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Monumenti funerari romani ad edicola in Italia settentrionale

Negretto, Francesco <1974> 05 June 2009 (has links)
La ricerca ha analizzato i monumenti funerari ad edicola in Italia settentrionale, una categoria funeraria monumentale diffusa ed importante; sono stati presi in considerazione sia quelli in ottimo stato di conservazione sia quelli attestati da poche membrature superstiti, per un totale di circa quaranta esemplari. La schedatura del materiale è servita per comprendere diversi aspetti inerenti alla diffusione di questa importante forma architettonica nel territorio preso in esame: le numerose varianti architettoniche adottate, specificatamente quella a edicola quadrangolare e quella a tholos circolare; la diffusione geografica in senso assoluto e rapportata alle diverse varianti, approfondita anche per alcune caratteristiche decorative singolari; la diffusione cronologica; la committenza che si è rivolta a questo genere di monumenti funerari; l’influenza esercitata e subita rispetto ad altre forme coeve e successive di sepolture.
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Genesi e trasformazioni urbane in Caonia tra l'Età Tardoclassica ed Ellenistica

Bogdani, Julian <1979> 04 June 2009 (has links)
No description available.
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Il dominio romano in Dalmatia: diffusione del modello urbano e culturale

Campedelli, Alessandro <1975> 02 July 2010 (has links)
I viaggi e gli studi compiuti in Croazia, Montenegro e Bosnia Erzegovina in occasione della Tesi di Laurea hanno costituito l’occasione per comprendere quanto sia consistente il retaggio di Roma antica sulla sponda orientale dell’Adriatico. Nello stesso tempo si è potuto constatare che, per diversi motivi, dal punto di vista prettamente scientifico, la ricchezza di questo patrimonio archeologico aveva sino allora trovato soltanto poche occasioni di studio. Da qui la necessità di provvedere a un quadro completo e generale relativo alla presenza romana in un territorio come quello della provincia romana di Dalmatia che, pur considerando la sua molteplicità geografica, etnica, economica, culturale, sociale e politica, ha trovato, grazie all’intervento di Roma, una sua dimensione unitaria, un comune denominatore, tanto da farne una provincia che ebbe un ruolo fondamentale nella storia dell’Impero. Il lavoro prende le mosse da una considerazione preliminare e generale, che ne costituisce quasi lo spunto metodologico più determinante: la trasmissione della cultura e dei modelli di vita da parte di Roma alle altre popolazioni ha creato un modello in virtù del quale l’imperialismo romano si è in certo modo adattato alle diverse culture incontrate ed assimilate, dando vita ad una rete di culture unite da elementi comuni, ma anche profondamente diversificate per sintesi originali. Quella che pare essere la chiave di lettura impiegata è la struttura di un impero a forma di “rete” con forti elementi di coesione, ma allo stesso tempo dotato di ampi margini di autonomia. E questo a cominciare dall’analisi dei fattori che aprirono il cammino dell’afflusso romano in Dalmatia e nello stesso tempo permisero i contatti con il territorio italico. La ricerca ne analizza quindi i fattori:il diretto controllo militare, la costruzione di una rete viaria, l’estensione della cittadinanza romana, lo sviluppo della vita locale attraverso la formazione di una rete di municipi, i contatti economici e l’immigrazione di genti romanizzate. L’analisi ha posto in evidenza una provincia caratterizzata da notevoli contraddizioni, che ne condizionarono – presso entrambi i versanti del Velebit e delle Alpi Dinariche – lo sviluppo economico, sociale, culturale e urbanistico. Le profonde differenze strutturali tra questi due territori rimasero sempre presenti: la zona costiera divenne, sotto tutti i punti di vista, una sorta di continuazione dell’Italia, mntre quella continentale non progredì di pari passo. Eppure l’influenza romana si diffuse anche in questa, così che essa si pote conformare, in una certa misura, alla zona litoranea. Come si può dedurre dal fatto che il severo controllo militare divenne superfluo e che anche questa regione fu dotata progressivamente di centri amministrati da un gruppo dirigente compiutamente integrato nella cultura romana. Oltre all’analisi di tutto ciò che rientra nel processo di acculturazione dei nuovi territori, l’obiettivo principale del lavoro è l’analisi di uno degli elementi più importanti che la dominazione romana apportò nei territori conquistati, ovvero la creazione di città. In questo ambito relativamente periferico dell’Impero, qual è il territorio della provincia romana della Dalmatia, è stato dunque possibile analizzare le modalità di creazione di nuovi centri e di adattamento, da parte di Roma, ai caratteri locali dell’insediamento, nonché ai condizionamenti ambientali, evidenziando analogie e differenze