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Tourismus und kulturelle Identität : die Bedeutung des Tourismus für die Kultur touristischer Ziel- und Quellgebiete /

Thiem, Marion. January 1994 (has links)
Zugl.: Bern, Universiẗat, Diss. : 1992.
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Presenze germaniche nell'Italia tardoantica. Identità culturale barbarica, militaria e rinvenimenti monetali per la ricostruzione e l'ampliamento del dato archeologico

Ballestrin, Francesca 12 October 2023 (has links)
La ricostruzione del quadro delle presenze germaniche nell’Italia tardoantica pre-ostrogota su base archeologica si fonda sulla raccolta delle testimonianze relative agli spostamenti dei gruppi umani che costituirono le premesse delle grandi migrazioni di epoca altomedievale, in un periodo che, dal punto di vista disciplinare, si colloca in una zona di confine tra due settori distinti: l’archeologia classica e l’archeologia medievale. Se da un lato sono ancora individuabili gli interventi da parte dell’autorità centrale nell’urbanistica, nell’organizzazione della difesa, sebbene non sempre con continuità, e nell’economia, analogamente a quanto era avvenuto nei secoli precedenti, dall’altro lato evidenti furono le trasformazioni che interessarono soprattutto la composizione degli eserciti e dell’amministrazione. Tali cambiamenti coinvolsero anche le modalità di relazione con il Barbaricum, con l’introduzione di un numero sempre più elevato di individui di origini non locali all’interno dei confini dell’impero, sia a fini militari sia per motivazioni legate più strettamente alla gestione del territorio e della produzione agricola. Inoltre, a partire dall’ultimo quarto del IV secolo, le trasformazioni sociali e politiche, che interessarono le popolazioni barbariche stanziate a ridosso del limes danubiano, ebbero ripercussioni dirette sulla pars Occidentis, con la concessione di territori sul suolo romano. Prima di allora, con un’intensificazione a partire dalla seconda metà del III secolo, l’Italia settentrionale era stata colpita da una serie di incursioni da parte di gruppi composti per lo più da Alamanni, ma si era trattato di raid di breve durata e contrastati a volte con non poche difficoltà dall’autorità centrale. Dal punto di vista archeologico, tali azioni non lasciarono tracce materiali dirette, che permettano di identificare i barbari presenti nel territorio romano, ma forse un’eco dell’insicurezza generata dalla minaccia di un loro ritorno, come effettivamente si verificò in più occasioni, e delle contromisure adottate dall’esercito regolare è stata riconosciuta nella realizzazione di nuove opere fortificate o nel rinnovo delle esistenti, nella distribuzione di oggetti che testimoniano della presenza dei soldati e nell’interramento di numerosi ripostigli e di casse militari. A partire dall’età costantiniana l’immissione nell’esercito di individui di origini non romane iniziò ad assumere proporzioni importanti, mentre gli attacchi dall’esterno riguardarono soprattutto le aree di confine. Sia nella seconda metà del III sia nel corso del IV secolo i contrasti più combattuti e pericolosi per l’Occidente ebbero per protagonisti non tanto le popolazioni barbariche, almeno con riguardo alle vicende che interessarono la Penisola, quanto, piuttosto, i legittimi imperatori e gli usurpatori che tentavano di conquistare il potere con il favore di una parte delle truppe. Fu agli inizi del V secolo che ripresero le incursioni in Italia da parte di individui provenienti dal Barbaricum, non sempre fermate con successo dalle forze imperiali e provenienti sia da nord, via terra, che da sud, via mare. A differenza del contesto europeo, non si può parlare di migrazioni di popoli in Italia prima dell’istituzione del regno ostrogoto, ma, forse, le premesse che portarono a tale esito politico risiedono, da un lato, in una presenza sempre più consistente di individui di origini barbariche nell’esercito e, più in generale, nella società tardoantica residente in Italia e, dall’altro lato, in un’esperienza o consuetudine di percorsi e modalità di ingressione, ma anche di dinamiche relazionali con l’autorità centrale e i possessores locali, che facilitarono i nuovi arrivi. L’approfondimento dei temi della composizione dell’esercito tardoantico, anche attraverso i testi e le iconografie restituite dai contemporanei, e della difesa dell’Italia dalle minacce esterne ed interne, in considerazione della