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Key issues in diagnosing and treating acute aortic syndromes: results from the metropolitan area of Bologna network / Problemi di diagnosi e terapia delle sindromi aortiche acute: Risultati della rete assistenziale dell'area metropolitana di Bologna

Vagnarelli, Fabio <1981> 17 April 2015 (has links)
Background: Survival of patients with Acute Aortic Syndrome (AAS) may relate to the speed of diagnosis. Diagnostic delay is exacerbated by non classical presentations such as myocardial ischemia or acute heart failure (AHF). However little is known about clinical implications and pathophysiological mechanisms of Troponin T elevation and AHF in AAS. Methods and Results: Data were collected from a prospective metropolitan AAS registry (398 patients diagnosed between 2000 and 2013). Troponin T values (either standard or high sensitivity assay, HS) were available in 248 patients (60%) of the registry population; the overall frequency of troponin positivity was 28% (ranging from 16% to 54%, using standard or HS assay respectively, p = 0.001). Troponin positivity was associated with a twofold increased risk of long in-hospital diagnostic time (OR 1.92, 95% CI 1.05-3.52, p = 0.03), but not with in-hospital mortality. The combination of positive troponin and ACS-like ECG abnormalities resulted in a significantly increased risk of inappropriate therapy due to a misdiagnosis of ACS (OR 2.48, 95% CI 1.12-5.54, p = 0.02). Patients with AHF were identified by the presence of dyspnea as presentation symptom or radiological signs of pulmonary congestion or cardiogenic shock. The overall frequency of AHF was 28 % (32% type A vs. 20% type B AAS, p = 0.01). AHF was due to a variety of pathophysiological mechanisms including cardiac tamponade (26%), aortic regurgitation (25%), myocardial ischemia (17%), hypertensive crisis (10%). AHF was associated with increased surgical delay and with increased risk of in-hospital death (adjusted OR 1.97 95% CI1.13-3.37,p=0.01). Conclusions: Troponin positivity (particularly HS) was a frequent finding in AAS. Abnormal troponin values were strongly associated with ACS-like ECG findings, in-hospital diagnostic delay, and inappropriate therapy. AHF was associated with increased surgical delay and was an independent predictor of in-hospital mortality.
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Caratterizzazione Citogenetico-Molecolare delle alterazioni cromosomiche 3q26 e 1p36 nelle Sindromi Mieloproliferative / Molecular-Cytogenetic Characterization of 3q26 and 1p36 Chromosomal Abnormalities in Myeloproliferative Syndromes

Baldazzi, Carmen <1980> 06 June 2013 (has links)
L’overespressione dei geni EVI1(3q26) e PRDM16(1p36), è descritta sia in presenza che in assenza di riarrangiamenti 3q26 e 1p36 in specifici sottogruppi citogenetici di LAM, ed è associata ad una prognosi sfavorevole. Lo scopo principale del nostro studio è stato identificare e caratterizzare tramite FISH e RQ-PCR, alterazioni di EVI1 e PRDM16 in pazienti con alterazioni cromosomiche 3q e 1p.Riarrangiamenti di EVI1 si associavano ad alterazioni cromosomiche 3q26, ma, in 6 casi (6/35;17,1%) erano presenti in assenza di coinvolgimenti, in citogenetica convenzionale, della regione 3q26, a causa di meccanismi complessi e/o alterazioni ‘criptiche’. Inoltre, abbiamo identificato quattro nuovi riarrangiamenti di EVI1, tra cui due nuove traslocazioni simili presenti in due fratelli. Riarrangiamenti e/o amplificazioni di PRDM16 erano spesso associate ad alterazioni 1p36 (7/14;50%). L’analisi di EVI1 e PRDM16 è stata estesa ad altri casi con alterazioni -7/7q-, con cariotipo normale, con alterazioni 3q per PRDM16 e con alterazioni 1p per EVI1. L’overespressione di EVI1 era presente solo nel gruppo -7/7q- (10/58;17.2%) ed in un caso si associava ad amplificazione genica, mentre PRDM16 era overespresso in casi di tutti i gruppi analizzati,sia con cariotipi complessi, dove si associava in alcuni casi ad amplificazione genica, sia con cariotipi normali o con singole alterazioni. Il nostro studio dimostra come la FISH permetta di identificare alterazioni dei geni EVI1 e PRDM16, anche in assenza di coinvolgimenti delle regioni 3q26 e 1p36. Riarrangiamenti complessi e/o una scarsa qualità dei preparati citogenetici sono le cause principali per la mancata identificazione di queste alterazioni. La RQ-PCR permette di identificare l’overespressione anche nei casi in cui non sia dovuta ad alterazioni citogenetiche. È importante confermare con FISH e/o RQ-PCR il coinvolgimento di questi due geni, per individuare alla diagnosi pazienti con prognosi sfavorevole e che potranno beneficiare di terapie maggiormente aggressive e/o di trapianto allogenico di cellule staminali. / EVI1 and PRDM16 overexpression has been associated with poor prognosis in myeloid malignancies. The main mechanism is the rearrangement of chromosome bands 3q26 and 1p36, where they are mapped, respectively. Overexpression has also been reported in specific cytogenetic subgroups, without 3q26 and 1p36 abnormalities observable by chromosome banding analysis (CBA). The main aim of this study has been to identify and characterize EVI1 and PRDM16 rearrangements in cases with 3q and 1p cytogenetic abnormalities. EVI1 rearrangements were mainly associated with 3q26 cytogenetic abnormalities, but they have also been demonstrated in 6 cases (6/35;17,1%) without 3q26 cytogenetic involvement, because of complex mechanism and/or ‘cryptic‘ abnormalities. We have also identified new EVI1 rearrangements. Interestingly, two new similar translocations appeared in two brothers. Rearrangements, but also