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LA PRESENZA DI DIO NELL'ESPERIENZA DI CRESCITA UMANA: RIFLESSIONI DI TEORESI PEDAGOGICA SUL PERSONALISMO DI WILLIAM ERNEST HOCKING

PACE, LUCIANO 31 March 2011 (has links)
L’argomento di questa tesi concerne un’interpretazione in chiave pedagogico-educativa del personalismo filosofico di William Ernest Hocking, uno dei più grandi filosofi statunitensi del 1900, ma praticamente sconosciuto in Italia. La tesi ha un intento fortemente teoretico: dimostrare che gli errori in campo educativo dipendono, alle loro radici, da disordini nel pensare metafisico. Infatti, secondo Hocking l’educazione, intesa come continuo processo di umanizzazione, può essere pienamente giustificata solo dentro un orizzonte metafisico in cui possiamo riconosce sia la reale presenza di Dio dentro la Natura sia l’effettiva possibilità per la persona umana di divenire immortale. L’idea di Dio e l’idea di immortalità dell’anima” – idee annunciate universalmente dalla religione – sorgono dentro l’umana esperienza e funzionano come “chiavi ermeneutiche” per comprendere il cammino di crescita e di umanizzazione della persona. / The topic of this thesis concerns an interpretation of philosophical personalism of William Ernest Hocking, one of the most important American philosopher of 1900, in the light of pedagogical interpretation. The thesis has a highly theoretical aim: to demonstrate that educational mistakes derive, at them roots, from disorders in metaphysical thought. Indeed, according to Hocking education, as an incessant process of humanizing, can be fully justified only within a metaphysical horizon in which we can recognize both the real presence of God into Nature and the concrete possibility for human self to become immortal. Then, the idea of God and the idea of “soul’s immortality” – ideas that are universally indicated by religion – rise into human experience and work as “hermeneutical keys” to understand the process of human growth as a progress in personal humanizing.
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PERFORMANCE DIVINO-UMANA. LA CONCETTUALITA' DEL DRAMMATICO NELLA PROPOSTA TEOLOGICA DI H.U. VON BALTHASAR

BERGAMASCHI, MATTEO 25 March 2015 (has links)
La tesi è dedicata allo studio sistematico del ruolo del drammatico nell’ermeneutica teologica di H.U. von Balthasar. Essa non ricostruisce i riferimenti alla storia del teatro, al suo rapporto con le istituzioni ecclesiastiche o a tematiche di singoli autori, bensì intende verificare la potenzialità del drammatico da un punto di vista di ermeneutica teologica. Si è così studiata la funzione del drammatico non nei prolegomena alla teologia o dal punto di vista della comprensione dell’esistenza storica del soggetto umano, bensì là dove Balthasar tratta specificamente il cuore dei misteri cristiani (cristologia, soteriologia, escatologia), verificando se il riferimento al drammatico è esteriore o invece intrinseco. Si è inteso quindi determinare il concetto di dramma che unifica la riflessione balthasariana (dramma come incontro di libertà) e infine indagare quale modello teatrale sia concretamente impiegato nella teologia dogmatica dell’autore. La tesi sostiene che, nella misura in cui Balthasar si volge a descrivere i concetti cardine della dogmatica cattolica, il paradigma di riferimento non è più il teatro della rappresentazione, bensì la drammaturgia della performance. Conclude la tesi un’appendice in cui si confronta la proposta balthasariana con le opere di Artaud (nella lettura di Derrida e Nancy), Stanislavskij e Grotowski. / The thesis is a systematic study of the role of theatre and drama in the theological hermeneutics of H.U. von Balthasar. The aim is not to explain the history of theatre, the relationship between theatre and ecclesiastical institutions, or themes of particular playwrights, but to expose the relevance of dramatics for theological investigation. The work studies the scope of dramatics neither in the theological prolegomena, nor in the historical existence of human beings; it studies its function in the exposition of Christian dogmatic (Christology, soteriology, eschatology), verifying if its role is external or intrinsic. The work investigates which concept of drama is adopted in the theology of von Balthasar (drama as encounter of freedoms), and which model of theatre is used in his dogmatic. When Balthasar exposes the key concepts of catholic theology, he leaves the traditional “theatre of representation” and refers to dramatic performance. The appendix compares the theatrical model of von Balthasar to the works of Artaud (following Derrida and Nancy), Stanislavskij and Grotowski.
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LA FAGLIA DEL SIMBOLICO. FREQUENTARE IL REALE IN LACAN, DELEUZE E DERRIDA