forte presenza dell’elemento barbarico tra le fila dei soldati o al loro fianco, ha dimostrato che gli individui di origine barbarica all’interno dell’esercito tardoantico erano molto numerosi, se non, in certi periodi o circostanze, preponderanti, e potevano conservare con un carattere più o meno spiccato le connotazioni culturali che li distinguevano dalla componente di identità culturale romana. Alla luce delle considerazioni sulla consistenza della componente barbarica all’interno delle risorse militari romane, è stato raccolto il materiale archeologico, rinvenuto in Italia, che, in letteratura, identifica i soldati in servizio presso l’esercito romano. Tali oggetti, definiti militaria, comprendono, infatti, gli elementi propri dell’abbigliamento e dell’equipaggiamento dei militari: fibule, fibbie, guarnizioni da cintura, armi da difesa e da offesa, oggetti legati all’ambito equestre. Alcune tipologie di militaria, inoltre, rappresentano possibili indicatori della presenza di individui di origini non romane. È, poi, stato esaminato il materiale archeologico riferibile ad un’identità culturale barbarica, di ambito sia militare che civile. Nella maggior parte dei casi si è trattato di rinvenimenti sporadici o isolati; pochi, ma molto preziosi, si sono rivelati i sepolcreti o le sezioni di necropoli indagati in anni recenti e con metodo stratigrafico, in alcuni casi anche con l’ausilio delle analisi bioarcheologiche. Anche gli oggetti non direttamente legati all’ambito militare hanno mostrato con esso stretti legami, come hanno dimostrato proprio i sepolcreti, dove è stato possibile appurare che i soldati di origini barbariche si spostavano con le famiglie al seguito e che nei corredi e tra gli elementi di ornamento ed abbigliamento, deposti nelle sepolture, erano presenti simultaneamente oggetti afferenti tradizioni culturali diverse, compresa quella romana. Ogni tipologia di materiale, ove la disponibilità di dati lo rendesse possibile, è stata accompagnata da un’introduzione, che ne ha illustrato le funzioni, le origini e lo stato della ricerca. In alcuni casi le attribuzioni funzionali, culturali, cronologiche e interpretative degli oggetti sono state sottoposte a revisione, nel caso in cui fossero state riscontrate incongruenze o inesattezze. A partire dal materiale edito nella letteratura specialistica, i ritrovamenti sono stati mappati in tre distinte carte di distribuzione, corredate ognuna da un commento, dall’elenco dei rinvenimenti e dalla lista delle località. Il materiale archeologico è stato classificato in tre macro-fasi, parzialmente sovrapposte e corrispondenti alle tre carte di distribuzione: la prima fase ha compreso i reperti datati tra la seconda metà-fine del III secolo e gli inizi del successivo; la seconda ha raccolto il materiale di pieno IV secolo; nella terza, infine, sono confluiti i reperti di cronologia estesa tra l’ultimo terzo del IV e il V secolo. Un aspetto innovativo dello studio è consistito nel prendere in considerazione congiuntamente, per la prima volta nel medesimo percorso di ricerca, i rinvenimenti archeologici e i ritrovamenti monetali, al fine di ricostruire il quadro delle presenze barbariche nell’Italia tardoantica. Diversi contributi scientifici di ambito numismatico contengono proposte interpretative, che associano l’occultamento di ripostigli e tesori alla presenza militare, in alcuni casi di origini barbariche. Attraverso alcuni casi-studio è stato, infatti, indagato il possibile apporto dei rinvenimenti monetali all’ampliamento del dato archeologico, non traducibile, però, in ulteriori punti in carta. Pochi sono risultati, infine, i dati attualmente disponibili sull’insediamento in Italia di individui di estrazione militare, anche di rango elevato, o di probabili origini non locali. Anche in corrispondenza dei sepolcreti finora meglio indagati, non è ancora stato appurato dove gli individui di provenienza translimitanea dimorassero, se vivessero separatamente dal resto della popolazione o se fossero integrati negli abitati di riferimento; se mantenessero le tradizioni edilizie proprie dei loro luoghi di origine o se vivessero negli spazi messi a disposizione dall’autorità centrale. La conclusione della ricerca, più che costituire un punto di arrivo, si è rivelata una base di partenza per ulteriori approfondimenti, da intraprendere, auspicabilmente, attraverso un lavoro di équipe, che coinvolga specialisti di ambito sia archeologico sia numismatico.