amplifications of PRDM16 resulting in gene overexpression, have often been associated with 1p36 aberrations. EVI1 and PRDM16 analyses have been performed in others cytogenetics subgroups, such as: -7/7q-, normal karyotype, and 3q abnormalities for PRDM16 and 1p for EVI1. EVI1 overexpression was frequent only in -7/7q- group (17.2%;10/58), and in one case was associated with amplification, not seen by CBA, because of metaphases’ poor quality. On the contrary, PRDM16 overexpression has been found in all cytogenetic subgroups, that we have considered. In some cases with complex karyotype, PRDM16 overexpression has been associated with gene amplification. FISH analysis and RQ-PCR have allowed us to identify EVI1 and PRDM16 abnormalities in patients with or without 3q26 and 1p36 abnormalities. Complex rearrangements or metaphases’ poor quality were the main reasons for the failed detection of these abnormalities in CBA. These observations indicate the importance of screening for EVI1 and PRDM16 abnormalities, especially in cases with 3q and 1p cytogenetic abnormalities, to identify at diagnosis patients with poor prognosis that could benefit from more aggressive chemotherapy and/or stem cell transplantation.
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Nuovi protocolli chemioterapici per i sarcomi dei tessuti molli ad alto grado di malignita' negli adulti: Risultati clinici, radiologici e istologici comparando chemioterapia standard e orientata sull'isotopo / New chemotherapic protocols for high grade soft tissue sarcomas in adults: clinical, radiological and histological results comparing standard vs histotype-tailored chemotherapy

Pala, Elisa <1983> 11 May 2015 (has links)
I sarcomi dei tessuti molli sono un gruppo eterogeneo di tumori maligni di origine mesenchimale che si sviluppa nel tessuto connettivo. Il controllo locale mediante escissione chirurgica con margini ampi associato alla radioterapia e chemioterapia è il trattamento di scelta. Negli ultimi anni le nuove scoperte in campo biologico e clinico hanno sottolineato che i diversi istotipi posso essere considerati come entità distinte con differente sensibilità alla chemioterapia pertanto questa deve essere somministrata come trattamento specifico basato sull’istologia. Tra Ottobre 2011 e Settembre 2014 sono stati inclusi nel protocollo di studio 49 pazienti con sarcomi dei tessuti molli di età media alla diagnosi 48 anni (range: 20 - 68 anni). I tumori primitivi più frequenti sono: liposarcoma mixoide, sarcoma pleomorfo indifferenziato, sarcoma sinoviale. Le sedi di insorgenza del tumore erano più frequentemente la coscia, il braccio e la gamba. 35 pazienti sono stati arruolati nel Braccio A e trattati con chemioterapia standard con epirubicina+ifosfamide, 14 sono stati arruolati nel Braccio B e trattati con chemioterapia basata sull’istotipo. I dati emersi da questo studio suggeriscono che le recidive locali sembrano essere correlate favorevolmente alla radioterapia ed ai margini chirurgici adeguati mentre la chemioterapia non sembra avere un ruolo sul controllo locale della malattia. Anche se l'uso di terapie mirate, che hanno profili di tossicità più favorevoli e sono quindi meglio tollerate rispetto ai farmaci citotossici è promettente, tali farmaci hanno prodotto finora risultati limitati. Apparentemente l’insieme delle terapie mirate non sembra funzionare meglio delle terapie standard, tuttavia esse devono essere esaminate per singolo istotipo e confrontate con il braccio di controllo. Sono necessari studi randomizzati controllati su ampie casistiche per valutare l’efficacia delle terapie mirate sui differenti istotipi di sarcomi dei tessuti molli. Inoltre, nuovi farmaci, nuove combinazioni e nuovi schemi posologici dovranno essere esaminati per ottimizzare la terapia. / The soft tissue sarcomas are a heterogeneous group of malignant tumors of mesenchymal origin that develops in connective tissue. Local control with surgical excision with wide margins associated with radiotherapy and chemotherapy is the treatment of choice. In recent years, new discoveries in biology stressed that the different histology can be considered as separate entities with different sensitivity to chemotherapy, therefore it should be given as a specific treatment based on histotype. Between October 2011 and September 2014 were included in the study, 49 patients with soft tissue sarcomas with a mean age at diagnosis of 48 years (range: 20-68 years). More frequent histotypes were: myxoid liposarcoma, pleomorphic undifferentiated sarcoma, synovial sarcoma. The sites of the lesion were more frequently thigh, arm and leg. 35 patients were enrolled in Arm A and treated with standard chemotherapy with epirubicin + ifosfamide, 14 were enrolled in Arm B and received histotype tailored chemotherapy. The results of this study suggest that local recurrence seems to be positively related to radiotherapy and to adequate surgical margins while chemotherapy does not appear to have a role on the local control of the disease. Although the use of targeted therapies, which have more favorable toxicity profiles and are therefore better tolerated than cytotoxic drugs is promising, these drugs have still produced limited results. Apparently the targeted therapies do not seem to work better than standard therapies, however, they must be examined for each histology and compared with the control arm. Randomized controlled trials on large series are needed to assess the effectiveness of targeted therapies on the different histologies of soft tissue sarcomas. Moreover, new drugs, new combinations and new dosage regimens should be screened to optimize therapy.