tra le città fondate. Prima dell’avvento di Roma, nessuna delle regioni entrate a far parte dei territori della Dalmatia romana, con la sola eccezione della Liburnia, diede origine a centri di vero e proprio potere politico-economico, come ad esempio le città greche del Mediterraneo orientale, tali da continuare un loro sviluppo all’interno della provincia romana. In altri termini: non si hanno testimonianze di insediamenti autoctoni importanti che si siano trasformati in città sul modello dei centri provinciali romani, senza aver subito cambiamenti radicali quali una nuova pianificazione urbana o una riorganizzazione del modello di vita locale. Questo non significa che la struttura politico-sociale delle diverse tribù sia stata cambiata in modo drastico: almeno nelle modeste “città” autoctone, nelle quali le famiglie appaiono con la cittadinanza romana, assieme agli ordinamenti del diritto municipale, esse semplicemente continuarono ad avere il ruolo che i loro antenati mantennero per generazioni all’interno della propria comunità, prima della conquista romana. Il lavoro mette compiutamente in luce come lo sviluppo delle città nella provincia abbia risentito fortemente dello scarso progresso politico, sociale ed economico che conobbero le tribù e le popolazioni durante la fase pre-romana. La colonizzazione greca, troppo modesta, non riuscì a far compiere quel salto qualitativo ai centri autoctoni, che rimasero sostanzialmente privi di concetti basilari di urbanistica, anche se è possibile notare, almeno nei centri costieri, l’adozione di tecniche evolute, ad esempio nella costruzione delle mura. In conclusione questo lavoro chiarisce analiticamente, con la raccolta di un’infinità di dati (archeologici e topografici, materiali ed epigrafici, e desunti dalle fonti storiche), come la formazione della città e l’urbanizzazione della sponda orientale dell’adriatico sia un fenomeno prettamente romano, pur differenziato, nelle sue dinamiche storiche, quasi caso per caso. I dati offerti dalla topografia delle città della Dalmatia, malgrado la scarsità di esempi ben documentati, sembrano confermare il principio della regolarità degli impianti urbani. Una griglia ortogonale severamente applicata la si individua innanzi tutto nelle città pianificate di Iader, Aequum e, probabilmente, anche a Salona. In primis nelle colonie, quindi, ma non esclusivamente. Anche numerosi municipi sviluppatisi da insediamenti di origine autoctona hanno espresso molto presto la tendenza allo sviluppo di un sistema ortogonale regolare, se non in tutta l’area urbana, almeno nei settori di più possibile applicazione. Ne sono un esempio Aenona, Arba, Argiruntum, Doclea, Narona ed altri. La mancanza di un’organizzazione spaziale regolare non ha tuttavia compromesso l’omogeneità di un’attrezzatura urbana tesa alla normalizzazione, in cui i componenti più importanti, forum e suoi annessi, complessi termali, templi dinastici e capitolia, si avviano a diventare canonici. Le differenze più sensibili, che pure non mancano, sembrano dipendere dalle abitudini delle diverse etnie, dai condizionamenti topografici e dalla disponibilità finanziaria dei notabili. Una città romana non può prendere corpo in tutta la sua pienezza solo per la volontà del potere centrale. Un progetto urbanistico resta un fatto teorico finché non si realizzano le condizioni per cui si fondano due fenomeni importantissimi: uno socio-culturale, che consiste nell’emergenza di una classe di notabili “fortunati” desiderosi di dare a Roma dimostrazioni di lealtà, pronti a rispondere a qualsiasi sollecitazione da parte del potere centrale e addirittura ad anticiparlo; l’altro politico-amministrativo, che riguarda il sistema instaurato da Roma, grazie al quale i suddetti notabili possono godere di un certo potere e muoversi in vista della promozione personale nell’ambito della propria città. Aiuti provenienti dagli imperatori o da governatori provinciali, per quanto consistenti, rimangono un fatto non sistematico se non imprevedibile, e rappresentano comunque un episodio circoscritto. Anche se qualche città risulta in grado di costruire pecunia publica alcuni importanti edifici del quadro monumentale, il ruolo del finanziamento pubblico resta relativamente modesto. Quando la documentazione epigrafica esiste, si rivela che sono i notabili locali i maggiori responsabili della costruzione delle opere pubbliche. Sebbene le testimonianze epigrafiche siano scarse e, per la Dalmatia non sia possibile formulare un quadro completo delle committenze che favorirono materialmente lo sviluppo architettonico ed artistico di molti complessi monumentali, tuttavia è possibile osservare e riconoscere alcuni aspetti significativi e peculiari della provincia.
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Tipologia e diffusione delle produzioni ceramiche in Romagna tra XIII e XV secolo / Typology and distribution of ceramics production in Romagna between XIII and XV century

