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L'artigianato metallurgico nella Cisalpina romana: i casi di Milano e Verona. Aspetti insediativi e tecnologici

GRASSI, ELISA MARIA 03 April 2009 (has links)
Analisi di due siti di lavorazione metallurgica in altrettanti centri urbani della Cisalpina romana, Milano e Verona, contestualizzandoli nel complesso delle conoscenze già acquisite relative alle attività di lavorazione dei metalli nelle due città, a loro volta inserite nella più vasta problematica delle città dell’Italia Settentrionale.
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LA PITTURA ROMANA NELLA CISALPINA ORIENTALE : CONTESTI ARCHITETTONICI E SISTEMI DECORATIVI / Roman wall-painting in eastern Cisalpine Gaul

ORIOLO, FLAVIANA 30 March 2012 (has links)
Il tema del progetto di ricerca è lo studio della pittura romana nell’area della Cisalpina orientale, con particolare riferimento alle problematiche connesse alla definizione dei processi formativi e delle peculiarità delle maestranze. L’ambito geografico considerato è compreso tra Altino e Trieste: all’interno di questo comparto territoriale Aquileia e Altino hanno costituito i due ambiti privilegiati della ricerca, anche per la possibilità di condurre un’indagine rigorosa su tutto il materiale pittorico conservato presso i Musei Archeologici. L’esame autoptico condotto con un approccio metodologico volto a considerare il supporto e la superficie dipinta è stato incrociato con l’analisi delle fonti documentarie inedite, che nel caso di Aquileia hanno rappresentato un imprescindibile strumento per la restituzione dei contesti: sono stati riqualificate nel senso topografico alcune partizioni edite, che assieme a numerose altre inedite vanno a restituire una nuova immagine alle abitazioni scavate nel secolo scorso. Lo studio ha messo in evidenza un panorama ricco dal punto di vista quantitativo che ho offerto significativi spunti di analisi sui caratteri della produzione, soprattutto nell’ottica del riconoscimento delle peculiarità regionali elaborate dalle officine pittoriche operanti sul territorio. / The subject of this research project is the study of Roman wall-painting in eastern Cisalpine Gaul, more specifically dealing with the aspects of the creation and development of the local workshops and their peculiar characteristics. The area taken into consideration is set between Altino and Trieste: within this territory Aquileia and Altino have represented the two privileged research fields, given the possibility to analyse thoroughly all the wall-painting evidence preserved in the Archaeological Museums. Direct examination, conducted with a specific attention to the plaster bearer and the painted surface, has been combined with the analysis of unpublished documentation which, in the case of Aquileia, has represented an indispensable instrument for the reconstruction of the original contexts. In this way it has been possible to re-define topographically some well known examples of wall-paintings which, together with many yet unpublished examples, contribute to give a new image of the private houses excavated during the last century. This research has revealed an outline very rich in respect of the quantities and which has offered interesting starting points for the analysis of the different aspects of the production, specifically aimed to the recognition of local peculiarities developed by the workshops operating in this area.
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Presenze germaniche nell'Italia tardoantica. Identità culturale barbarica, militaria e rinvenimenti monetali per la ricostruzione e l'ampliamento del dato archeologico

Ballestrin, Francesca 12 October 2023 (has links)
La ricostruzione del quadro delle presenze germaniche nell’Italia tardoantica pre-ostrogota su base archeologica si fonda sulla raccolta delle testimonianze relative agli spostamenti dei gruppi umani che costituirono le premesse delle grandi migrazioni di epoca altomedievale, in un periodo che, dal punto di vista disciplinare, si colloca in una zona di confine tra due settori distinti: l’archeologia classica e l’archeologia medievale. Se da un lato sono ancora individuabili gli interventi da parte dell’autorità centrale nell’urbanistica, nell’organizzazione della difesa, sebbene non sempre con continuità, e nell’economia, analogamente a quanto era avvenuto nei secoli precedenti, dall’altro lato evidenti furono le trasformazioni che interessarono soprattutto la composizione degli eserciti e dell’amministrazione. Tali cambiamenti coinvolsero anche le modalità di relazione con il Barbaricum, con l’introduzione di un numero sempre più elevato di individui di origini non locali all’interno dei confini dell’impero, sia a fini militari sia per motivazioni legate più strettamente