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The Italian Dream. L’Italia e la (para)letteratura contemporanea per il mercato angloamericano

Agnoletti, Giacomo 25 May 2020 (has links)
The overall success of the products related to Italy in the economy of the food sector and the one concerning “luxury” is well renowned, but I believe that, as years go by, even in the economy of the culture (or culture industry) there has been an ongoing process, a phenomenon of similar characteristics, namely: • The global spread of Italianness (‘Italianicity’ in Barthes’ terms) in mass culture, meant not only as a geographical setting of the works, but also as the presence of characters related to Italy, or as a narrative element, both principal and secondary, or in general as a cultural reference; • The appropriation of these topics, fascinations, characters, by the global cultural industry, managed mainly by American companies. The purpose behind this research is to document the phenomenon of diffusion of the Italian dream in the global culture, and investigate the causes through an analysis of the recent paraliterature. The beginning of the eighties has been defined as the “Italian rebirth” period. In those years, overcoming the negative stereotypes, the Italians have been able to redefine the image of themselves and of their country, providing a new and definitely positive connotation to the artifacts of their own economy, now proudly defined as Made in Italy. But how and why has this shift occurred? Not only Italy had changed, but even the United States needed something different. If there has been a radical change in the perception of Italy and Italianness in the USA and more generally in the Western world since the end of the 1970s, we must turn our attention to the countries that began looking at Italy with “different eyes”. Which needs did American culture consumers had and why did these needs change in the second half of the 1970s? If these new visions have grown to a global extent, if Italy has become the country of the dolce vita for the whole world, it is due, in large part, to a change in the attitude of foreign countries, the United States and Northern Europe in the first place, which began to perceive Italy as a desirable “The Other”: because, in countries culturally and geographically distant from Italy, a new awareness of their own cultural identity was rising with a new need for otherness. Due to this new articulation in the perception of the Italian spirit this research considers above all, the literary works published starting from the second half of the seventies. The highly successful literary works concerning Italy, written by American authors during the sixties, are completely different from those of the following decades, and not only for stylistic reasons. The vision of Italy, still very traditional, was fundamentally anchored to two aspects: Italy as a country of the Great Culture, and Italy as a country linked to the Catholic Church. Irving Stone and Morris West were two successful authors who wrote about Italianness by adopting this type of perception, and consequently satisfying a certain type of social function. It is true that Puzo published The Godfather in 1969: but it was perhaps the ability to anticipate a great change in the social needs of the audience that earned its author an incredible commercial success. Part II analyzes the social function of Italian-themed literature. The basic question is: “Why is the American reader interested in the idea of Italy?” I started explaining why a certain degree of activism, power of choice and influence on the cultural industry is attributable to the consumer. In this first part two texts from the early sixties based on the vision of Italy as a country of the Great Tradition will be analyzed; later on (Chapter 10) the “dream of saving authenticity” will be explored, starting from two texts of the nineties, the period in which the Italian dream began to spread globally. In the paragraph dedicated to the 2000s, we will observe that the fascination aroused by the Italian dream has now become so pervasive as to have originated a sort of pattern, a consolidated one in the mass literature. Following, a paragraph dedicated to three mainstream works, in order to highlight how much the Italian dream has globally spread even outside of the genre. Finally, in the last paragraph, I will deal with some of the recently published texts, to try to answer the question: Is the Italian dream still fashionable among consumers of global culture? Part III Before addressing the representation of stereotypes through texts, I will remind five great thinkers who have dealt with the theme of ideology in relation to mass culture. With Michail M. Bachtin I linger on the social and ideological component of every word and every speech; Ferruccio Rossi-Landi provides a research program for the unmasking of ideologies in art; Pierre Bourdieu analyzes the internal functioning of social structures related to art; Stuart Hall invites us to consider popular culture in its dual essence of conditioning by the field of power and of resisting and assimilating; Finally, Edward Said invites us to set the research in counterpoint terms, to understand how stories and cultures develop together with their geographical opposites. Chapter 12 illustrates the most important stereotypes about Italy through the use made of it in successful literary works. Even positive visions, if standardized, are to be considered stereotypes. The Italian identity, according to my perspective, is built socially and is so supranational that the same identity problems in reaction to cultural representations are felt, even amplified, in the worldwide Italian communities. Last chapter and conclusions deal with transculturation and with “most visible Italy”, to show how, in many cases, even “Italy told by Italians” is related with the construction of the national character originating from the global media system.