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Lo scompenso cardiaco nella cardiomiopatia amiloidotica: uno studio emodinamico all'interno delle tre principali forme eziologiche. / Heart failure in amyloidotic cardiomyopathy: a hemodynamic study of the three main etiologies.

Longhi, Simone <1981> January 1900 (has links)
Introduzione. Lo scompenso cardiaco (HF) rappresenta una delle principali manifestazioni cliniche dell’amiloidosi cardiaca (AC) e ha importanti implicazioni prognostiche. Tuttavia, pochi studi fisiopatologici riguardanti HF in AC hanno valutato l’aspetto emodinamico. Abbiamo pertanto analizzato HF nelle tre principali forme eziologiche di AC: AL (amiloidosi sistemica primitiva), m-ATTR (amiloidosi familiare TTR-relata) e wt-ATTR (amiloidosi senile). Metodi. Fra i 340 pazienti con diagnosi di AC (145 AL, 119 m-ATTR, 76 wt-ATTR) seguiti presso il nostro Centro tra 1990-2015, abbiamo analizzato gli aspetti clinici, strumentali e prognostici di quelli in classe NYHA III-IV alla diagnosi. Risultati. 96 (28%) hanno mostrato segni e sintomi di HF (52 AL, 22 m-ATTR, 22 wt-ATTR). All’ecocardiogramma il valore di frazione d’eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) era compreso fra il 22 e il 67% ed era <50% in 54 pazienti (52%). Al cateterismo cardiaco destro, in più del 70% dei pazienti è stata documentata una pressione d’incuneamento polmonare (PCWP) aumentata e un ridotto indice cardiaco (CI). Inoltre, nel 45% dei casi sono stati riscontrati una ridotta LVEF e un’aumentata PCWP, mentre nel 30% i valori di LVEF sono risultati normali con PCWP aumentata. 10 pazienti mostravano normale LVEF e PCWP pur in presenza di HF. Durante il follow-up 66 (27%) hanno sviluppato segni e sintomi di HF (6.2% person/years). I pazienti con HF alla presentazione avevano una sopravvivenza inferiore rispetto a quelli in buon compenso. L’eziologia AL e il valore di CI erano predittori indipendenti di mortalità nei pazienti in classe NYHA III-IV alla presentazione. Conclusione. HF è presente nel 30% dei pazienti alla prima osservazione e non è solo dovuto ad una disfunzione diastolica “pura”, isolata, ma ad un eterogeneo range di disfunzione diastolica e sistolica. HF alla presentazione condiziona la prognosi dei pazienti. Inoltre, l’eziologia AL e CI ridotto rappresentano variabili indipendenti di mortalità. / Introduction. In amyloidotic cardiomyopathy (AC), heart failure (HF) is one of the main clinical manifestations. However, a precise pathophysiological and prognostic characterization of HF in this condition is not available. We assessed the clinical and instrumental profile and outcome of patients with advanced HF (i.e. NYHA class III-IV) at the time of first evaluation in light-chain (AL), hereditary transthyretin-related (m-ATTR) and non-mutant transthyretin-related (wt-ATTR) AC. Methods. We analysed the 340 patients diagnosed with AC (145 AL, 119 m-ATTR, 76 wt-ATTR) at our Centre between 1990 and 2015. We evaluated clinical, ECG, echocardiographic and hemodynamic profiles as well as survival data of those with advanced HF at time of diagnosis. Results. 96 (28%) patients presented advanced HF at first evaluation (52 AL, 22 m-ATTR, 22 wt-ATTR). Left ventricle ejection fraction (LVEF) ranged between 22 and 67% and was <50% in 54 patients (52%). Increased pulmonary capillary wedge pressure (PCWP) and reduced cardiac index (CI) were documented in more than 70%. 45% of patients showed reduced LVEF with increased PCWP, while in about 1/3 of cases a normal LVEF and increased PCWP were present. 10 patients with HF at presentation had normal LVEF and PCWP. During follow-up 66 (27%) developed HF: 29 AL, 23 wt-ATTR, 14 m-ATTR with incidence rate of 6.2% person/years. Survival was reduced in patients with HF both in overall population and in three main subgroups. AL AC and reduced CI were independent predictors of mortality in patients in NYHA class III-IV at presentation. Conclusion. In 30% of AC patients, HF is one of main manifestation at first evaluation. The pathophysiological substrate of HF in these patients is systolic and/or diastolic dysfunction. Survival was reduced in AC patients with HF at presentation. AL etiology and CI were indipendent predictors of outcome.
