usage of conversation. In spite of what is generally maintained by the literature, both the Multi-Dimensional analysis and the micro-analysis of the functions of you know based on authentic data retrieved from corpora show that the two conversational domains do not differ to a great extent and thus confutes the claim that movie language has “a very limited value” in that it does not reflect natural conversation and, consequently, is “not likely to be representative of the general usage of conversation”.
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Effetti pragmatici dell’omofonia. Un’indagine di campo sugli “auguri silenziosi” (无声的祝福)nel Cinese Moderno Standard, varietà di Langfang / EFFETTI PRAGMATICI DELL'OMOFONIA. UN'INDAGINE DI CAMPO SUGLI"AUGURI SILENZIOSI" NEL CINESE MODERNO STANDARD / Pragmatic effects of homophony. A field research on “silent wishes” (无声的祝福) in Modern Standard Chinese, Langfang varietyFAZZARI, NAZARENA 15 April 2019 (has links)
Il lavoro persegue l’obiettivo di raccogliere e analizzare le formule augurali che in Cina vengono veicolate tramite l’omofonia, un fenomeno che all’interno del Cinese Mandarino Standard ha un’incidenza di gran lunga superiore ad altre lingue. I dati sono stati raccolti nel corso di un’indagine di campo a Langfang (Hebei), tra settembre e dicembre 2017, tramite 30 interviste semi-strutturate su un campione tipologico a scelta ragionata, che ha portato alla creazione di un corpus scritto di 217.000 caratteri cinesi, e tramite osservazione.
La ricerca ha evidenziato come nella cultura cinese permanga una radicata percezione del valore magico della parola, in grado con la sua sola formulazione di influenzare il corso degli eventi. L’omofonia si fa quindi portavoce di espressioni beneauguranti, con un duplice obiettivo pragmatico: da un lato, fornire rassicurazione psicologica al singolo, dall’altro creare appartenenza sociale, per cui il rispetto dell’omofonia si configura come una forma di adesione al sistema di valori in cui la società si riconosce.
Il fenomeno si presenta estremamente dinamico: si evidenziano spinte innovative da parte dei giovani e invenzioni personali, un crescente orientamento verso messaggi augurali positivi, con una re-interpretazione dei tabu, e infine con la tendenza a una formulazione proverbiale. / This study aims at collecting the wishes hidden in Chinese homophonies. The data have been collected during a field search carried out in Langfang (Hebei), between September and December 2017, both through 30 semi-structured interviews to a judgmental sample, resulting in a written corpus of 217,000 Chinese characters, and through field observation.
The study points out that a belief in the magical power of words still persists nowadays in Chinese culture. In such a cultural context, homophony conveys good wishes, with a twofold pragmatic aim: on one hand, it provides the individuals with psychological reassurance; on the other hand, it creates social we-ness and the respect of homophony is seen as adhering to the social value system the society identifies itself with.
The homophonic phenomenon appears to be extremely dynamic: innovations are provided by the young, personal creativity is allowed, taboos are re-interpreted so that they take on a positive meaning and wishes tend to be formulated as proverbs.