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Sprachliche Rekontextualisierung in globalen und lokalen Popkulturen. Hip Hop Linguistics und „Resistance Vernacular” im italienischsprachigen Rap. Ricontestualizzazione linguistica di “Popular Culture”. Hip Hop Linguistics e “Resistance Vernacular”. Il caso del rap italiano tra globalizzazione e localizzazione.

Schreiber, Paula Rebecca 25 November 2019 (has links)
Hiphop è il nome di un movimento giovanile che nasce negli anni settanta nei quartieri del Bronx, del Queens e di Harlem a New York City. Negli anni ottanta la musica e la cultura hiphop si diffondono in Italia e si sviluppano in tre diverse generazioni: la prima negli anni 1987-1999, la seconda negli anni 2000-2007, la terza negli anni 2008-2017. Queste generazioni condividono caratteristiche identitarie e valori come il rispetto, la pace, l'uguaglianza. Il lavoro presenta un’analisi linguistica dei testi italiani delle canzoni rap prodotte nel terzo periodo. A tale scopo la tesi è organizzata in sei capitoli. Il primo (La cultura hiphop) inquadra la nascita della cultura hiphop, le sue invenzioni artistiche, la sua globalizzazione e la sua ricezione in Italia. Sono presentati in particolare i/le pionieri/e della scena hiphop italiana e le tendenze che emergono nelle diverse scene locali. Il secondo capitolo (Ricerche sull’hiphop) presenta un quadro generale relativo alle ricerche sull’hiphop compiute negli ultimi trent’anni nell'ambito di più discipline tra cui la filosofia, la pedagogia, la storia dell’arte, l’economia e la sociologia. Uno spazio particolare è dedicato agli studi linguistici sul rap italiano, distinti in tre filoni caratterizzati da una diversa prospettiva di analisi: il rap come varietà linguistica e il rap come discorso. Gli studi sul rap come varietà si concentrano sulle influenze linguistiche di varietà globali, locali, scritte, orali e diafasiche, quelli focalizzati sul rap come codice analizzano invece le scelte linguistiche dei testi come espressioni di identità. Infine gli studi sul rap come genere mettono a confronto tipologie testuali e tipologie discorsive. Il terzo capitolo (Progettazione del corpus) illustra il metodo impiegato per la raccolta e la selezione dei testi, che si basa sui network e sulle piattaforme digitali con riconoscimento nella cultura hiphop italiana. Il riferimento presente negli articoli, nei commenti, nelle interviste e nelle recensioni di network e piattaforme digitali a “artisti riconosciuti nella scena”, “recensioni positive di album o canzoni singole”, “stile stimolante” e “influenza sulla scena rap italiana” ha portato a una selezione di 1000 canzoni rap, datate tra il 2008 e il 2017. Il quarto capitolo (Caratteristiche lessicali e stilistiche) presenta l'analisi di caratteristiche lessicali, di strutture ritmiche e metriche, di figure retoriche e di aspetti testuali che hanno particolare rilievo nel corpus. Dopo una prima riflessione sulla “Frequenza lessicale” nel primo paragrafo viene analizzata la ricorrenza di determinate parole e singoli fenomeni lessicali. Il secondo paragrafo “Struttura ritmica e metrica” affronta poi il tema del cosiddetto flow, che consiste nell'elaborazione delle rime verso schemi complessi e nella loro accentuazione/non-accentuazione a tempo (on-beat vs. off-beat) come mezzo stilistico. Nel paragrafo “Aspetti retorici” viene evidenziato, tramite diversi esempi, l'uso di alcune tendenze stilistiche (addizione, omissione, trasposizione, sostituzione) e forme retoriche tramandante oralmente come il Signifyin(g), caratteristica cruciale dell’African American Vernacular English. Nel paragrafo “Tipologia dei testi” si illustrano alcune modalità discorsive dei testi rap (self-referential speech, listener-directed speech, boasting, dissing, localizing e representing), presenti nelle canzoni del corpus. Nel quinto capitolo viene affrontata la relazione tra aspetti linguistici globali e locali (Un linguaggio “glocale”? – «Quello che siamo è solo spazio, parole»), in cui è adottata la prospettiva del rap e delle varietà linguistiche nei paragrafi “HipHop Speech Community”, “Artistic Code-Mixing – Repertorio di una comunità linguistica hip hop italiano?” e “Oralità e scrittura”. Il mistilinguismo e il code-switching tra dialetti, altri sistemi linguistici e diverse varietà dell’italiano sono degli strumenti fondamentali e distintivi per la struttura dei testi rap italiani e possiedono sia caratteristiche espressive, sia identitarie. Partendo dalla composizione scritta dei testi vengono aggiunti appositamente tipici elementi dell’oralità per dare un’impostazione spontanea, discorsiva e dialogica alla canzone. Questa relazione tra scrittura e oralità si può trovare anche nella tradizione della canzone popolare italiana. Nel sesto e ultimo capitolo del lavoro (Resistance Vernacular – «Ma io penso diverso, ostinato e contrario») vengono esaminati i ricorrenti elementi linguistici che nei testi svolgono una funzione di critica e autocritica, provocazione, espressione identitaria e che permettono di riconoscere i testi delle canzoni rap come parte del genere comunicativo della resistance vernacular. Inoltre vengono analizzati tratti discorsivi e dialogici dei testi studiati e il coinvolgimento del destinatario, variabile a seconda dell’uso e della frequenza di questi tratti. Il primo paragrafo, “Formazione del contesto”, prende in esame sia forme deittiche sia riferimenti intra-testuali e extra-testuali, i quali sono elementi chiave per la comprensione del contesto da parte del destinatario. Nel paragrafo “Dialogicità” sono analizzati gli elementi che marcano un carattere interazionale, come allocuzioni ai destinatari e segnali discorsivi con funzioni interazionali. Nell'ultimo paragrafo, infine, viene descritta il Resistance Vernacular come genere comunicativo del rap italiano. Vengono analizzate quindi le strategie verbali usate per contrastare e contraddire, attraverso la presa di distanza da riflessioni ironiche, esempi provocatori di confronto verbale, suggerimenti di circostanza e per mezzo anche dell’ esplicitazione di possibili identificazioni. Il lavoro fornisce dunque un ampio panorama della produzione di testi rap in Italia nell'ultimo decennio che si inseriscono nell'ambito di due note tradizioni narrative, una locale (la canzone popolare italiana) e l'altra non locale (l'Afro American Vernacular English). L’analisi condotta su un corpus testuale selezionato ed esaminato secondo criteri quantitativi e qualitativi si concentra su aspetti semantici, pragmatici, testuali e infine sull'impiego di diverse varietà linguistiche, che diventano veicolo fondamentale per l'espressione identitaria sia di autori sia di destinatari. Vengono analizzati perciò i principali tratti distintivi che caratterizzano il neo-plurilinguismo, che è forma performativa e comunicativa di un Resistance Vernacular.

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