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Morte cellulare immunogenica indotta da chemioterapia e meccanismi di tolleranza immunologica nella leucemia acuta mieloide / Immunogenic cell death induced by chemotherapy and immune tolerance mechanisms in acute myeloid leukemia

Lecciso, Mariangela Stefania <1984> January 1900 (has links)
Sia nei tumori solidi che nelle neoplasie ematologiche, è stato dimostrato che alcuni agenti chemioterapici, come le antracicline, sono altamente immunogenici e determinano, attraverso le cellule dendritiche (DCs), un’efficiente attivazione della risposta antitumorale mediata dalle cellule T. Tale processo, caratterizzato dalla traslocazione della calreticulina e delle HSPs 70/90 sulla superficie cellulare delle cellule tumorali e dal rilascio di HMGB1 e di ATP, è detto morte cellulare immunogenica (ICD). Oltra alla ICD, però, la chemioterapia genera fenomeni infiammatori nel microambiente tumorale e attiva pathway immunosoppressivi a carico delle DCs, che potrebbero alterare la risposta immunitaria. Scopo del presente studio è stato caratterizzare la ICD indotta da antracicline nella leucemia acuta mieloide (LAM) e valutare l’induzione di pathway inibitori, come l’enzima indoleamina-2,3-diossigenasi (IDO1). In vitro, ex vivo ed in vivo abbiamo dimostrato che il trattamento con antracicline induce ICD anche nella LAM. Nei pazienti sottoposti a chemioterapia è stata riscontrata una risposta anti-leucemica caratterizzata dalla produzione di IFN- nei linfociti CD4+ e CD8+, capaci di uccidere i blasti autologhi pur mostrando un fenotipo exhausted, ma anche l’espansione di una popolazione di linfociti T regolatori. La ICD infatti determina la maturazione delle DCs, che attivano efficacemente linfociti T antigene-specifici ma, allo stesso tempo, esprimendo elevati livelli di IDO1, inducono linfociti T regolatori che limitano la risposta anti-leucemica. Questi risultati sono stati confermati nel modello murino leucemico dove, a seguito della chemioterapia, l’infiltrato tumorale è arricchito di DCs, mature esprimenti IDO1, ma anche di linfociti T caratterizzati da fenotipo exhausted. I nostri dati confermano che la ICD, attiva anche nella LAM, determina una risposta immunitaria efficace nei confronti della malattia ma anche l’attivazione di pathway inibitori nelle DCs che alterano tale risposta. La combinazione della chemioterapia con inibitori di IDO1 rappresenterebbe un approccio interessante per potenziare l'effetto immunogenico della chemioterapia e la risposta anti-leucemica. / Recently, both in solid tumors and haematological malignancies, it has been shown that some chemotherapeutic agents, such as daunorubicin, are highly immunogenic and activate the immune response via cross-priming of anti-tumor T cells by dendritic cells (DCs). Such process, known as immunogenic cell death (ICD), is characterized by tumor cells modifications, such as cell surface translocation of calreticulin and heat shock proteins, extracellular release of ATP and pro-inflammatory factor HMGB1. Alongside with ICD, chemotherapy is known to induce inflammatory modifications within tumor microenvironment, which may also elicit immunosuppressive pathways. In particular, DCs may be driven to acquire tolerogenic features, which may ultimately hamper anti-tumor T-cells. Aim of this study is to characterize ICD in acute myeloid leukemia (AML) and to evaluate the involvement of some DC-related inhibitory pathways, such as indoleamine-2,3-dioxygenase 1 (IDO1) expression. In vitro, ex vivo and in vivo we demonstrated that daunorubicin treatment induced ICD in AML. Ex vivo, T-cell monitoring of daunorubicin-treated AML patients displayed an increase in leukemia-specific IFN--producing CD4+ and CD8+ T cells, which were capable to kill autologous blasts but showed an exhausted phenotype. We also observed the expansion of regulatory T cells (Tregs). ICD, in fact, induced maturation of DCs which efficiently activate antigen-specific T lymphocytes but simultaneously express high levels of IDO1, inducing a population of Tregs which inhibit the anti-leukemia response. These results were confirmed in leukemic murine model where daunorubicin treatment resulted in increased maturation status of tumor infiltrating DCs expressing IDO1, but also in an increased infiltration of exhausted T lymphocytes. Our data confirm that ICD is active in AML and results in an immunological response against AML but also in the induction of inhibitory pathway. The combination of chemotherapy with IDO1 inhibitors represents an interesting approach to enhance the immunogenic effect of chemotherapy and anti-leukemic immune response.
