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Representations of Chinese Women Warriors in the Cinemas of Hong Kong, Mainland China and Taiwan since 1980.

Chen, Yunxiang January 2007 (has links)
The subject of this thesis is the depiction of Chinese women warriors in the cinemas of Hong Kong, Taiwan and Mainland China since 1980. Women warriors have been a popular feature of Western media since the 1970s influenced by the second wave women's movement, and have become a significant topic of academic study. However, Chinese women warriors are combined with and referred to as 'Asian' women without consideration of their cultural differences. Furthermore, although representations of women warriors in the cinemas of Hong Kong, Mainland China and Taiwan may share some similarities, they also exhibit different regional features. This thesis attempts to reveal regional differences in the representations of women warriors in Chinese language films and their sociocultural contexts since 1980. An important goal of such research is to contribute to the study of the 'woman warrior' phenomenon in Chinese cinemas, in the hope that it will arouse interest in the field. This thesis also aims to focus attention on the changing status of Chinese women in different communities. Since gender is a global issue, it is hoped that the feminist perspective adopted here will stimulate interest among film specialists, not only in Chinese women in films, but also in the broader field of gender studies.
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Aspetti del teriomorfismo guerriero nella letteratura francese medievale (XII-XIII secolo)

Sciancalepore, Antonella January 2015 (has links)
Se dovessi esprimere in una sola frase le ragioni per intraprendere questa ricerca, probabilmente sceglierei le parole con cui Joyce Salisbury conclude la sua monografia sugli animali nel Medioevo: «we do not change our identity easily (…). In our definition of what it means to be human, it seems we cannot deny for long the beast within us» (Salisbury 1994: 178). L’identità animale è infatti una parte integrante dell’umanità, della quale non possiamo liberarci. Del resto, il concetto stesso di “animale” in opposizione a quello di “umano” non esiste; piuttosto, l'animale è da considerare una categoria relazionale, in opposizione alla quale l’uomo vorrebbe definire sé stesso: parlare di animale equivale a parlare del rapporto che l’uomo instaura con esso (Bonafin 1998: 237). È anche grazie agli animal studies che la definizione omogenea di animale è stata riconsiderata: quasi un ventennio di studi riguardanti il ruolo dell’animale nel dominio letterario, filosofico, storico e antropologico ha contribuito, infatti, a demistificare il discorso antropocentrico sull’animale e a smascherare la sua dimensione storica e relativa, e a evidenziare che l'essere umano stesso è il prodotto delle relazioni che gli umani hanno con gli altri personaggi della biocenosi (Steeves 2002: 239). Questa definizione relazionale sembrerebbe scaturire principalmente da una naturale familiarità dell’uomo con l'animale, nei confronti del quale l'uomo intesse una trama complessa di atteggiamenti, che Drevet condensa efficacemente in tre schemi principali: il rapporto di appropriazione (un esempio del quale è il modello venatorio), il rapporto di familiarizzazione (o di addomesticamento) e quello di utilizzazione (Drevet 1994: 17). Per Drevet è solo nel secondo rapporto, quello di addomesticamento, che l’uomo rende familiare l’animale, lo antropomorfizza, facendolo partecipare della propria natura (ibidem); tuttavia a me pare che anche gli altri due livelli comportino un grado di partecipazione nell'identità umana, interroghino la posizione dell'animale rispetto all'uomo, al suo spazio e al suo complesso di valori. Per questa ragione, l’animale – e il riconoscimento del beast within us, “l’animale dentro di noi” – interseca costantemente l’attività e il pensiero degli esseri umani: esso ci costringe a mettere quotidianamente in discussione il nostro concetto di umanità, in quanto individui e in quanto gruppo, e di volta in volta delinea, destabilizza e ridefinisce i confini tra Sé e l’Altro. Come ci possiamo probabilmente aspettare per un concetto così carico ideologicamente e simbolicamente, il rapporto con l’animale è sin dalle origini profondamente impregnato di religione (Barrau 1977: 578). Di esso si è occupato il Cristianesimo, che nei suoi primi secoli di storia ha avuto tra le sue principali preoccupazioni quella di alienare da sé forme di culti