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Sprachliche Rekontextualisierung in globalen und lokalen Popkulturen. Hip Hop Linguistics und „Resistance Vernacular” im italienischsprachigen Rap. Ricontestualizzazione linguistica di “Popular Culture”. Hip Hop Linguistics e “Resistance Vernacular”. Il caso del rap italiano tra globalizzazione e localizzazione.Schreiber, Paula Rebecca 25 November 2019 (has links)
Hiphop è il nome di un movimento giovanile che nasce negli anni settanta nei quartieri del Bronx, del Queens e di Harlem a New York City. Negli anni ottanta la musica e la cultura hiphop si diffondono in Italia e si sviluppano in tre diverse generazioni: la prima negli anni 1987-1999, la seconda negli anni 2000-2007, la terza negli anni 2008-2017. Queste generazioni condividono caratteristiche identitarie e valori come il rispetto, la pace, l'uguaglianza. Il lavoro presenta un’analisi linguistica dei testi italiani delle canzoni rap prodotte nel terzo periodo. A tale scopo la tesi è organizzata in sei capitoli. Il primo (La cultura hiphop) inquadra la nascita della cultura hiphop, le sue invenzioni artistiche, la sua globalizzazione e la sua ricezione in Italia. Sono presentati in particolare i/le pionieri/e della scena hiphop italiana e le tendenze che emergono nelle diverse scene locali. Il secondo capitolo (Ricerche sull’hiphop) presenta un quadro generale relativo alle ricerche sull’hiphop compiute negli ultimi trent’anni nell'ambito di più discipline tra cui la filosofia, la pedagogia, la storia dell’arte, l’economia e la sociologia. Uno spazio particolare è dedicato agli studi linguistici sul rap italiano, distinti in tre filoni caratterizzati da una diversa prospettiva di analisi: il rap come varietà linguistica e il rap come discorso. Gli studi sul rap come varietà si concentrano sulle influenze linguistiche di varietà globali, locali, scritte, orali e diafasiche, quelli focalizzati sul rap come codice analizzano invece le scelte linguistiche dei testi come espressioni di identità. Infine gli studi sul rap come genere mettono a confronto tipologie testuali e tipologie discorsive. Il terzo capitolo (Progettazione del corpus) illustra il metodo impiegato per la raccolta e la selezione dei testi, che si basa sui network e sulle piattaforme digitali con riconoscimento nella cultura hiphop italiana. Il riferimento presente negli articoli, nei commenti, nelle interviste e nelle recensioni di network e piattaforme digitali a “artisti riconosciuti nella scena”, “recensioni positive di album o canzoni singole”, “stile stimolante” e “influenza sulla scena rap italiana” ha portato a una selezione di 1000 canzoni rap, datate tra il 2008 e il 2017. Il quarto capitolo (Caratteristiche lessicali e stilistiche) presenta l'analisi di caratteristiche lessicali, di strutture ritmiche e metriche, di figure retoriche e di aspetti testuali che hanno particolare rilievo nel corpus. Dopo una prima riflessione sulla “Frequenza lessicale” nel primo paragrafo viene analizzata la ricorrenza di determinate parole e singoli fenomeni lessicali. Il secondo paragrafo “Struttura ritmica e metrica” affronta poi il tema del cosiddetto flow, che consiste nell'elaborazione delle rime verso schemi complessi e nella loro accentuazione/non-accentuazione a tempo (on-beat vs. off-beat) come mezzo stilistico. Nel paragrafo “Aspetti retorici” viene evidenziato, tramite diversi esempi, l'uso di alcune tendenze stilistiche (addizione, omissione, trasposizione, sostituzione) e forme retoriche tramandante oralmente come il Signifyin(g), caratteristica cruciale dell’African American Vernacular English. Nel paragrafo “Tipologia dei testi” si illustrano alcune modalità discorsive dei testi rap (self-referential speech, listener-directed speech, boasting, dissing, localizing e representing), presenti nelle canzoni del corpus. Nel quinto capitolo viene affrontata la relazione tra aspetti linguistici globali e locali (Un linguaggio “glocale”? – «Quello che siamo è solo spazio, parole»), in cui è adottata la prospettiva del rap e delle varietà linguistiche nei paragrafi “HipHop Speech Community”, “Artistic Code-Mixing – Repertorio di una comunità linguistica hip hop italiano?” e “Oralità e scrittura”. Il mistilinguismo e il code-switching tra dialetti, altri sistemi linguistici e diverse varietà dell’italiano sono degli strumenti fondamentali e distintivi per la struttura dei testi rap italiani e possiedono sia caratteristiche espressive, sia identitarie. Partendo dalla composizione scritta dei testi vengono aggiunti appositamente tipici elementi dell’oralità per dare un’impostazione spontanea, discorsiva e dialogica alla canzone. Questa relazione tra scrittura e oralità si può trovare anche nella tradizione della canzone popolare italiana. Nel sesto e ultimo capitolo del lavoro (Resistance Vernacular – «Ma io