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Il ruolo del microambiente extracellulare nella modulazione della staminalità e del differenziamento di cellule staminali mesenchimali (MSC) / The effect of extracellular microenvironment on stemness and differentiation of Mesenchymal Stem Cells (MSC)

Massa, Annamaria <1988> January 1900 (has links)
Le cellule staminali mesenchimali (MSC) impiegate nelle strategie di medicina rigenerativa sono state isolate da vari tessuti, quali midollo osseo, tessuto adiposo e polpa dentale. Le MSC sono elementi peculiari che contribuiscono al processo di guarigione ossea, sia direttamente poichè precurcosi degli osteoblasti o indirettamente, producendo citochine, fattori di crescita e modulando la vascolarizzazione e l’infiammazione. Pertanto, l’infusione di MSC rappresenta un potenziale approccio terapeutico per favorire la guarigione ossea. Tuttavia, il successo delle strategie rigenerative può essere influenzato da un microambiente sfavorevole. Lo scopo di questo studio è stato studiare come le caratteristiche fisico-chimiche del microambiente extracellulare, in particolare la tensione di ossigeno e l’acidosi extracellulare, possono modulare la staminalità e il potenziale osteogenico delle MSC. Abbiamo esaminato se l’ipossia prolungata influenzava il differenziamento osteogencio delle cellule staminali mesenchimali derivate dal tessuto adiposo (ASC). L’effetto della tensione di ossigeno è stato valutato sulla proliferazione cellulare, sugli antigeni di superficie, sull’espressione dei geni di staminalità e dell’osteogenesi, sulla deposizione di matrice minerale e sul rilascio dei fattori di crescita. Abbiamo dimostrato che l’ipossia aveva un duplice ruolo, promuoveva la proliferazione delle ASC in assenza di stimoli osteogenici, ma favoriva il differenziamento in presenza di fattori pro-osteogenici. Successivamente abbiamo valutato l’effetto di differenti livelli di pH extracellulare (6.5, 6.6, 7.1 e 7.4) sulla staminalità e il differenziamento osteogenico delle cellule staminali derivate dalla polpa dentale (DPSC). Abbiamo evidenziato che il microambiente acido promuoveva il fenotipo staminale delle DPSC. Inoltre, l’acidosi extracellulare riduceva significativamente la crescita cellulare favorendo lo stato quiescente G0 del ciclo cellulare. Infine, abbiamo dimostrato l’effetto inibitorio del pH acido sul potenziale osteogenico delle DPSC. Pertanto la modulazione delle variazioni della tensione di ossigeno e del pH extracellulare devono essere considerate quando le MSC rappresentano uno strumento terapeutico in campo ortopedico. / Mesenchymal stem cells (MSC) have been isolated from various tissues, including bone marrow, adipose tissue, and dental pulp for regenerative strategies in orthopaedics and dentistry. MSC are critical elements that may contribute to bone healing, either directly as osteoblast precursors or indirectly by producing cytokines and growth factors, and by modulating vascularization and inflammation. The infusion of MSC therefore represents a valuable therapeutic approach to enhance bone healing. However, the success of regenerative strategy may be hampered by an unfavourable microenvironment. The aim of this study was to investigate how physicochemical characteristics of extracellular microenvironment, including oxygen tension and extracellular acidity, can modulate the stemness and the osteogenic potential of MSC. We first examined whether a prolonged exposure to hypoxia affects the osteogenic differentiation of adipose derived mesenchymal stem cells (ASC). The effect of oxygen tension was evaluated on cell proliferation, surface antigens, stemness gene and bone-related genes expression, alkaline phosphatase activity, mineral matrix deposition, and growth factor release. We demonstrated that hypoxia acts dually, promoting ASC proliferation and stemness in the absence of osteogenic stimuli, but also inducing their differentiation in a bone-like milieu. We subsequently investigated the effect of different levels of extracellular pH (6.5, 6.8, 7.1 and 7.4) on stemness and osteogenic differentiation of mesenchymal stem cells from dental pulp (DPSC). We were able to provide consistent evidence that an acidic microenvironment promotes the stemness state of DPSC. Moreover, extracellular acidosis significantly reduces cells growth, and push cells to reside in the quiescent G0 phase of the cell cycle. Finally, we demonstrated the inhibitory effect of acidic pH on the osteogenic potential of DPSC. Modulation of oxygen tension and extracellular pH variations must be considered when MSC are included as a therapeutic tool in bone-related applications.