Lo Mele, Elvira <1978> 21 July 2015 (has links)
In questo lavoro si è avuta la possibilità di studiare e confrontare i reperti ceramici provenienti da tre recenti scavi condotti nella zona della Romagna dall’Università di Bologna: il monastero di San Severo a Classe (RA), il castello di Rontana (Brisighella-RA) e la pieve di S. Reparata a Terra del Sole (FC). Si tratta di scavi ancora inediti differenti tra loro sia per connotazione distrettuale di appartenenza che per tipologia insediativa La cesura cronologica che si è preso in esame va dal XIII a XV secolo. Il XIII secolo corrisponde a un periodo in cui si assiste ad una riapertura dei trasporti a lunga distanza e si diffonde la tendenza al trasferimento dei saperi tecnici da Oriente verso Occidente, fenomeno che include l’introduzione di nuove tecnologie produttive in campo ceramico come l’ingobbio e la maiolica in diversi centri urbani. Si passa poi attraverso il XIV secolo, momento in cui alcune produzioni, come quella della maiolica, raggiungono la loro massima diffusione, con una diversificazione qualitativa dei prodotti, raggiungendo anche l’ambito rurale, e si assiste alla moltiplicazione dei centri di produzione. Si arriva così al XV secolo periodo in cui iniziano ad affermarsi dei veri e propri centri produttivi “industriali”, rappresentativi anche di una specializzazione regionale dei prodotti di qualità medio-alta. La possibilità di confrontare materiali di siti così differenti tra loro ha dato modo di sottolineare analogie e differenze anche tra città e campagna, in un territorio come quello romagnolo che ancora risente del peso della lunga tradizione antiquaria che ha caratterizzato gli studi fino al secolo scorso. / This research has allowed to study and compare the pottery artefacts from three recent excavations carried out by the University of Bologna, in the area Romagna at the sites of: the monastery of San Severo in Classe (Ravenna), the castle of Rontana (Brisighella, Ravenna) and thePieve of S. Reparata a Terra del Sole (Forlì-Cesena). These are yet unpublished works, but they differ in their territory and location, as well as the typology of settlement. The chronological range examined in this work is the period between the 12thand the 15th century. The 13th century corresponds to the reopening of long distance trade and transport that allow exchange of technological knowledge from the Orient into the Western world. This phenomenon includes the introduction of new production techniques, such as slipware and majolica now manufactured in several towns. Later, into the 14th century, some fabrics, like majolica, reach the highest diffusion, with qualitative differentiation of the products that reached also rural areas; during this period, it is possible to witness to multiplication of production centres. It is during the 15th century that well organised “industrial” productions centres did establish for the production of medium-high quality products. The chance of comparing materials that are so dissimilar allowed us to underline analogies and difference also when comparing city and countryside locations in a territory, like that of Romagna, that still suffers of the long antiquarian tradition that characterised the study of this subject until the end of the last century.
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Il Dionisismo nelle comunità puniche: il caso di Mozia / Dionysism in Phoenician and Punic communities: the Mozia case