alla gestione del territorio e della produzione agricola. Inoltre, a partire dall’ultimo quarto del IV secolo, le trasformazioni sociali e politiche, che interessarono le popolazioni barbariche stanziate a ridosso del limes danubiano, ebbero ripercussioni dirette sulla pars Occidentis, con la concessione di territori sul suolo romano. Prima di allora, con un’intensificazione a partire dalla seconda metà del III secolo, l’Italia settentrionale era stata colpita da una serie di incursioni da parte di gruppi composti per lo più da Alamanni, ma si era trattato di raid di breve durata e contrastati a volte con non poche difficoltà dall’autorità centrale. Dal punto di vista archeologico, tali azioni non lasciarono tracce materiali dirette, che permettano di identificare i barbari presenti nel territorio romano, ma forse un’eco dell’insicurezza generata dalla minaccia di un loro ritorno, come effettivamente si verificò in più occasioni, e delle contromisure adottate dall’esercito regolare è stata riconosciuta nella realizzazione di nuove opere fortificate o nel rinnovo delle esistenti, nella distribuzione di oggetti che testimoniano della presenza dei soldati e nell’interramento di numerosi ripostigli e di casse militari. A partire dall’età costantiniana l’immissione nell’esercito di individui di origini non romane iniziò ad assumere proporzioni importanti, mentre gli attacchi dall’esterno riguardarono soprattutto le aree di confine. Sia nella seconda metà del III sia nel corso del IV secolo i contrasti più combattuti e pericolosi per l’Occidente ebbero per protagonisti non tanto le popolazioni barbariche, almeno con riguardo alle vicende che interessarono la Penisola, quanto, piuttosto, i legittimi imperatori e gli usurpatori che tentavano di conquistare il potere con il favore di una parte delle truppe. Fu agli inizi del V secolo che ripresero le incursioni in Italia da parte di individui provenienti dal Barbaricum, non sempre fermate con successo dalle forze imperiali e provenienti sia da nord, via terra, che da sud, via mare. A differenza del contesto europeo, non si può parlare di migrazioni di popoli in Italia prima dell’istituzione del regno ostrogoto, ma, forse, le premesse che portarono a tale esito politico risiedono, da un lato, in una presenza sempre più consistente di individui di origini barbariche nell’esercito e, più in generale, nella società tardoantica residente in Italia e, dall’altro lato, in un’esperienza o consuetudine di percorsi e modalità di ingressione, ma anche di dinamiche relazionali con l’autorità centrale e i possessores locali, che facilitarono i nuovi arrivi. L’approfondimento dei temi della composizione dell’esercito tardoantico, anche attraverso i testi e le iconografie restituite dai contemporanei, e della difesa dell’Italia dalle minacce esterne ed interne, in considerazione della forte presenza dell’elemento barbarico tra le fila dei soldati o al loro fianco, ha dimostrato che gli individui di origine barbarica all’interno dell’esercito tardoantico erano molto numerosi, se non, in certi periodi o circostanze, preponderanti, e potevano conservare con un carattere più o meno spiccato le connotazioni culturali che li distinguevano dalla componente di identità culturale romana. Alla luce delle considerazioni sulla consistenza della componente barbarica all’interno delle risorse militari romane, è stato raccolto il materiale archeologico, rinvenuto in Italia, che, in letteratura, identifica i soldati in servizio presso l’esercito romano. Tali oggetti, definiti militaria, comprendono, infatti, gli elementi propri dell’abbigliamento e dell’equipaggiamento dei militari: fibule, fibbie, guarnizioni da cintura, armi da difesa e da offesa, oggetti legati all’ambito equestre. Alcune tipologie di militaria, inoltre, rappresentano possibili indicatori della presenza di individui di origini non romane. È, poi, stato esaminato il materiale archeologico riferibile ad un’identità culturale barbarica, di ambito sia militare che civile. Nella maggior parte dei casi si è trattato di rinvenimenti sporadici o isolati; pochi, ma molto preziosi, si sono rivelati i sepolcreti o le sezioni di necropoli indagati in anni recenti e con metodo stratigrafico, in alcuni casi anche con l’ausilio delle analisi bioarcheologiche. Anche gli oggetti non direttamente legati all’ambito militare hanno mostrato con esso stretti legami, come hanno dimostrato proprio i sepolcreti, dove è stato possibile appurare che i soldati di origini barbariche si spostavano con le famiglie al seguito e che nei corredi e tra gli elementi di ornamento ed abbigliamento, deposti nelle sepolture, erano presenti simultaneamente oggetti afferenti tradizioni culturali diverse, compresa quella romana. Ogni tipologia di materiale, ove la disponibilità di dati