CORNA, SARA 29 May 2018 (has links)
Il presente lavoro si propone di indagare lo sviluppo di alcuni concetti chiave dell’insegnamento di Jacques Lacan. In particolare, si è messa alla prova la legge del significante, l’azione del linguaggio nella dinamica di soggettivazione messa in campo dallo psicoanalista francese. L’irruzione della nozione di godimento (jouissance) nel registro del simbolico obbliga a ripensare il rapporto fra l’orizzonte dell’Altro e quello dell’Uno, il rapporto fra simbolico e reale, nella costituzione del soggetto. L’ipotesi che muove questa ricerca è che per tentare di rintracciare la piega del reale nell’insegnamento lacaniano sia necessario lasciarsi guidare dal pensiero di due grandi filosofi del Novecento: Gilles Deleuze e Jacques Derrida. È nel rapporto fra questi tre pensatori francesi che si è potuta rilanciare la partita della soggettività come nucleo inaggirabile che unisce filosofia e psicoanalisi. / The dissertation investigates the development the most important contributions of Jacques Lacan to the field of philosophy and psychoanalysis. In particular, it focuses on the law of the signifier, namely, the role that language plays in the formation of the subject. The work also explores how Lacan’s insistence on the relationship between jouissance and the symbolic realm has an impact on the way he thinks about the formation of the subject and about the relationship between the Other, the symbolic, and the real. In order to understand real’s role in Lacan’s thought, the dissertation argues, it is necessary to consider the work of two important philosophers, Gilles Deleuze and Jacques Derrida, as they both show that subjectivity constitutes the unavoidable nexus between philosophy and psychoanalysis.
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L’altro « partage ». Georges Bataille e l’ecologia

Berlantini, Germana 25 June 2022 (has links)
Questa tesi si propone come una rilettura dell'opera filosofica di Georges Bataille alla luce delle grandi emergenze ecologiche del nostro tempo e a partire dal problema della divisione tra natura e cultura. Negli ultimi vent'anni, l'opera di Georges Bataille ha incontrato un rinnovato interesse in alcune branche della filosofia e delle scienze sociali che riflettono sulla categoria dell'Antropocene e sulle forme del tardo capitalismo, a metà strada tra incubo climatico e tecno-premetismo. Il fascino di questo pensiero dipende dalle risonanze che esso riesce a stabilire con alcuni dei nodi politici e teorici più attuali: la critica e il superamento dell'antropocentrismo, la modellizzazione degli scambi tra ambiente ed esseri umani, la convivenza con le catastrofi. Il nostro lavoro evidenzia il dispiegamento di una catena di dualismi (continuo e discontinuo, interno ed esterno, eterogeneo e omogeneo) che intersezionano la divisione tra natura e cultura, creando un inedito spazio di incontro tra un certo ricorso al naturalismo e un pensiero dell’animazione. Le fonti scientifiche, antropologiche e filosofiche di quest’opera sono analizzate in profondità per farne emergere le consonanze con i temi più attuali della filosofia ambientale contemporanea. Interpretando i dualismi bataillani come il dispiegamento di un pensiero della biforcazione ontologica e cosmologica della modernità, ne esploriamo le possibili implicazioni per una riflessione ecologica all'altezza della congiuntura presente.
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Professione e ordine. Per una storia dell'etica professionale

Faitini, Tiziana January 2014 (has links)
Scopo di questa ricerca è interrogarsi sulla storia del campo di problematizzazione dell'etica professionale e sulle condizioni di possibilità per il darsi di un tale campo, nella convinzione che ciò consenta di riflettere da una prospettiva critica meno usuale sulla rilevanza politica del lavoro, che funge indubbiamente - nella società occidentale contemporanea - da elemento essenziale di inclusione esplicandosi come funzione normata di produzione di identità politico-sociale. Dopo aver reso conto dell'attuale dibattito in materia di etica e deontologia professionale, dei suoi immediati antecedenti e della sua relazione di affinità rispetto al contesto socioeconomico in cui esso matura, l'attenzione si concentra pertanto su una ricostruzione storica del concetto di professione che – ragionando non tanto sul versante weberiano del Beruf quanto su quello latino della professio, con speciale riferimento alla professio census e alla tematizzazione de officiis – muove dal diritto romano e dal pensiero patristico risalendo fino all'esperienza medievale, alla trattatistica della Controriforma e al graduale emergere di un'etica professionale in senso stretto sul finire del Settecento, per provare a chiarire nei termini di “inclusione nell'ordine” quell'intreccio tra radice teologica, politica ed economica che aiuta a comprendere il rilievo che alla professione è stato via via riconosciuto sul piano etico e politico-sociale.
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FINO AL SACRIFICIO. LA CONDIZIONE MORALE DELL'UOMO SECONDO VLADIMIR JANKÉLÉVITCH