De Vita, Paola <1981> 09 September 2013 (has links)
La ricerca sul «Dionisismo nelle comunità fenicie e puniche: il caso di Mozia» prende in considerazione le diverse attestazioni del dionisismo quale si evidenziano, con le sue ricadute politiche e cultuali, nelle comunità fenicie e puniche della Sicilia, della Sardegna e della stessa Cartagine. Accanto ad una lettura testuale utile alla storicizzazione contestualizzata del fenomeno, fra cui lo stesso pitagorismo, si propone un corpus che comprende prodotti delle categorie artigianali che restituiscono iconografie di’ambientazione dionisiaca, testimonî dell'adozione sociale e pubblica di una cultualità la cui origine si mostra sempre più vicina a contesti vicino-orientali. Da una rilettura storicizzata del dionisismo, quindi, si mettono in evidenza con un approccio multidisciplinare e comparativistico le caratteristiche del culto, di cui si sottolinea fra l’altro la componente ctonia. In particolare il santuario tofet, con le sue recenti riletture di santuario cittadino e pluricultuale, sembra proporre analogie fra il mlk e la ritualità dionisiaca. Analogie che confermano la vocazione mediterranea ed interculturali delle comunità fenicie e puniche e che in più di un caso daranno luogo a sincretismi che si trasmetteranno sino ed oltre l’età romana. In questo colloquio interetnico Mozia svolge un ruolo non secondario insieme a Selinunte, vero e proprio laboratorio del sincretismo cultuale della Sicilia Occidentale pre-romana, dove i culti di Zeus Melichios e di Demetra si pongono come realtà rituali fra le più utili alla coesione sociale, quell’analoga coesione solciale elitaria perseguita dal dionisismo. / The research on “Dionysism in Phoenician and Punic communities: the Mozia case” takes into consideration the different attestations of Dionysism that emerge, with their political and cultural relapses, in the Phoenician and Punic communities of Sicily, Sardinia and Carthage herself. Beside a textual reading useful to a contextualized historicization of the phenomenon, including Pythagorism itself, it is here set a corpus that includes products of the handicraft classes that return iconographies of Dionysiac scenery, evidences of the social and public adoption of a creed whose origins appear increasingly closer to Near-East contexts. A historicized reading of Dionysism is thus to point out, with a multidisciplinary and comparative approach, the features of the cult, of which is underlined the Chthonic element. In particular, the tofet sanctuary, with its recent reinterpretation as urban shrine, seems to suggest analogies between the mlk and the Dionysiac rituals. Analogies that confirm the mediterranean and intercultural vocation of the Phoenician and Punic communities and that, in more than a case, will give cause for syncretisms that will pass on to the Roman age and beyond. In this interethnical exchange Mozia plays a primary role jointly with Selinunte, true laboratory of the cultural syncretism of pre-Roman West Sicily, where the cults of Zeus Melichios and Demeter stay as some of the most useful ritual realities for social cohesion; that similar elitist social cohesion pursued by Dionysism.
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I sistemi di copertura in Messapia nella fase arcaica. Contributo allo studio dell'edilizia domestica / Roofs in Messapia in Archaic Period

QUARTA, ALESSANDRO 04 April 2008 (has links)
Il lavoro affronta la problematica dei sistemi di copertura in messapia in età arcaica. Dopo una preliminare storia della ricerca nel settore ed un inquadramento metodologico dello studio si analizzano i materiali di copertura di s. Vito dei Normanni (BR) e di Cavallino (LE). Le recenti indagini archeologiche nei due siti hanno offerto nuovi dati sull'architettura ed il modo di abitare in età arcaica. A Cavallino è stato individuato un sistema di copertura sul modello laconico con l'impiego di soli coppi disposti alternativamente. A s. Vito dei Normanni la copertura degli edifici è più complessa. I tetti disponevano di tegole piatte con alette laterali rialzate e coppi utilizzati come coprigiunti tra le commettiture. In questo sito, lo studio analitico dei crolli durante lo scavo archeologico ha permesso di ricostruire la tecnica costruttiva dell'alzato ed i materiali impiegati. E' stato possibile individuare anche una prima forma di decorazione architettonica. I dati archeologici hanno consentito l'elaborazione di una ricostruzione grafica del grande edificio di s. Vito dei Normanni. Il lavoro è completato da un'appendice sull'architettura rurale salentina, valido modello di confronto per lo studio delle soluzioni architettoniche. Un paragrafo affronta il problema delle incisioni su tegole e coppi chiarendo come spesso si tratti di semplici marche da montaggio. / Analysis of roofs in messapia in archaic period. after a preliminary history of researches in the field and of methodology's discussion, the author examines the architectural material from san vito dei normanni (Br) and Cavallino (LE).
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LE NECROPOLI DI AQUILEIA ROMANA. ANALISI TOPOGRAFICA E MONUMENTALE / THE NECROPOLIS OF ROMAN AQUILEIA. TOPOGRAPHIC AND MONUMENTAL ANALISYS