lo rendesse possibile, è stata accompagnata da un’introduzione, che ne ha illustrato le funzioni, le origini e lo stato della ricerca. In alcuni casi le attribuzioni funzionali, culturali, cronologiche e interpretative degli oggetti sono state sottoposte a revisione, nel caso in cui fossero state riscontrate incongruenze o inesattezze. A partire dal materiale edito nella letteratura specialistica, i ritrovamenti sono stati mappati in tre distinte carte di distribuzione, corredate ognuna da un commento, dall’elenco dei rinvenimenti e dalla lista delle località. Il materiale archeologico è stato classificato in tre macro-fasi, parzialmente sovrapposte e corrispondenti alle tre carte di distribuzione: la prima fase ha compreso i reperti datati tra la seconda metà-fine del III secolo e gli inizi del successivo; la seconda ha raccolto il materiale di pieno IV secolo; nella terza, infine, sono confluiti i reperti di cronologia estesa tra l’ultimo terzo del IV e il V secolo. Un aspetto innovativo dello studio è consistito nel prendere in considerazione congiuntamente, per la prima volta nel medesimo percorso di ricerca, i rinvenimenti archeologici e i ritrovamenti monetali, al fine di ricostruire il quadro delle presenze barbariche nell’Italia tardoantica. Diversi contributi scientifici di ambito numismatico contengono proposte interpretative, che associano l’occultamento di ripostigli e tesori alla presenza militare, in alcuni casi di origini barbariche. Attraverso alcuni casi-studio è stato, infatti, indagato il possibile apporto dei rinvenimenti monetali all’ampliamento del dato archeologico, non traducibile, però, in ulteriori punti in carta. Pochi sono risultati, infine, i dati attualmente disponibili sull’insediamento in Italia di individui di estrazione militare, anche di rango elevato, o di probabili origini non locali. Anche in corrispondenza dei sepolcreti finora meglio indagati, non è ancora stato appurato dove gli individui di provenienza translimitanea dimorassero, se vivessero separatamente dal resto della popolazione o se fossero integrati negli abitati di riferimento; se mantenessero le tradizioni edilizie proprie dei loro luoghi di origine o se vivessero negli spazi messi a disposizione dall’autorità centrale. La conclusione della ricerca, più che costituire un punto di arrivo, si è rivelata una base di partenza per ulteriori approfondimenti, da intraprendere, auspicabilmente, attraverso un lavoro di équipe, che coinvolga specialisti di ambito sia archeologico sia numismatico.
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Remote Sensing Analysis e Archeologia dei Paesaggi nel Trentino orientale: la Valsugana, la Val di Cembra e l'Altopiano di Pinè tra l'epoca tardo antica e il medioevo

Forlin, Paolo January 2012 (has links)
Lo studio ha affrontato l'analisi dei paesaggi archeologici di un'ampia porzione del Trentino orientale (Valsugana, Val di Cembra e Altopiano di Pinè) a partire dall'utilizzo sistematico ed integrato di diverse fonti telerilevate (fotoaerea verticale, ortofoto digitali, Lidar). A fronte di un panorama archeologico pregresso piuttosto sottorappresentato, costituito in modo preponderante da dati di vecchia acquisizione e dalla quasi sistematica assenza dell'indagine stratigrafica, la remote sensing analysis ha portato al censimento di quasi mille contesti di interesse, la maggior parte dei quali costituiti da tracce di evidente natura antropica. Tuttavia, le pessime condizioni di visibilità superficiale non hanno in molti casi consentito la contestualizzazione cronologica delle evidenze riconosciute, sottolineando la necessità di predisporre strategie di indagine più invasive (scavi archeologici, shovel test pits, pulizia di sezioni esposte). A partire da questi risultati, l’analisi si è focalizzata sullo studio dei sistemi agrari della porzione centrale della Valsugana, dove, attraverso l’utilizzo delle fonti scritte, dei dati materiali, della toponomastica, della cartografia storica, è stata proposta una lettura diacronica che ricostruisce l’evoluzione dei parcellari dall’alto medioevo fino ai giorni nostri. I risultati di questa ricerca sono stati utilizzati per ridiscutere alcune tematiche storiografiche particolarmente significative per l’area di ricerca: lo sfruttamento agricolo di epoca romana e tardo antica, l’insediamento dei Longobardi, il ruolo dei cambiamenti climatici e dell’evoluzione ambientale, la definizione dei nuovi assetti politico-amministrativi in epoca pieno medievale (XI sec.). Particolare attenzione è stata infine assegnata ai castelli e alle ripercussioni sul paesaggio che produsse la diffusione sul territorio di questi nuovi centri di potere, in relazione soprattutto allo sfruttamento delle risorse ambientali (aree di coltivo, pascoli, miniere) tra XI e XIV secolo.
