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Il beneficium tra dono e inalienabilità: indagine su uno strumento di relazione nel regnum Italiae (secc. VIII-X)

Fauliri, Manuel 08 May 2020 (has links)
A partire dalla pubblicazione del Saggio sul dono di Marcel Mauss gli antropologi si sono diffusamente occupati delle dinamiche relative allo scambio di doni e al carattere obbligatorio della corresponsione da parte del ricevente. Tuttavia, tra le varie tipologie di donazioni è emersa una forma molto particolare individuata dall’antropologa statunitense Annette Weiner che è tornata a indagare le società dell’Oceania, studiate a suo tempo da Bronislaw Malinowski, pubblicando nel 1992 un importante lavoro ad essa relativo. Si tratta di una forma di dono paradossale che riguarda i possessi inalienabili, beni che per definizione non dovrebbero essere ceduti e tuttavia, dal momento che la loro durata nel tempo supera quella dei detentori originari, devono essere necessariamente trasferiti. Ad essi si lega il paradosso, individuato dalla studiosa, di keeping-while-giving che ben esprime la caratteristica per cui su tali beni il detentore originario tende a mantenere il controllo nonostante essi vengano donati, consentendo dunque l’alienazione di possessi inalienabili. In una società come quella altomedievale nella quale i doni rivestono grande importanza emerge, tuttavia, uno strumento particolarmente sfuggente per alcune sue caratteristiche specifiche; si tratta del beneficium. Esso è tradizionalmente connesso al rapporto “vassallatico-beneficiario”, interpretato come una sorta di retribuzione per il servizio militare reso a un signore, e fino a qualche tempo fa associato intrinsecamente al concetto di “feudalesimo” che sul finire del secolo scorso è stato al centro di un acceso dibattito tra gli studiosi. Alla luce delle acquisizioni antropologiche ho cercato dunque di indagare il beneficium nell’Italia altomedievale con l’intento di comprendere in che misura esso si inserisca nelle dinamiche dello scambio di doni e in che termini possa essere ritenuto un “dono”, dal momento che dalle fonti indagate sembra aderire molto bene al paradosso descritto da Annette Weiner. Nella prima sezione della tesi vengono dunque ripercorsi i principali apporti antropologici e storiografici relativi al tema del dono, per spostare poi l’attenzione al tema specifico del beneficium richiamando le posizioni in merito degli studiosi tanto in ambito internazionale quanto in ambito specificamente italiano. La seconda sezione ruota attorno a quattro casi di studio scelti per condurre l’indagine sullo strumento beneficiario, costituiti da quattro grandi monasteri di fondazione regia nel regnum Italiae di tradizione longobarda che offrono corpora documentari continuativi e compatti. Proprio la storia dei singoli enti monastici ha permesso di definire il punto di partenza cronologico per l’indagine, vale a dire il secolo VIII quando tali enti vennero fondati, per situare il punto di arrivo nell’anno 924 con la morte dell’imperatore Berengario I, ultimo discendente di Carlo Magno per linea materna, che riuscì ad assumere il titolo imperiale. Attraverso la schedatura del patrimonio documentario dei singoli monasteri per il periodo preso in esame è stato dunque possibile rintracciare le occorrenze del termine beneficium per osservare le varie sfumature che di volta in volta esso assumeva. Il primo monastero indagato è S. Ambrogio di Milano, l’unico tra i quattro cenobi scelti per l’indagine ad essere fondato dopo la conquista franca di Pavia del 774, nato come creatura dell’arcivescovo per assumere nel corso del tempo un ruolo da protagonista di primo piano della vita cittadina. L’abbazia riuscì ad acquisire inoltre un immenso patrimonio fondiario tramite numerose donazioni, divenendo in alcuni momenti una sorta di mausoleo per alcuni sovrani carolingi che qui vi trovarono sepoltura. Il secondo caso di studio è rappresentato dall’abbazia di S. Maria di Farfa, che offre il patrimonio documentario più ricco di tutti i quattro casi indagati. Fondata agli inizi del secolo VIII supera per antichità gli altri tre monasteri oggetto di questo studio e consente di osservare un più nutrito dossier relativo allo strumento beneficiario, nel contesto regionale della Sabina e dell’Italia centrale. Il terzo caso di studio è costituito dal monastero di S. Silvestro di Nonantola fondato da Anselmo, cognato del re longobardo Astolfo, nel 752 su terreni di origine pubblica donati dal sovrano divenendo uno dei principali centri monastici del regnum Italiae. L’ultimo caso di studio è costituito dal cenobio femminile di S. Salvatore di Brescia, che agli inizi del secolo X avrebbe assunto la titolazione di S. Giulia, fondato dall’ultimo re longobardo, Desiderio, assieme alla moglie Ansa. Nato come monastero che secondo alcuni sarebbe stato pensato come un “mausoleo familiare”, attraversò momenti aurei tanto nei primi tempi quanto sotto i sovrani carolingi che, a partire dai primi decenni del secolo IX, ne affidarono l’amministrazione patrimoniale alle regine o alle principesse della loro dinastia. Dai quattro casi di studio è emerso un quadro molto variegato, che testimonia un uso dello strumento beneficiario diverso a seconda delle aree e dei contesti in cui gli enti indagati si trovavano ad essere inseriti, e non legato esclusivamente alla sfera militare come a lungo si è invece sostenuto. Si è tenuto conto, in tale sede, di tutte le sfumature del termine beneficium mettendo in risalto la convivenza, a fianco dell’istituto giuridico, del generico senso di “favore” che traspare principalmente dalle arengae dei diplomi dei vari sovrani. Nella terza e ultima sezione l’indagine è stata invece allargata all’intero regnum Italiae prendendo in considerazione varie tipologie di fonti a partire dagli inventari altomedievali che testimoniano il ricorso al beneficium da parte di enti monastici o episcopali per assegnare beni tratti dal loro patrimonio e che vanno ad affiancarsi ai polittici esplorati nel corso dell’analisi dei casi di studio monastici. L’osservazione dei capitolari carolingi relativi al regno italico ha permesso di indagare i capitoli di legge relativi al beneficium fornendo dunque un quadro della normativa ad esso relativa per poter operare un confronto con la “pratica” che emerge dai diplomi dei sovrani carolingi, da Carlo Magno a Berengario I, e dai conflitti sorti attorno all’uso dello strumento beneficiario testimoniati dai placiti. Infine, l’ultimo capitolo è dedicato alle fonti narrative, relative all’arco cronologico preso in esame, nelle quali è possibile riscontrare qualche riferimento al beneficium; si tratta della Historia di Andrea da Bergamo e dell’Antapodosis di Liutprando di Cremona. Da tali fonti emerge come il discorso sul beneficio ruoti attorno al tema della fidelitas e alla creazione di relazioni attraverso lo scambio di favori. Da tale varietà di fonti ho cercato dunque di comprendere, alla luce dei contributi antropologici, in quali termini il beneficium possa inserirsi quale strumento di relazione nel contesto dello scambio di doni nel regno italico di tradizione longobarda.
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Milano, 1262 - 1322: Due segni di un potere nuovo / Milan, 1262-1322. Two signs of a new power