GOBBO, BEATRICE 16 April 2010 (has links)
La ricerca analizza l’assetto delle necropoli romane di Aquileia, dal punto di vista dell’organizzazione spaziale, delle tipologie monumentali e della committenza delle tombe. Si prendono in considerazione le evidenze di carattere funerario di cui sia noto il luogo di provenienza. Si evince che i monumenti si disponevano lungo le sei strade principali in uscita dalla città, ma anche presso la viabilità secondaria a nord-est di Aquileia. In tutti i casi il tratto più vicino alle mura (entro 0,5-1 km) risulta il più ricco di testimonianze. La monumentalizzazione di questo settore va ascritta omogeneamente all’inizio dell’età imperiale, quando lo spazio viene occupato da ampi recinti con tombe erette in posizione di massima visibilità. A tale dinamica si accompagna una razionale divisione degli spazi lungo tutto il tracciato, disciplinata apparentemente con più rigore nella misura in agro, in particolare nel tratto più vicino alle mura. Si è notata la concentrazione di tombe monumentali in corrispondenza di ponti (necropoli della via Annia) e incroci stradali (necropoli nord-orientali). Monumenti di alto livello di età tardo-repubblicana e primo-imperiale (mausolei, edicole con statue) si sono osservati in località a circa 1-1,5 km dalla città lungo la viabilità nord- e sud-occidentale. Lo sfruttamento più intenso è riconoscibile nella necropoli lungo la strada verso la Pannonia, dove si registra un alto numero di altari funerari monumentali databili tra i primi decenni del I sec. d.C. e l’età traianea. I committenti sono soprattutto soldati e commercianti, che lungo questa direttrice svolgevano le loro attività professionali. Lo sfruttamento delle necropoli è diversificato nel tempo: quelle settentrionali mostrano una flessione delle testimonianze dopo i primi due decenni del II sec. d.C., mentre la via Annia (restaurata da Massimino il Trace) e la via meridionale (forse legata allo sviluppo di Grado) conservano abbondanti tracce di frequentazione fino al IV secolo, con numerose attestazioni di stele, ampiamente utilizzate fin dal I sec. d.C., oltre che di sarcofagi. / In this work we analyse the organisation of the Roman necropolis of Aquileia, by considering both topographical and monumental aspects. We consider spatial organisation of the sepulchral system, typology of the monuments, social status of the owners. Only attestations with a certified location are taken into account. The tombs are found to be positioned along the six main ways leading out from the city, but also along a secondary road, north-east from the city walls. All necropolis show a larger density of monuments within the first km from the city gates. The monumental development of these areas has to be ascribed to the beginning of the Imperial age. Wide sepulchral enclosures spread out in that period, with great tombs built up in a preminent and visible location. At the same time, most of space dedicated to burial purposes is partitioned in regular plots: near city walls this mainly concern the in agro dimension. A concentration of noteworthy monuments is observed in the vicinity of bridges (via Annia necropolis) and crossroads (north-eastern necropolis). Several aediculae and mausoleums of late Republican age and early Imperial age are found in areas at about 1-1,5 km from the city along north- and south-west ways. The largest number ot attentations is found in the necropolis along the road to Pannonia. Hence, we infer that this necropolis was the most exploitated one from the first decades of I century A.D. up to Trajan’s age. Great funerary altars with depictions at their sides are raised especially by soldiers and traders, whose professional activities gravitate around this road. Concerning the period of exploitation, we note differences between necropolis. The north- and north- eastern ones show a decrease of attestations after first two decades of II century A.D., maybe related to the changed political situation of the northern provinces. On the contrary, necropolis of via Annia (restored by Maximinus Thrax) and along southern ways (probably as consequence of the increasing importance of the neighboring town of Grado) appear to be used up to the beginning of IV century A.D. The most common types of monuments in this period are stelae (that were widely used in Aquileia from I century A.D.) and sarcophagi.
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Ravenna e i piu' significativi centri dell'Impero. Il mosaico parietale tra V e VI secolo: Revisione critica / Ravenna and the most important centers of the Empire. Wall mosaics between the Vth and VIth century: critical review.