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Le sepolture femminili privilegiate nella penisola italiana tra l’ultimo terzo del VI e la fine del VII secolo: cultura materiale, contesti, problemi

Dalceggio, Martina 18 July 2022 (has links)
Il “privilegio” e il “prestigio” intesi come forme di autorappresentazione post mortem tra il tardo antico e l’Alto medioevo sono tematiche che, da oltre quarant’anni, attirano l’attenzione di archeologici e storici, soprattutto francesi e tedeschi. A partire dagli anni Novanta questi temi sono stati oggetto di interesse anche nella ricerca archeologica italiana, tuttavia, le élites di genere femminile non sono mai state al centro di uno studio esclusivo, focalizzato sull’analisi dei rituali funerari e sulle strategie di distinzione adottate nei primi secoli dell’Alto Medioevo. Il tema del genere è stato semmai affrontato da una prospettiva storiografica tendente ad includere e ad analizzare il dato archeologico proveniente dalle necropoli e dai corredi funerari di VI-VIII secolo, in special modo di orizzonte longobardo. La ricerca sulle sepolture femminili privilegiate nella penisola italiana copre un arco cronologico specifico (ultimo terzo del VI-fine del VII secolo circa) che era determinato, nella sua fase iniziale, dalla comparsa in Italia centro-settentrionale di numerosi sepolcreti organizzati in file e di tombe con corredi di pregio che avevano diretti confronti in contesti pannonici coevi. Questo periodo si conclude verso la fine del VII secolo circa perché, salvo alcune eccezioni documentate a livello peninsulare, i corredi funerari sostanzialmente scomparvero dalle sepolture. In questo breve quanto significativo intervallo di tempo coesistettero di fatto due realtà che vengono analizzate e confrontate nella sfera funeraria: un’Italia “longobarda” e un’Italia “bizantina”. La ricerca punta a tracciare la distribuzione territoriale delle élites femminili nella penisola, ad analizzare la composizione dei loro corredi funerari e le diverse strategie di auto rappresentazione adottate all’interno dei rispettivi “luoghi della morte”, anche a seconda delle diverse fasce d’età.Il riconoscimento delle tombe femminili privilegiate si basa sui criteri che sono stati definiti nel colloquio di Créteil del 1984, L’inhumation privilegiee du IV au VIII Siecle en Occident, ovvero la posizione della sepoltura, la sua struttura e la cura del defunto. Questi criteri archeologici non hanno trovato sempre una precisa corrispondenza nella presente ricerca perché, più frequentemente, ad una posizione isolata o di rilievo corrispondeva un corredo di elevata qualità o una struttura tombale di un certo impegno costruttivo. Questi caratteri, quindi, interagivano tra loro in modi diversi a seconda del contesto funerario oggetto di indagine. Complessivamente sono state catalogate 183 tombe femminili, di età adulta e infantile, individuate all’interno di 68 siti archeologici. Le sepolture sono state ordinate in un Catalogo secondo un criterio geografico da Nord a Sud e da Ovest a Est e, per ogni sito, è stata inclusa anche una breve storia con la bibliografia di riferimento. L’eterogeneità dei dati raccolti a livello bibliografico ne ha richiesto una suddivisione e una classificazione coerente e flessibile distinta in “spazi cimiteriali”, tipologie e “usi” tombali, e corredi funerari delle élites femminili. La stesura del lavoro ha previsto anche la creazione di apposite tavole grafiche e fotografiche relative ai siti archeologici che sono stati analizzati nella presente ricerca e ai corredi funerari provenienti dalle