penso diverso, ostinato e contrario») vengono esaminati i ricorrenti elementi linguistici che nei testi svolgono una funzione di critica e autocritica, provocazione, espressione identitaria e che permettono di riconoscere i testi delle canzoni rap come parte del genere comunicativo della resistance vernacular. Inoltre vengono analizzati tratti discorsivi e dialogici dei testi studiati e il coinvolgimento del destinatario, variabile a seconda dell’uso e della frequenza di questi tratti. Il primo paragrafo, “Formazione del contesto”, prende in esame sia forme deittiche sia riferimenti intra-testuali e extra-testuali, i quali sono elementi chiave per la comprensione del contesto da parte del destinatario. Nel paragrafo “Dialogicità” sono analizzati gli elementi che marcano un carattere interazionale, come allocuzioni ai destinatari e segnali discorsivi con funzioni interazionali. Nell'ultimo paragrafo, infine, viene descritta il Resistance Vernacular come genere comunicativo del rap italiano. Vengono analizzate quindi le strategie verbali usate per contrastare e contraddire, attraverso la presa di distanza da riflessioni ironiche, esempi provocatori di confronto verbale, suggerimenti di circostanza e per mezzo anche dell’ esplicitazione di possibili identificazioni. Il lavoro fornisce dunque un ampio panorama della produzione di testi rap in Italia nell'ultimo decennio che si inseriscono nell'ambito di due note tradizioni narrative, una locale (la canzone popolare italiana) e l'altra non locale (l'Afro American Vernacular English). L’analisi condotta su un corpus testuale selezionato ed esaminato secondo criteri quantitativi e qualitativi si concentra su aspetti semantici, pragmatici, testuali e infine sull'impiego di diverse varietà linguistiche, che diventano veicolo fondamentale per l'espressione identitaria sia di autori sia di destinatari. Vengono analizzati perciò i principali tratti distintivi che caratterizzano il neo-plurilinguismo, che è forma performativa e comunicativa di un Resistance Vernacular.
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EMI (ENGLISH-MEDIUM INSTRUCTIONS) NEL CONTESTO UNIVERSITARIO ITALIANO / EMI, ENGLISH AS A MEDIUM OF INSTRUCTION, IN THE ITALIAN HIGHER EDUCATION SYSTEMBROGGINI, SUSANNA 05 May 2017 (has links)
Questa tesi riflette l’attuale interesse per il dibattito educativo sul ruolo e sull’uso dell’inglese come lingua veicolare in ambiente accademico.
I programmi che utilizzano l’inglese come Medium of Instruction (EMI) sono al centro dell’attenzione di questo studio, che si compone di una parte quantitativa e una parte qualitativa. Attraverso un’analisi aggiornata dei dati raccolti da Costa e Coleman nel 2012, la prima parte descrive i risultati di un questionario spedito a tutte le università italiane; la parte qualitativa descrive l’utilizzo dei marcatori metadiscorsivi impiegati da quattro docenti dell’Università Cattolica di Milano. A tale scopo, è stata adottata una versione semplificata del modello di Ädel (2003), proposto da Nobles (2010), e applicato in questa sede al discorso accademico orale.
L’aumento del numero di corsi di EMI in Italia registrato da Costa e Coleman nel 2012 è rimasto stabile. Il confronto tra l’uso di marcatori metadiscorsivi personali e impersonali mostra un maggior utilizzo dei primi, in particolare del pronome personale “we”. Infine, lo studio vuole fornire dati e riflessioni a docenti, istituzioni universitarie e legislatori, utili anche alla progettazione di corsi di formazione per insegnanti. / This thesis reflects the shared current interest in the ongoing educational debate on the role and use of English as a medium of instruction in academic settings.
English as a Medium of Instruction (EMI) programs are the main focus of this study which includes a quantitative and a qualitative part. Through an up-to-date analysis of the data on EMI courses in Italy collected by Costa and Coleman in 2012, the first part shows the results of a questionnaire that was sent to all Italian universities; the qualitative part describes the use of metadiscourse markers by four Italian lecturers at the Università Cattolica of Milan. The simplified and restricted classification model of metadiscourse markers proposed by Nobles (2010), adapted from Ädel (2003), was here applied to the academic spoken discourse.
The increase in the number of EMI courses in Italy registered by Costa and Coleman in 2012 has remained stable. The comparison of the use of personal and impersonal metadiscourse shows that personal metadiscourse tokens surpass the impersonal counterpart, with the pronoun “we” as the most frequent self-mention marker in the corpus. Finally, the present study can be of great interest both for lecturers and university policymakers or teacher-training designers.
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