Sotira, Letizia <1978> 17 July 2014 (has links)
Tra il V ed il VI secolo, la città di Ravenna, per tre volte capitale, emerge fra i più significativi centri dell’impero, fungendo da cerniera tra Oriente e Occidente, soprattutto grazie ai mosaici parietali degli edifici di culto, perfettamente inseriti in una koinè culturale e artistica che ha come comune denominatore il Mar Mediterraneo, nel contesto di parallele vicende storiche e politiche. Rispetto ai ben noti e splendidi mosaici ravennati, che insieme costituiscono senza dubbio un unicum nel panorama artistico dell’età tardoantica e altomedievale, nelle decorazioni musive parietali dei coevi edifici di culto dei diversi centri dell’impero d’Occidente e d’Oriente, e in particolare in quelli localizzati nelle aree costiere, si possono cogliere divergenze, ma anche simmetrie dal punto di vista iconografico, iconologico e stilistico. Sulla base della letteratura scientifica e attraverso un poliedrico esame delle superfici musive parietali, basato su una metodologia interdisciplinare, si è cercato di chiarire l’articolato quadro di relazioni culturali, ideologiche ed artistiche che hanno interessato e interessano tuttora Ravenna e i vari centri della tarda antichità, insistendo sulla pluralità, sulla complessità e sulla confluenza di diverse esperienze artistiche sui mosaici di Ravenna. A tale scopo, i dati archeologici e artistici sono stati integrati con quelli storici, agiografici ed epigrafici, con opportuni collegamenti all’architettura, alla scultura, alle arti decorative e alle miniature, a testimonianza dell’unità di intenti di differenti media artistici, orientati, pur nella diversità, verso le medesime finalità dogmatiche, politiche e celebrative. Si tratta dunque di uno studio di revisione e di sintesi sui mosaici parietali mediterranei di V e VI secolo, allo scopo di aggiungere un nuovo tassello alla già pur vasta letteratura dedicata all’argomento. / Between the Vth and VIth century, Ravenna, three times capital city, stands out among the most important centers of the Empire: it’s a bridge between East and West, especially thanks to the wall mosaics of the places of worship, since mosaic art in Ravenna fits perfectly into a cultural and artistic koinè that has the Mediterranean Sea as a common denominator in a similar context of parallel historical and political events. These beautiful and well known mosaics of the Adriatic city, which really look unique in the artistic panorama of the Late Antiquity and the early Middle Ages, can offer an interesting comparison with the contemporary parietal decorations in the various centers of the West and the East, and in particular those located in the coastal areas. It’s possible therefore to see differences, and also similarities from the point of view of the iconography, iconology and style. On the basis of the scientific literature and through a polyhedrical examination of the wall mosaic, founded on interdisciplinary methodology, I’ve tried to clarify the complex network of cultural, ideological and artistic works that have involved and still involve Ravenna and the various centers of Late Antiquity, focusing on the plurality, complexity and the confluence of different artistic experiences. For this purpose, artistic and archaeological data have been integrated with historical, hagiographical and epigraphic ones, with appropriate references to architecture, sculpture, decorative arts and miniatures, in order to witness the unity of intent of different artistic media, which, despite the diversity, are oriented towards the same dogmatic, political and celebratory purposes. In conclusion, the main aim of this study is to offer a review and a synthesis of the Mediterranean wall mosaics of the Vth and VIth century, in order to add another “tessera” to the already vast literature written on this topic.
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Storiografia dei restauri musivi e architettonici relativi al battistero neoniano di Ravenna

Sarasini, Federica <1976> 09 June 2008 (has links)
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Laconia e Messenia in Età Tardoantica e Protobizantina: l'edificio di culto e l'insediamento

Coppola, Valentina <1977> 04 June 2009 (has links)
No description available.

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