sepolture, così come la stesura di carte di distribuzione relative agli “spazi cimiteriali” censiti. Inoltre, un capitolo è stato dedicato alla raccolta dei dati epigrafici per comprendere meglio la distribuzione delle élites tra le aree romano-bizantine e longobarde della penisola e risalire, per quanto possibile, alla loro dimensione sociale. Un capitolo è stato interamente dedicato alle tombe privilegiate infantili (0-12 anni), esposte per aree geografiche e per fasi cronologiche, cioè con gli stessi criteri utilizzati per analizzare le fasce d’età più mature. I trattamenti funerari delle piccole élites femminili riflettevano in buona sostanza il mondo degli adulti e le logiche familiari attorno alla preparazione e alla vestizione delle defunte, verso le quali i rispettivi gruppi parentali furono disposti a spendere anche ingenti somme di denaro ravvisabili, in alcuni casi, nell’acquisto di gioiellerie su misura e nell’elargizione di doni funerari di assoluto pregio, come nei casi delle gioiellerie. Nonostante la molteplicità di “luoghi della morte” che le élites urbane e rurali della penisola fondarono o occuparono in questo periodo adottando variegate strategie di auto rappresentazione funeraria, la tomba ad sanctos costituiva sin dall’età tardo antica uno dei massimi livelli di privilegio e di prestigio funerario. Questa consuetudine funeraria fu portata avanti senza soluzione di continuità nei territori romano-bizantini dove le élites laiche seguitarono a farsi seppellire con un corredo funerario di tipo rituale e/o personale caratterizzato da associazioni molto variabili ma con investimenti funerari di livello tendenzialmente medio-basso nel corso del VII secolo. In Italia centro-settentrionale, in particolare, è stata rilevata una quasi totale scomparsa delle aristocrazie senatorie romane e delle élites locali, corroborata da una significativa carenza di dati epigrafici. L’evangelizzazione delle campagne della penisola bizantina non era ancora compiuta nel VII secolo e ciò potrebbe spiegare la persistenza di sepolcreti rurali di fatto slegati dai luoghi di culto dove la distinzione funeraria si esprimeva ancora attraverso le gioiellerie e i beni di lusso di squisita fattura romano-bizantina. La tomba ad sanctos fu una prerogativa anche alla corte longobarda di Teodolinda e di Agilulfo come espressione e legittimazione del potere e come un efficace strumento di propaganda. L’adeguamento a questa consuetudine funeraria fu perciò adottato anche dalle élites del regno gradualmente convertitesi dopo una fase di convivenza tra le due fedi antagoniste, quella cattolica e quella ariana. Dal censimento dei corredi femminili di età adulta e infantile dell’orizzonte longobardo è stato possibile delineare le tappe del processo di conversione delle élites femminili nella Langobardia Maior, avviato già alla fine del VI-inizi del VII secolo ma pienamente accolto solo dalla metà del VII secolo, così come è stato possibile evidenziare i loro caratteri peculiari e le trasformazioni dei costumi funerari delle élites. Nei territori corrispondenti al ducato di Benevento, invece, né la cultura materiale né i “luoghi della morte” consentono di definire l’elemento culturale longobardo femminile per come è noto nel Settentrione, impedendo di tracciare una precisa linea di demarcazione tra queste due realtà culturali che, nel Meridione, tesero a fondersi tra loro in una fase piuttosto precoce. In questo caso una completa sostituzione delle élites femminili locali con i nuovi dominatori longobardi è ipotizzabile ma non è confermabile dal dato archeologico.