MANIEZZI, GIULIA 20 April 2017 (has links)
Il presente lavoro ha per oggetto la filosofia morale di Vladimir Jankélévitch e, specificatamente, l’arco teorico che dalla metafisica porta all’etica. Tale lavoro mira a mettere a fuoco la domanda fondamentale della morale di Jankélévitch e, contestualmente, a mostrarne l’ancoramento nella prospettiva metafisica dell’Autore. L’obiettivo ultimo della ricerca, in sintesi, è rendere ragione della coincidenza tra morale e filosofia prima teorizzata da Vladimir Jankélévitch. L’ipotesi guida della ricerca è che il fondamento di tale coincidenza sia da rintracciare nelle pagine di Philosophie première, testo del 1954 in cui Jankélévitch compie due mosse teoriche decisive. In primo luogo, presenta l’Assoluto come Faire-être sans être e secondariamente lo qualifica come atto puro rispetto al quale l’atto umano è impuro. Unitamente alla ricostruzione della proposta metafisica dell’Autore, allora, è l’analisi del significato filosofico degli aggettivi puro e impuro che ha permesso di mostrare due punti. Innanzitutto, che la domanda di fondo di Jankélévitch in sede morale riguarda la possibilità per l’uomo di fare esperienza dell’Assoluto. In secondo luogo, che la risposta di Jankélévitch a tale interrogativo è affermativa e che l’articolazione di tale riposta passa attraverso la nozione di sacrificio per amore. / This research focuses on the moral philosophy of Vladimir Jankélévitch and, in particular, on the theoretical relation between metaphysics and morality. This work aims to clarify the essential question of Jankélévitch’s moral philosophy and, at the same time, to show the close link of this question with Jankélévitch’s metaphysical perspective. The main aim of this research is to present and to explain the reasons why Jankélévitch asserts that ethics is first philosophy. The core hypothesis is that the foundation of this assessment could be found in the pages of Philosophie première, where, in 1954, Jankélévitch proposes two decisive arguments. First of all, he presents the Absolute as Faire-être sans être and, secondly, he qualifies the Absolute as pure Act with regard to which every human act is impure. In addition to the critical presentation of Jankélévitch’s metaphysics, the analysis of the philosophical meaning of the adjectives pure and impure allows to show two points. Firstly, it shows that the fundamental question of Jankélévitch’s ethics concerns the human possibility to experience the Absolute. Secondly, it demonstrates that Jankélévitch’s answer to this question is affirmative and it is centred on the notion of loving sacrifice.
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LA QUESTIONE MORALE IN ‘ABID AL‐JĀBIRĪ / Jabri’s theory of moral philosophy

MINETTI, STEFANO 11 April 2011 (has links)
La tesi illustra il pensiero del filosofo marocchino contemporaneo M.A. al-Jābirī (al-Jabri), uno dei principali filosofi arabi del XX secolo. Dopo una breve introduzione, la tesi illustra la struttura teoretica del pensiero di Jabiri e, dopo averlo contestualizzato nel panorama della filosofia araba contemporanea, si concentra sulla questione morale, illustrando come il pensatore marocchino ritenga si sia evoluta la filosofia morale in ambito arabo islamico. L’analisi si caratterizza per un approccio storico-filologico, benché i contributi teoretici elaborati da Jabri non siano trascurabili. Segue un ultimo capitolo che mette in evidenza alcune delle critiche mossegli – in particolare da un autore arabo, George Tarabishi, e da uno studioso italiano, Massimo Campanini – rispetto alla visione di Jabri. La tesi si conclude con alcune riflessioni personali del redattore di tesi. / The thesis illustrates the thinking of contemporary Moroccan philosopher M.A. al- Jābirī (al-Jabri), a major Arab philosopher of the twentieth century. After a brief introduction, the thesis presents the theoretical structure of his thought. Then it contextualizes Jabri’s thought in the framework of contemporary Arab philosophy. The second chapter focuses on Jabri’s theory of moral philosophy, illustrating how the Moroccan thinker considers the developing of moral philosophy through the ages in the Arab Islamic context. The analysis is characterized by a philological-historical approach, although theoretical contributions developed by Jabri are not negligible. A final chapter follows to highlight some of the criticisms made against him - in particular by an Arab author, George Tarabishi, and an Italian scholar Massimo Campanini - compared to the vision of Jabri. The thesis concludes with some personal reflections of the editor.
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«SOLO CIÒ CHE FRUTTIFICA E' VERO» FENOMENO E STRUTTURA IN HEINRICH ROMBACH / "Only that which is fruitful is true". Phenomenon and structure in Heinrich Rombach.