ZANINETTA, PAOLO 03 April 2009 (has links)
Gli affreschi della "sala di giustizia" della rocca di Angera e l'emblema della "vipera" viscontea sono le due più cospicue reliquie della campagna propagandistica posta in atto dalla parentela tra il volgere del XIII e gli inizi del XIV per rinsaldare la dominazione appena stabilita su Milano. / The frescoes in the "hall of justice" of the Rocca in Angera and the symbol of the "viper" are the main relics of the propaganda promoted by Ottone, Matteo and Azzo Visconti at the beginning of their seigneurship over Milan.
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Le chiese rurali del nord-ovest della Sardegna : il contributo dell’archeologia dell’architettura allo studio dei villaggi medievali scomparsi / Countryside churches in North West Sardinia : the contribution of the archeology of architecture to the study on medieval deserted villages / Les églises rurales du nord-ouest de la Sardaigne : la contribution de l’archéologie du bâti à l’étude des villages médiévaux désertés.

Urgu, Alessandra 13 June 2014 (has links)
Les sources écrites renferment, à partir du XIe siècle, les témoignages d’un grand nombre de villages dispersés, fondés pour la plupart grâce au mécénat des juges-rois. Toutefois, ces villages n’ont eu qu’une courte durée de vie, car ils ont été frappés, au cours du XIVe siècle, par une terrible crise politico-sociale qui a entraîné la disparition d’un grand nombre d'entre eux. Les principaux et souvent uniques témoignages architecturaux de leurs existences sont des églises. Autrefois placées au centre des agglomérations rurales, elles sont issues d’un renouvèlement ecclésiastique promu par Grégoire VII pour réaffirmer la souveraineté papale sur l’île. Ces édifices de dimensions modestes, aujourd’hui souvent à l’état d’abandon, renferment d’importantes informations que seule une lecture attentive peut dévoiler et interpréter, et qui sont susceptibles de précéder ou d’accompagner une intervention de fouille archéologique. Les enjeux de cette recherche ont été de déchiffrer ces documents matériels au travers l’archéologie du bâti, sans pour autant négliger les autres disciplines (histoire, archéologie du sous-sol, épigraphie), pour reconstruire les dynamiques qui ont caractérisé les villages et les savoir techniques qu’y circulaient. Il a été ainsi possible de collecter de nouvelles informations sur ces réalités disparues et de caractériser les éléments qui composent le plus grand tableau référentiel des différents établissements dans les contextes territoriaux du nord-ouest de l’île. / Since the XI century in Sardinia we have evidence of a great number of scattered villages, founded mostly thanks to the support of the king-judges of the area. Those villages lived quite shortly though because, since the XIV century, they were hit by a severe crisis which led to the desertion of many of them. In our time we only have few architectural remains from this period, like the small churches that used to be the main gathering point of the villages and which represent the result of the clerical renovation started by Pope Gregory VII who wanted to reaffirm the papal supremacy over the whole island. Nowadays these small buildings are often completely deserted; however they still keep very important information that can be unveiled by a careful examination and matched with the outcome of the historical research made as an early stage study before the archaeological excavations are made. The present research is aimed to show the results of the study conducted in the area of the ‘Rio Mannu’ river basin (in the North West of Sardinia) through the archaeology of architecture method. / In Sardegna a partire dall’XI secolo troviamo testimonianza nelle fonti documentarie di un gran numero di villaggi a carattere sparso, sorti per la maggior parte grazie alla ‘sponsorizzazione’ dei giudici-re. Tali villaggi ebbero però una vita relativamente breve, in quanto dal XIV secolo furono colpiti da una