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La cisalpina orientale tra la fondazione di Aquileia e la fine dell'età repubblicana: la ceramica come indicatore di continuità e di trasformazione

DONAT, PATRIZIA 25 March 2011 (has links)
Oggetto dello studio è la distribuzione delle ceramiche sia di produzione locale che d’importazione nella Cisalpina più orientale dalla fondazione di Aquileia alla fine dell’età augustea. La ceramica viene utilizzata come strumento di comprensione delle dinamiche di trasformazione sociale e di sviluppo culturale che interessano questo territorio durante il processo di “romanizzazione”. Il quadro metodologico di riferimento è l’archeologia spaziale. Il periodo considerato è stato diviso in più fasi: fase 1. Dalla fondazione di Aquileia (181 a.C.) al 90 a.C. Sono stati studiati 420 reperti, relativi a 18 contesti; fase 2. Dal 90 a.C. all’inizio dell’età imperiale (27 a.C.). Sono stati studiati 786 reperti, relativi a 89 contesti. l’età augustea. Sono state considerate solo le ceramiche analizzate nelle due fasi precedenti, per seguirne l’esaurimento definitivo. Sono stato studiati 328 reperti, relativi a 22 contesti. Lo studio della ceramica ha comportato una riflessione metodologica, sulla terminologia e sul rapporto forma/funzione/impasto. Classi ceramiche analizzate: vernice nera, ellenistica a rilievo, pareti sottili, comune, anfore, lucerne, con un approfondimento sulla ceramica comune L’indicatore ceramico, permette di focalizzare alcuni elementi di continuità con il sostrato protostorico (veneto, locale, La Tène), e di individuare nuovi flussi d’importazioni a lungo raggio dall’Italia peninsulare e dal Mediterraneo. / This dissertation analyses the distribution of pottery, both imported and of local production, in the Eastern Cisalpine, from the foundation of Aquileia to the end of the Augustan age. Pottery is used as a means to understand the dynamics of social transformation and cultural development that affect this area through the process of "Romanization". “Spatial archaeology” is used as a methodological reference. The period taken into consideration has been divided in three phases: 1. Foundation of Aquileia (181 B.C.) - 90 B.C. Studied 420 findings from 18 contexts; 2. 90 B.C. - beginning of imperial age (27 B.C.). Studied 786 findings from 89 contexts; 3. Augustan age. Only ceramics already studied for the preceding phases have been analysed, in order to follow the final steps of their productions. Studied 328 findings, from 22 contexts. Studying ceramic has made it necessary to re-consider methods as well as terminology and the relation between form/function/ceramic bodies. Analysed pottery classes: black slip ware, hellenistic relief ware, thin walled pottery, coarse ware, amphorae, lamps, with a special study on coarse ware. Pottery as an indicator enables us to focus some elements of continuity form the Proto-historical substrate (Venetian, local or La Tène) and to recognize new long-range import flows from peninsular Italy and the Mediterranean.
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OLTREPO' PAVESE: SIGNORIE TERRITORIALI E FORTIFICAZIONI MEDIEVALI FRA STORIA E ARCHEOLOGIA

DELLU', ELENA ROSANGELA 22 May 2017 (has links)
Si è esaminato il fenomeno dell’incastellamento in Oltrepò Pavese (X sec. - inizi epoca moderna) con una visione globale e diacronica. La ricerca ha previsto l’integrazione di differenti metodologie di indagine: l’analisi della cartografia storica, lo scavo archeologico del sito fortificato di Monte Pico (PV), lo studio della cultura materiale di alcuni contesti, la ricognizione di superficie e la lettura degli elevati. Tali dati sono stati contestualizzati storicamente ricostruendo le vicende dei poteri locali che si sono susseguiti nella gestione del territorio dell’Oltrepò; il dato materiale è stato fatto dialogare con i dati documentali estrapolati dalla documentazione storica e dalle fonti cartografiche. E’ stato svolto un lavoro analitico su contesti castrensi e su borghi stradali mercantilei che ha portato a una sintesi sulle maestranze e le tecniche edilizie che hanno caratterizzato la storia materiale dei siti indagati. Il lavoro ha quindi mostrato come il comparto territoriale abbia costituito un importante collegamento tra i ricchi porti liguri affacciati sul Mediterraneo e la pianura padana, offrendo nuovi e sistematizzati dati su un’areale geografico fino ad ora poco indagato archeologicamente e storicamente. / The phenomenon of encastellation in Oltrepò Pavese (X century - Early Modern Age) has been examined with a global and diachronic vision. The research envisaged the integration of different survey methodologies: the analysis of historical cartography, the archaeological excavation of the fortified site of Monte Pico (PV), the study of the material culture of some contexts, surveys and reading of the masonry. These data have been historically contextualized by reconstructing the vicissitudes of local powers that have followed in the management of the territory of Oltrepò; the material data was made dialog with the documentary data extrapolated from the historical documentation and cartographic sources. An analytic work was carried out on fortified contexts and on mercantile roads villages which led to a synthesis of the craftsmen and building techniques that characterized the material history of the sites investigated. Then the work showed how the territorial compartment was an important link between the rich Ligurian ports overlooking the Mediterranean and the Padana plain, offering new and systematised data on an archaeological and historical geographic area till now not investigated.