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Tumor microenvironment as a target of osteolytic metastases / Ruolo del microambiente nelle metastasi osteolitiche

Lemma, Silvia <1985> January 1900 (has links)
Bone is one of the most common sites of distant metastases from breast carcinoma. In lytic bone metastasis, tumor associated-osteoclasts are the main actors of bone resorption. Under physiological conditions, osteoclast formation is activated by cytokines and hormones produced by bone-resident cells, including osteoblasts and mesenchymal stem cells. However, when tumor cells spread to the bone, they disrupt the delicate balance between cells orchestrating osteoclast formation, thereby promoting bone resorption. Current treatments of metastatic bone disease are largely ineffective to improve patient survival, possibly due to their inability to interfere with the metabolic pathways that regulate the behavior and the cross-talk between cancer cells and osteoclasts. To add news insights into the complex pathogenesis of osteolytic metastases, we focused our investigations on the role of lactate in the metabolic symbiosis of bone metastasis. We found that human osteoclasts are characterized by an increased mitochondrial metabolism, that probably supports the biosynthetic needs for osteoclast formation and activation, and that a glycolytic switch support the resorption activity of osteoclasts. Moreover, osteoclasts are able to uptake lactate from the extracellular space, an energy-rich metabolite produced by the glycolytic metabolism of breast carcinoma cells. In osteoclasts, lactate fuels oxidative metabolism, thereby increasing tumor aggressiveness. However, the bone metastatic microenvironment is composed of several types of cells, including tumor-associated stromal cells, bone-resident cells, tumor cells, and cancer-initiating cells. Each cell type takes part to the complex process of metastatic lesions formation. In particular, cancer stem cells play a primary role in tumorigenesis. To gain a more in-depth knowledge on the interplay between cells of tumor bulk, we validated the most stable housekeeping genes for gene expression analysis on cancer stem cells. These findings lay the groundwork for future investigations on the cross-talk between stroma and tumor cells of the metastatic microenvironment. / L'osso è uno dei tessuti più comunemente affetti da metastasi da carcinoma mammario, dove tipicamente formano di lesioni osteolitiche caratterizzate da un aumentato riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti. In condizioni fisiologiche, l’osteoclastogenesi è regolata da fattori proteici secreti da cellule ossee. Quando le cellule tumorali metastatizzano alle ossa, esse distruggono questo delicato processo, promuovendo l’osteoclastogenesi e il riassorbimento osseo. Le attuali terapie impiegate per curare le metastasi osteolitiche, oltre a presentare una serie di limitazioni, non aumentano la sopravvivenza dei pazienti, probabilmente a causa della loro inadeguatezza nell’interferire con i processi metabolici che regolano il dialogo tra cellule tumorali e osteoclasti. Al fine di far luce sui meccanismi di patogenesi delle metastasi osteolitiche, abbiamo studiato il ruolo del lattato nella simbiosi metabolica del microambiente metastatico, dimostrando innanzitutto che gli osteoclasti umani sono caratterizzati da un aumentato metabolismo mitocondriale rispetto ai loro precursori, che l’attivazione del riassorbimento osseo è regolata da uno switch glicolitico, ma soprattutto che gli osteoclasti utilizzano il lattato, un metabolita ad elevata energia prodotto da metabolismo glicolitico tumorale, per alimentare ulteriormente il metabolismo mitocondriale, determinando di conseguenza un aumento dell’aggressività tumorale. Tuttavia, il microambiente metastatico è composto di diversi tipi di cellule, come le cellule stromali associate al tumore, cellule ossee, cellule tumorali e cellule staminali tumorali. Ciascuno dei suddetti tipi cellulari prende attivamente parte alla formazione di lesioni metastatiche. In particolar modo, le cellule staminali tumorali giocano un ruolo centrale nel processo di carcinogenesi. Al fine di acquisire una conoscenza completa riguardo alle interazioni tra i diversi tipi cellulari, abbiamo vagliato i geni housekeeping comunemente utilizzati in letteratura con lo scopo di identificare i più stabili per le analisi di espressione genica sulle cellule staminali tumorali. Questi risultati pongono le basi per future indagini sul cross-talk tra cellule tumorali e stroma del microambiente metastatico.
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La ricostruzione di legamento crociato anteriore previene l'artrosi? / Does anterior cruciate ligament reconstruction prevent osteoarthritis?