ROSSI, STEFANO FABIO 04 July 2017 (has links)
La tesi prende in considerazione l'opera di H.Rombach (1923-2004) come esempio di sviluppo di alcune tesi heideggeriane e recupero di una certa tradizione filosofica tedesca che proprio la grande fama di Heidegger ha contribuito a rendere non operativa. / The thesis takes into consideration the work of H. Rombach (1923-2004) as a development of some Heideggerian intuitions, along with the recovery of some aspects of the German philosophical tradition that the great fame of Heidegger has contributed to obscure
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INTERSOGGETTIVITA', AMORE ED ETICA IN E. HUSSERL. DALLA PORTATA ETICA DELL'ESPERIENZA INTERSOGGETTIVA ALLA RILEVANZA INTERSOGGETTIVA DELL'AMORE

CABRA, GIULIA 23 October 2020 (has links)
Edmund Husserl tratta l’etica e l’intersoggettività separatamente e con scopi diversi. Allo stesso tempo, nei suoi testi sono presenti indizi di una mutua connessione tra tali ambiti. Nel mio lavoro intendo chiarire come sia interpretabile tale connessione. In particolare, considero che l’affermazione husserliana del valore della relazione e del dovere di promuoverla indica che il soggetto può realizzare attivamente la dimensione intersoggettiva in cui si trova solo attraverso una scelta a favore della relazione. Tale scelta presuppone l’esperienza del valore altrui. Mi chiedo quindi quali siano le condizioni dell’esperienza della rilevanza assiologica ed etica dell’altro e della relazione con lui. Per rispondere a questa domanda, mi rivolgo a due ambiti della fenomenologia trascendentale di Husserl: la teoria dell’intersoggettività e le analisi etiche. Attraverso la prima, valuto se gli strati costitutivi dell’esperienza intersoggettiva abbiano una rilevanza assiologica. Tuttavia, dati i limiti di una considerazione etica della teoria dell’intersoggettività, mi rivolgo alle analisi etiche per ulteriori approfondimenti. Esse mostrano che il valore dell’altro e il dovere nei suoi confronti sono colti dall’atto emotivo dell’amore e che l’amore a sua volta è fondato nel coglimento dell’altro come soggetto trascendentale. Così facendo chiarifico la mutua connessione tra etica e teoria dell’intersoggettività in Husserl. / Edmund Husserl treats ethics and intersubjectivity separately and with different purposes. At the same time, he disseminates clues of their interconnectedness throughout his works. In my dissertation, I aim to elucidate how to interpret their connection. In particular, I argue that Husserl’s insistence on the value of relationship and on the duty to promote it indicates that the subject can actively realize the intersubjective dimension in which it is situated only through a choice in favour of the relationship. This choice presupposes the experience of the value of the other. I thus ask which are the conditions of the experience of the axiological and ethical relevance of the other and of the relationship with it. To answer this question, I turn to two areas of Husserl’s transcendental phenomenology: his theory of intersubjectivity and his ethical analyses. Through the first, I assess whether the constitutive levels of intersubjective experience have axiological relevance. However, given the limits pertaining to an ethical consideration of his theory of intersubjectivity, I move to Husserl’s ethical analyses for further insights. These analyses show that the value of the other and the duty towards it are captured by the emotional act of love, and that love is in turn grounded on grasping the other as a transcendental subject. I thereby shed light on the interconnectedness of Husserl’s ethics and theory of intersubjectivity.
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Against the Backdrop of Sovereignty and Absolutism: The Theology of God's Power and Its Bearing on the Western Legal Tradition, 1100-1600

Traversino Di Cristo, Massimiliano January 2016 (has links)
In focusing on the theology of God's power, this dissertation neither presents an exhaustive historical biography of political theology nor exalts its career in the Western history of ideas. Rather, it attempts to determine the degree to which the modern fate of this field depended on the dialectic of the distinction between two separate types of God's power. To this end, I explore employments and embodiments of this power over a number of centuries. The mediaeval investigation into God's attributes was originally concerned with the problem of divine almightiness, but underwent a slow but steady displacement from the territory of theology to the freshly emerging proceedings of legal analysis. Here, based on the distinction between potentia Dei absoluta and ordinata (God's absolute and ordered power), late-mediaeval lawyers worked out a new terminology to define the extent of the power-holder's authority. This effort would give rise, during the early modern era, to the gradual establishment of the legal-political framework represented by the concepts of the prince and sovereignty. In covering the time from Peter Damian (d. 1072) to Alberico Gentili (d. 1608), I demarcate the limits of this evolution as well as its thematic direction. Damian illustrates how mediaeval theologians' introduction of the distinction potentia Dei absoluta/ordinata extended the horizon of what is feasible for God, while Gentili confronts us by placing the most spectacular consequences of the emerging question in the normative realms of law and politics. I conclude that the question of potentia Dei finally emerges as the Archimedean point from which the account of the history of the European legal tradition is supplemented with its structuring twofoldness - through, for example, such binomial conceptual tensions as centralism/authonomy, legislative/judicial authority, and written/unwritten law.

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