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CERAMICA DA CONTESTI ARCHEOLOGICI URBANI DI LECCE (XII - XVII SECOLO). ANALISI E CLASSIFICAZIONE / Pottery from urban archaeological contexts of Lecce (XII-XVII century). Data analysis and Classification.

CAPRINO, PATRICIA 25 March 2011 (has links)
Il lavoro si inserisce nell’ambito del progetto di Archeologia Urbana a Lecce, denominato “Lecce Sotterranea”, e propone la classificazione della ceramica databile tra XII e XVII secolo proveniente dai contesti archeologici degli scavi di Piazzetta Santa Chiara e di Palazzo Vernazza. L’analisi dei contesti di provenienza e delle associazioni di materiali hanno consentito la realizzazione di una classificazione tipologica per le forme meglio rappresentate all’interno delle classi più comuni. In generale si fornisce un ampio catalogo di forme con riferimenti cronologici molto puntuali. Inoltre, l’approccio contestuale e lo studio sui fenomeni di residualità hanno spesso consentito di fare delle considerazioni più puntuali sulle dinamiche di frequentazione dell’insediamento. ingrandire La lettura delle sequenze stratigrafiche e lo studio della componente residuale all’interno degli strati di età normanna, hanno consentito di chiarire alcuni aspetti circa le modalità di abbandono e di successivo ripopolamento dell’insediamento tra Tardoantico e XI secolo. L’analisi di classi ceramiche particolarmente diagnostiche ha integrato i pochi dati storici noti per il periodo svevo di Lecce mentre, per il periodo angioino e quello aragonese, è stato possibile definire un quadro cronologico più preciso rispetto alle produzioni ceramiche locali e ad alcune forme del vivere quotidiano. Infine, l’occasione di studiare contesti di XVII secolo scavati stratigraficamente ha dato modo di definire la datazione di classi ceramiche locali finora semplicemente classificate come “postmedievali”. / The work is part of the project of Urban Archaeology in Lecce called “Lecce Sotterranea”, and proposes the classification of pottery dated between the XII and XVII century and coming from the archaeological contexts of Piazzetta S. Chiara and Palazzo Vernazza excavations. The analisys of the contexts of origin and of the associations of materials has allowed a typological classification for the most represented forms inside the most common classes. In general, a wide catalogue of forms is presented, with very precise chronological references. Moreover, the contextual approach and the study of residuality worked out a better understanding of the dynamics of settlement. By reading the stratigraphical sequences and studying the residuality component inside Norman Age layers strata, some light has been shed upon the settlement's abandonment and later repopulation between Late Antiquity and the XI century. The analysis of particularly diagnostic classes of pottery has reinforced the scarce known historical data for the Swabian period in Lecce, whereas for the Angevin and Aragonese ones a more precise chronological picture could be drawn regarding local pottery production and some forms of daily life. Lastly, studying XVII century contexts stratigraphically excavated has permitted a more precise dating for some local ceramical classes previously classified just as “postmedieval”.