crisi che portò alla scomparsa gran parte di essi. Della loro esistenza non restano spesso che poche testimonianze architettoniche attribuibili a questa fase storica: le chiesette che in passato costituivano il centro degli agglomerati rurali e che rappresentano il frutto di quel rinnovamento ecclesiastico, cercato da Gregorio VII, per riaffermare la sovranità papale sull’isola. Spesso in stato di completo abbandono, questi piccoli edifici conservano in se ancora importanti informazioni, che una lettura attenta delle strutture può svelare ed interpretare affinché possano integrare i dati derivanti dalla ricerca storica e porsi come studio preliminare allo scavo archeologico. L’obiettivo della ricerca intrapresa è stato ‘leggere’ questi documenti materiali attraverso l’archeologia dell’architettura. È stato così possibile aggiungere nuove informazioni su queste realtà scomparse e definire le tessere che compongono il più ampio quadro conoscitivo dei diversi insediamenti nel contesto territoriale del Bacino idrografico del Rio Mannu.
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OLTREPO' PAVESE: SIGNORIE TERRITORIALI E FORTIFICAZIONI MEDIEVALI FRA STORIA E ARCHEOLOGIA

DELLU', ELENA ROSANGELA 22 May 2017 (has links)
Si è esaminato il fenomeno dell’incastellamento in Oltrepò Pavese (X sec. - inizi epoca moderna) con una visione globale e diacronica. La ricerca ha previsto l’integrazione di differenti metodologie di indagine: l’analisi della cartografia storica, lo scavo archeologico del sito fortificato di Monte Pico (PV), lo studio della cultura materiale di alcuni contesti, la ricognizione di superficie e la lettura degli elevati. Tali dati sono stati contestualizzati storicamente ricostruendo le vicende dei poteri locali che si sono susseguiti nella gestione del territorio dell’Oltrepò; il dato materiale è stato fatto dialogare con i dati documentali estrapolati dalla documentazione storica e dalle fonti cartografiche. E’ stato svolto un lavoro analitico su contesti castrensi e su borghi stradali mercantilei che ha portato a una sintesi sulle maestranze e le tecniche edilizie che hanno caratterizzato la storia materiale dei siti indagati. Il lavoro ha quindi mostrato come il comparto territoriale abbia costituito un importante collegamento tra i ricchi porti liguri affacciati sul Mediterraneo e la pianura padana, offrendo nuovi e sistematizzati dati su un’areale geografico fino ad ora poco indagato archeologicamente e storicamente. / The phenomenon of encastellation in Oltrepò Pavese (X century - Early Modern Age) has been examined with a global and diachronic vision. The research envisaged the integration of different survey methodologies: the analysis of historical cartography, the archaeological excavation of the fortified site of Monte Pico (PV), the study of the material culture of some contexts, surveys and reading of the masonry. These data have been historically contextualized by reconstructing the vicissitudes of local powers that have followed in the management of the territory of Oltrepò; the material data was made dialog with the documentary data extrapolated from the historical documentation and cartographic sources. An analytic work was carried out on fortified contexts and on mercantile roads villages which led to a synthesis of the craftsmen and building techniques that characterized the material history of the sites investigated. Then the work showed how the territorial compartment was an important link between the rich Ligurian ports overlooking the Mediterranean and the Padana plain, offering new and systematised data on an archaeological and historical geographic area till now not investigated.
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Struttura e gestione degli spazi del castello di Monte Copiolo nel Montefeltro: Evoluzione di un sito incastellato tra X e XVI secolo / Structure and management of the spaces of the Monte Copiolo’s castle, in Montefeltro. Evolution of a castle between X and XVI century.