Marcheggiani Muccioli, Giulio Maria <1981> 01 July 2016 (has links)
Il rischio d’insorgenza di gonartrosi è incrementato in pazienti con rottura di LCA. In letteratura, non ci sono prove solide in merito al fatto che la ricostruzione di LCA possa prevenire l’artrosi del ginocchio. Inoltre, è stato dimostrato che diversi fattori influenzano l’insorgenza della patologia degenerativa articolare e il risultato clinico finale dopo ricostruzione di LCA. Lo scopo di questa tesi è stato analizzare in modo prospettico i risultati clinici e radiografici della ricostruzione di LCA (con tecnica “over-the-top+ tenodesi laterale extra-articolare”) dopo 20 anni di follow-up minimo, valutando la percentuale di insorgenza di artrosi e paragonando i risultati con quelli a 5 anni e a 10 anni di follow-up minimo. L’ipotesi di partenza era che la meniscectomia fosse il principale fattore determinante l’insorgenza di artrosi a lunghissimo termine dopo ricostruzione di LCA. Per questa ragione sono stati comparati all’interno di questo gruppo i sottogruppi di pazienti sottoposti a ricostruzione di LCA e meniscectomia con quelli sottoposti alla sola ricostruzione di LCA. La tecnica di ricostruzione del LCA over-the-top combinata a tenodesi laterale extra-articolare ha dimostrato un tasso di successo di 84.3% a 20 anni di follow-up minimo. La plastica laterale extra- articolare associata alla ricostruzione di LCA non ha generato artrosi tibio-femorale laterale o femoro-rotulea. Il fattore determinate nell’incremento dell’artrosi è stato la meniscectomia. / Background: There is no clear evidence that anterior cruciate ligament (ACL) reconstruction is capable of preventing osteoarthritis. Purpouse: To analyze clinical and radiographic outcomes of ACL reconstruction at minimum 20-year follow-up, and to evaluate the onset of osteoarthritis in this procedure. Study Design: Case series; Level of evidence, 4. Methods: Fifty-two patients (M/F:41/11; mean age at final follow-up 51.5±7.6 years) who underwent double-stranded hamstrings over-the-top ACL reconstruction with extra-articular lateral plasty were prospectively evaluated at a minimum 20-year (mean 24-year) follow-up. Twenty-nine patients were available for prospective clinical (Lysholm, Tegner and objective IKDC), instrumental (KT-2000) and radiographic evaluations. Subjective KOOS was carried out at final follow-up. Twenty-three patients were investigated by phone interview for subjective Tegner score and documented complications/re-rupture/revision-surgery. Results: At final follow-up mean Lysholm score was 85.7±14.6, median Tegner score was 4 (range 3-5), sport activity resumption was 82.6% and objective IKDC score was A or B in 86% of patients. Only 4 patients (14%) had >5 mm manual maximum KT-2000 side-to-side difference. Statistically significant changes were: decrease in Tegner score from 5-year to 10-year follow-up from 7(range 6-8) to 4(range 3-5) (P<.0001) and decrease in Lysholm score from 10-year to 20-year follow-up from 96.1±7.3 to 85.7±14.6 (P=.0003). Radiographic evaluation demonstrated significant difference of medial joint space between injured and healthy knee in patients with concomitant medial meniscectomy (n=8; 3.2±0.6 Vs. 5.0±1.8mm; P=.0114). No significant differences were reported regarding lateral or patellofemoral joint space. Complications: one re-rupture (2%), 3/52 contralateral ACL injury (5.8%). Overall composite (objective IKDC/KT-2000/re-rupture) failure rate was 15.7% (4/29 clinical failures and 1/52 re-rupture) at final follow-up. Conclusion: Studied surgical technique demonstrated a success rate of 84.3% at 20-year minimum follow-up. The lateral extra-articular plasty associated to ACL reconstruction did not generate lateral knee or patellofemoral osteoarthritis. The factor increasing osteoarthritis was meniscectomy.
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Aspetti peculiari delle neoplasie cutanee non melanoma nei pazienti trapiantati d'organo / Peculiar features of non-melanoma skin cancers in organ transplant patients

Infusino, Salvatore Domenico <1980> 01 July 2016 (has links)
Le neoplasie cutanee non melanoma (NMSCs) hanno un’aumentata incidenza tra i pazienti trapiantati d’organo. L’obiettivo di questo studio è quello di comparare gli aspetti clinico-patologici dei NMSCs dei pazienti trapiantati con quelli dei soggetti immunocompetenti. A questo scopo abbiamo analizzato i NMSCs insorti tra i pazienti trapiantati dell’ Ambulatorio Pazienti Immunocompromessi della Dermatologia di Bologna (132 SCCs e 119 BCCs), nel periodo Gennaio 2013/Dicembre 2015, confrontandoli con un numero equivalente di NMSC (132 SCCs e 119 BCCs) insorti tra i pazienti immunocompetenti del Centro Tumori Cutanei della Dermatologia di Bologna. I pazienti trapiantati erano in media 12 anni più giovani al momento della diagnosi di NMSCs rispetto ai pazienti immunocompetenti; i tumori nei trapiantati erano più spesso multipli ed extracefalici. Una componente istologica a cellule fusate era più comune tra i CCSs dei pazienti trapiantati, una componente superficiale era invece più frequente tra i BCCs dei pazienti sottoposti a trapianto. Il decorso si è rivelato peggiore per gli SCCs dei pazienti trapiantati ma non per i BCCS. Questi risultati hanno un’implicazione diretta nella pratica clinica quotidiana. L’aumentata incidenza di NCSCs nei pazienti trapiantati e la loro distribuzione in sedi differenti rispetto ai soggetti immunocompetenti sottolineano l’importanza di un’attenta sorveglianza cutanea in questo gruppo di pazienti. Gli SCCs dei trapiantati, in particolare quelli a cellule fusate, dovrebbero richiedere un trattamento più aggressivo, che non è invece necessario per i BCCs. Infine i nostri dati sono a favore di una differente eziopatogenesi dei NMSCs nei trapiantati che potrebbero influenzare le future stategie di prevenzione e terapia. / Non-melanoma skin cancers (NMSCs) are increased in organ transplant recipients The objective of this study is to compare clinicopathologic features of transplant and immunocompetent NMSCs. For this reason we have analyzed consecutive transplant NMSCs (132 SCCs, 119 BCCs) and immunocompetent NMSCs (132 SCCs, 119 BCCs) presenting between January 2013 and December 2015. Transplant patients were 12 years younger at time of NMSC diagnosis compared with immunocompetent individuals, and transplant tumors were often more multiple and extracephalic. Spindle cell morphology was more common in transplant SCCs, a superficial component was more common in transplant BCCs. Outcome was worse for transplant SCCs but not transplant BCCs. These findings have direct implications for clinical care. The increased frequency and distribution of transplant NMSCs underscore the importance of whole-body surveillance. Transplant SCCs, particularly those with diffuse spindle cell change, may require more aggressive management, whereas transplant BCCs do not. Finally, our data support differences in the pathogenesis of transplant NMSC, which may influence future preventive and therapeutic strategies.