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Archeologia d'alta quota alle sorgenti del Brembo

Croce, Enrico 18 July 2022 (has links)
The focus of this research is the area known as Sorgenti del Brembo di Carona (sources of river Brembo of Carona), which is located in the Orobie Alps (province of Bergamo, Italy). The current archaeological activities in the area, carried out by the Civico Museo Archeologico di Bergamo, are site-specific and mainly focused on Iron Age rock engravings and on a medieval dwelling excavation. The present study aims at a wider approach to upland archaeology, more focused on landscape evolution rather than on single evidence. The starting point is the methodology developed in other alpine contexts, like the ALPES (Alpine Landscapes: Pastoralism and Environment of Val di Sole) project. The data, gathered through extensive field survey activities, assessed the presence of a complex landscape, with pastoral evidence, iron mining facilities and charcoal production sites, dating from Early Middle Ages to the present. All the collected data are managed through a GIS in order to maintain their spatial reference. Therefore, it was possible to easy cross-reference them with several historical documents (cartography, cadastres, archives) and also to perform quantitative and spatial analysis. This method allowed us to reconstruct a diachronic evolution of human activities impact on the landscape formation. An inductive predictive modelling based on the integration with ethnoarchaeology was also implemented using modern pastoral sites. The results shed light on the complex dynamics of the human approach to high-altitude regions and on the alpine environment constraints to human activities. On the other hand, it was also possible to asses both the strengths and biases of the current application of predictive models to Alpine cultural heritage. The methodology developed during this research, following and implementing previously developed methods, can be a step forward on the definition of a common archaeological approach to upland contexts. / Il progetto di ricerca nasce a seguito delle indagini archeologiche condotte dal Civico Museo Archeologico di Bergamo nel comune di Carona (BG), situato in alta val Brembana, sulle Alpi Orobie, che hanno permesso di identificare un sito cultuale con incisioni rupestri dell'età del Ferro e un villaggio minerario con fasi altomedievali e medievali. L'obiettivo principale della presente ricerca è stato ampliare la conoscenza storico-archeologica di tutto il territorio alla testata del Brembo di Carona, senza focalizzarsi su singoli siti e applicando le metodologie sviluppate all'Università di Trento nell'ambito del progetto ALPES (Alpine Landscapes: Pastoralism and Environment of Val di Sole), che prevedono un approccio al paesaggio montano in una prospettiva diacronica, inquadrabile nell'ambito della Landscape Archaeology. Le attività di ricerca sul campo hanno rappresentato il fulcro del progetto, permettendo l'individuazione di centinaia di evidenze antropiche. I dati raccolti sul campo sono stati contestualizzati attraverso l'analisi di diverse tipologie di fonti e materiali, non solo di tipo archeologico ma anche inquadrabili in ambiti storico-archivistici e topografici, con un’impostazione della ricerca in senso marcatamente interdisciplinare. L'elaborazione di un modello predittivo etnoarcheologico ha avuto il duplice obiettivo di fornire uno strumento di interpretazione delle strutture presenti sul territorio e di validare la stessa metodologia prognostica impiegata, già elaborata in ambito trentino. I dati raccolti e i risultati della loro analisi hanno permesso la ricostruzione diacronica di un paesaggio complesso, caratterizzato dalla compresenza di differenti attività economiche (pastorizia, attività minerarie e sfruttamento forestale), attraverso le quali si è espressa l'azione umana nell'ambiente montano lungo l'arco di più di un millennio. La metodologia proposta, in quanto sintesi di diverse esperienze di ricerca in ambito alpino, potrebbe porre le basi per una più ampia riflessione riguardo possibili approcci condivisi e comuni ad una "archeologia di montagna", che sempre più si sta delineando come una disciplina autonoma.
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ARISTIDE CALDERINI (1883-1968) E LO SVILUPPO DELLE SCIENZE DELL'ANTICHITA'. Progetti, opere e strategie culturali / Aristide Calderini (1883-1968) and the Development of Classical Studies. Projects, Achievements and Cultural Strategy

PERELLI CIPPO, CHIARA MARIA 10 March 2008 (has links)
Oggetto della tesi è l'attività scientifica e didattica di Aristide Calderini (1883-1968), studioso di antichità classiche, papirologo, epigrafista, archeologo, fondatore e direttore di associazioni culturali e riviste, divulgatore della cultura classica. Sulla base del copioso archivio personale, del quale si è operato il riordinamento e si forniscono l'inventario e l'indice della corrispondenza, si ricostruisce un intenso e fecondo percorso culturale, sottolineandone i valori ispiratori e gli obiettivi raggiunti. Le molteplici relazioni dello studioso con importanti personalità e istituzioni contemporanee permettono di tracciare un affresco della realtà culturale lombarda durante sei decadi del Novecento. / This thesis is devoted to the scientific and didactic work of Aristide Calderini (1883-1968). Calderini was a scholar of the Classics, namely papyrologist, archaeologist and epigraphist. He was the founder and director of many cultural societies and journals and a populariser of ancient Roman and Greek culture. The main source of material for this research was Calderini's own copious personal archive, which has been reorganized by the author of this dissertation, resulting in a detailed inventory and the index of his letters. From these documents it is possible to follow the intense and fruitful cultural route of Calderini, perceive his inspiring principles and appreciate the results of his work. Moreover, from the study of his letters, it is possible to reconstruct Calderini's multiple connections with important personages and institutions of his time, disclosing an interesting overview, spanning six full decades of the 20th century, of the cultural milieu in Lombardy.

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