zoomorfi, desacralizzando e secolarizzando l’animale (Baratay 1998: 1441). Nel pensiero cristiano occidentale, il rapporto tra l’uomo e l’animale sembra difatti essere prevalentemente a sfavore di quest’ultimo: la tradizione dei Padri della Chiesa, da Agostino in poi, riconosce l’anima nella parte intellettuale dell’uomo, separando questa dalla corporeità e introducendo così una netta separazione tra l’uomo e l’animale, che, invece, non può possedere un’anima. Ne consegue una radicalizzazione dell’antropocentrismo nel Cristianesimo: già nella Genesi gli animali sono creati in funzione dell’uomo e all’uomo ne è dato il dominio completo, anche se questa dominazione non escludeva una collaborazione pacifica tra le due specie (Dittmar 2012a: 235); con il Nuovo Testamento e l’identificazione esplicita tra il demonio e il serpente o altri mostri teriomorfici, l’animale nella sua realtà corporea e nella sua dimensione istintuale diventa espressione demoniaca (Baratay 1998: 1434-40). Nel Cristianesimo medievale il concetto stesso di umano è dato in negativo, secondo quello che l’uomo non è: un esempio lampante è la definizione aristotelica ripresa da Agostino di uomo come animale razionale e mortale. Per questo i confini tra umanità e animalità costituiscono, nel Medioevo una questione particolarmente rilevante: dalla distinzione dall'animale dipende la definizione di umano, ma il problema non è soltanto distinguersi dall'animale sul livello fisiologico quanto su quello morale; a essere in gioco non è solo la frontiera esteriore, fisica, tra uomo e animale, ma anche la frontiera interiore, spirituale e morale (Bartholeyns et alii 2009: § 15). Non stupisce, perciò, che in questo contesto le trasformazioni e le ibridazioni uomo/animale siano considerate come una degradazione morale, o addirittura come una manifestazione diabolica, sia perché costituiscono una contaminazione con l’animale, sia per il fatto stesso di essere metamorfosi, segno inconfondibile del demonio (Brenot 1998: 1386-9). Tuttavia nel più vasto ambito della cultura medievale, pure così profondamente determinata dalla dottrina cristiana, il confine animale dell’umanità non si limita a essere il limite che separa l’uomo da un deprecabile stato di corruzione morale. Piuttosto, tale confine costituisce un luogo di negoziazione di opposti sistemi di pensiero, che dà luogo ad un’ampia gamma di attitudini: così superstizioni popolari e fede cristiana si intrecciano nelle storie sui lupi mannari, ammirazione e condanna si alternano nelle leggende di famiglie con antenati animali. Ciò è dovuto principalmente allo status ambiguo degli animali nell’orizzonte morale medievale: se tutte le bestie sono considerate irrazionali, perciò estranee a un giudizio morale, nei bestiari molti animali hanno una carica simbolica complessa, e quasi ognuno di questi può essere considerato virtuoso o vizioso a seconda dell’occasione. Ma un’altra ragione di questa ambiguità di giudizio è sicuramente il ruolo che gli animali continuavano a giocare nella vita economica e sociale del Medioevo: come l’agiografia ci ricorda con le sue tinte vivide, e come è stato confermato dalla storiografia, le occasioni di competizione e coesistenza più o meno forzata tra animali e uomini non erano rare, almeno fino all’Alto Medioevo (Ortalli 1985: 1393). Questa esperienza di contatto quotidiano stimolava nell'uomo medievale un’attenzione preferenziale nei confronti dell’incolto, e favoriva atteggiamenti improntati al rispetto e alla convivenza con la natura selvaggia (Montanari 1988: 60). La familiarità con l’incolto e con gli animali che lo abitavano, nonostante dopo l'anno Mille fosse in gran parte scomparsa nella realtà, continuò a costituire un fattore importante nella formazione dell’immaginario di diversi strati sociali. Un esempio di ciò è costituito dai bestiari: questi ci forniscono un’immagine dell’animale che va oltre il puro intento classificatorio, e ci restituiscono invece una trama di diversi livelli di conoscenza, «a knot in a tapestry of tales, observations, happenings» (Ingold 2012). Ciò è vero particolarmente per almeno una classe sociale, l’aristocrazia guerriera. Infatti, nella cultura della nobiltà feudale per tutto il Medioevo l’animale servì come principale risorsa di simboli e immagini. In particolare, gli animali erano pensati come modelli ideali e magici per il comportamento e per la pratica bellica: questo rapporto privilegiato dell’aristocrazia guerriera e la sua ideologia con l’animalità è dimostrato dall'importanza di riti e simboli feudocavallereschi incentrati