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Studio clinico-dermatoscopico e istopatologico di follicoliti superficiali del cuoio capelluto / Clinical, dermoscopic and histopathological study of superficial scalp folliculitis

Starace, Michela <1980> January 1900 (has links)
Questa tesi si basa su uno studio retrospettivo clinico, dermatoscopico e istopatologico sulle follicoliti superficiali del cuoio capelluto. Le follicoliti superficiali del cuoio capelluto rappresentato un gruppo di patologie di frequente riscontro nella pratica ambulatoriale, ma poco descritte in letteratura. La chiave per comprendere questo vasto argomento della tricologia è capire prima di tutto la sede e le caratteristiche dell’insulto infiammatorio a livello del follicolo pilifero. In base al tipo di processo infiammatorio si può così risalire al fattore scatenante ed impostare la terapia specifica per bloccare l’infiammazione prima di creare un danno permanente ai follicoli con alopecia cicatriziale. Lo scopo di questa tesi è descrivere le patologie che si presentano clinicamente come follicoliti del cuoio capelluto, identificarne le cause e le caratteristiche, per creare una classificazione standardizzata. Per ognuna delle patologie analizzate si è cercato di descrivere le peculiarità cliniche sia da un punto di vista obiettivo che soggettivo, gli strumenti necessari dal punto di vista diagnostico, nonché alcuni accenni di terapia, confrontando le nozioni già note con gli ultimi studi presenti in letteratura. Gli strumenti usati in questo studio sono stati di due tipi: non invasivo ed invasivo. Lo strumento non invasivo utilizzato è stata la dermatoscopia, una tecnica che consente di osservare ad alto ingrandimento il cuoio capelluto ed i capelli valutando le condizioni della cute e dei follicoli piliferi. Lo strumento di tipo invasivo utilizzato è stata la biopsia cutanea in sede di follicolite con relativo esame istologico. E’ anche stato effettuato l’esame colturale nella gran parte dei casi. Attraverso questo studio retrospettivo clinico, dermatoscopico e istopatologico abbiamo voluto raccogliere tutti i pazienti che si sono presentati con un quadro clinico di follicoliti superficiali del cuoio capelluto e cercare una correlazione tra la diagnosi dermatoscopica e la diagnosi istologica. / This study is based on a retrospective clinical, dermoscopic and histopathology study on the superficial folliculitis of the scalp. Superficial folliculitis of the scalp represented a group of diseases frequently visited in clinical practice, but a few case reports are described in the literature. Their classification can be so difficult, especially for dermatologists without trichological experience, and since today there is no standardized classification. The key to understand this diseases is to know, first of all, the inflammatory characteristics of the infiltrate of the hair follicle. On the basis of the type of inflammatory process, it is possible to find the trigger factors and gives the specific therapy to block the inflammation before creating permanent damage to the follicles with scarring alopecia. The purpose of this study is to describe the diseases that clinically occur as scalp folliculitis, identify the causes and characteristics of the disease, and create a standardized classification. For each type of folliculitis, we tried to describe the clinical features both an objective and subjective point of view, the tools for the diagnosis and the therapy, comparing what is know in the literature. The instruments used in this study were of two types: non-invasive and invasive. The non-invasive tool used was the dermoscopy, a technique that permit to observe at high magnification the scalp and hairs, evaluating the conditions of the skin and hair follicles. The invasive instrument used was skin biopsy in the site of folliculitis with histological examination. It was also performed a culture examination in most cases. Through this clinical, dermoscopic and histopathological retrospective study, we collected all the patients who presented with a clinical aspect of superficial folliculitis of the scalp and find a correlation between the dermoscopic and histological diagnosis.

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