SACCO, DANIELE 16 April 2010 (has links)
Il lavoro si occupa dell'evoluzione diacronica del sito incastellato di Monte Copiolo (Italia, regione Marche, provincia di Pesaro e Urbino) tra X e XVI secolo. / The work deals with the diachronic evolution of the Monte Copiolo’s castle, in Montefeltro (Italy, Marche region, province of Pesaro and Urbino) between X and XVI century.
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Exploitation minière et implantation castrale en Dauphiné médiéval (Xe-XVe siècles) : surveiller, organiser et prélever la production minière / Mining and establishment castral in medieval Dauphiné (10th-15th centuries) : control, organize and collect mining production / Estrazione mineraria ed insediamento castrale in Dauphiné medievale (X-XV secolo) : sorvegliare, organizzare e prelevare la produzione mineraria

Oury, Benjamin 14 March 2018 (has links)
Le contrôle des ressources minières est un enjeu d'importance pour le pouvoir seigneurial qui, en plus d'un atout économique, en tire un certain prestige. En Dauphiné, les premières mines de métaux précieux sont exploitées dès la fin du IXe siècle ou le début du Xe à L'Argentière (Hautes-Alpes). C'est aussi avec celles-ci que les comtes dꞌAlbon, futurs Dauphins, entament leur appropriation des ressources souterraines de leur territoire grâce à deux donations similaires de l'empereur Frédéric Ier en janvier et juillet 1155. Les mines de métaux non-précieux, mais très importants pour la société médiévale, comme le fer, sont aussi exploitées assez tôt dans les montagnes dauphinoises, notamment dans la région d'Allevard (Isère), où les comtes dꞌAlbon installent progressivement leur autorité.En parallèle, les implantations castrales, multipliées depuis les environs de l'an Mil, sont le reflet de la prise de pouvoir progressive de seigneurs locaux et participent au contrôle des territoires. Le château, au-delà de son rôle militaire propre, fait office d'édifice multifonctionnel avec la création des États princiers et le développement de leur administration. Ce sont de véritables relais du pouvoir comtal capables de surveiller et de défendre mais aussi d'administrer leur territoire, et plus particulièrement en contexte minier. Cependant, les liens entre châteaux et exploitations minières ne sont pas forcément visibles et dépendent souvent de la nature du gisement, précieux ou non, du degré de contrôle du territoire ou de sa topographie. À Brandes (Oisans, Isère) ou à L'Argentière, sites argentifères, le château est abandonné dès la fin de l'exploitation minière (fin XIIIe – début XIVe s.), dans le premier cas, ou est partagé entre deux familles vassales pour le second, signe de liens étroits pour le pouvoir comtal entre mines et châteaux. Cela ne se vérifie pas dans les territoires producteurs de fer où les châteaux ont une tout autre vocation que protéger et encadrer la production minière. La mise en place d'une nouvelle politique minière après la grande crise du milieu du XIVe siècle bouleverse aussi la fonction du château qui n'a alors plus de rôle dans l'exploitation minière, métaux précieux ou non. / Control of mineral ressources is a major stake for seigniorial power which, not only gives it economical wealth, but some status as well. In the Dauphiné, mining of precious metals first began at the end of IXth century or the begenning of Xth century in L'Argentière (Hautes-Alpes, France). It's also with these mines that the Counts of Albon, futur Dauphins, start to appropriate their lands'mineral resources thanks to two similar donations from emperor Frederick I in January and July 1155. Non-precious metal such as iron, although very important in medieval society, are thus mined from an early stage in the Dauphiné mountain, particularly around Allevard (Isère), with the Counts of Albon progressively taking control of these mines.At the same time, the castles implantation, which has multiplied starting around the year One thousand, reflects the gradual takeover of locals lords and contribute to their control of the territory. The castle, beyond its military purpose, is a multifonctional building, particulary since the creation of princely states and the development of their administration. It constitues a true representative of countal authority that can keep a close watch over and protect the territoryut also to administrate it, particularly regarding mining. However, the links between castles and mining facilities are not always visible, and they often depend on the type of mineral deposit (precious or not), the degree of control over the territory or its topography. In Brandes (Oisans, Isère) or L'Argentière, both silver-bearing sites, the castles were respectively abandoned with the end of mining at the beginning of XIVth century, and divided between two vassal families close to Counts of Albon, clearly illustrating the links for the counts between mines and castles. This is however not the case in iron-bearing territories where castles have another use than protecting and supervising mining production. The establishment of a new mining policy by the Dauphins, after the great crisis in the mid XIVth century, disrupted castel fonctions : it no longer has a role in mining exploitation, whether of precious metals or not.

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