sugli animali, come la pratica della caccia nobiliare, o il ricco repertorio teriomorfico dell’araldica – per non citarne che alcuni dei più vistosi. / Tuttavia anche qui la relazione con il modello animale non era priva di ambiguità: l’aggressività del predatore, la sua sessualità irregolare, il suo comportamento asociale o addirittura antisociale, erano ammirati dai giovani cavalieri ma allo stesso tempo disapprovati dal loro ambiente sociale e dall’ideologia cavalleresca (Galloni 1993: 35-40). L’attitudine della classe guerriera medievale nei confronti dell’“animale interiore”, dunque, risulta in una doppia contraddizione: da una parte il generale conflitto di familiarità e paura verso gli animali e il selvatico, dall’altra la contraddizione specifica di ammirazione e condanna del comportamento animale nella costruzione dell’identità guerriera. Questa è la ragione per cui credo che valga la pena investigare più a fondo la rappresentazione dell’identità animale nella classe cavalleresca, e per cui ho scelto di farlo attraverso un approccio ai testi che sia filologico e antropologico assieme.
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Krigaren på scen : Krigarens makt och maktens krigare sedda genom scenkonstens prisma / Warriors on Stage : The Power of the Warrior – Seen Through the Prism of Performing Arts

Britt-Marie, Bystedt January 2016 (has links)
The warrior has played an important role in most societies, often representing power. The military/ defence system is founded more or less on the ideal of the good and noble warrior. The aim of the thesis is to examine how the warrior's power has been expressed on stage in different times and different contexts. Three perspectives are discussed: 1) The warrior in society, 2) The warrior's self-image (ethos and warrior virtues), 3) The warrior in drama and on stage. In society, warriors in uniform are one means to increase dignity and give credibility to ceremonies. Society uses the same actions as theatre – music, choreography and costumes (parade uniforms). In the thesis there are some examples from the cultural history of the warrior (uniforms, gestures, music etc.). The principal part of the thesis is a study of the warrior as theatrical motif and a discussion of a series of warrior figures in literature and drama on stage. These figures are analysed from the perspectives of masculinity, play and historiography. The warrior in literature and drama is rarely a hero. The thesis gives examples under the following headings. The submissive warrior: Catherine de Medici used the warrior as a pliable tool to reduce internal court quarrels, when they were commanded to participate in the court ballets. A different kind of docility in warriors is found in the nineteenth century English melodrama. The false and coward warrior: Ancient writers often used satire in their plays, and warrior figures were easy prey for this. Miles Gloriosus and the Capitain in Commedia dell’arte are two examples. The weak warrior: Anthony, in Anthony and Cleopatra by Shakespeare, is a warrior hero who abandons his wife and family to live with the Egyptian queen, attracted by the luxury and refined lifestyles at her court. The oppressed warrior: The Good Soldier Schweik, created by Bertolt Brecht after a story by Jaroslav Hasek, is an oppressed ordinary soldier in the Czech army, who faces oppression by doing exactly as he is told, and consequently is creating confusion. Georg Büchner’s drama Woyzeck contains an altogether deeper darkness. The outmanoeuvred warrior: The captains in August Strindberg’s two plays The Father and The Dance of Death are both in conflict with their wives but lose their fights. The optimistic warrior: Chekhov introduces in the play Three Sisters two warriors with bright visions of the future but also tells the audience that life can be a tragedy. To portray the good and noble warrior is of course possible but it is seldom dramatic, whilst weak and lovesick, false and treacherous warriors are dramatically effective. The theatre's tradition of subversion is a variety of the ancient custom of 'turning society upside-down' during Lent, analysed by Michail Bakhtin in Rabelais and his World. The theatre is also a microcosm. The performing arts make use of the individual to criticize the whole. In drama, it is the individual warrior who bears the responsibility without the need to say anything about the armed forces. Sometimes this is done through the mirror of laughter. When the warrior is seen through the theatre's lens, the picture is enlarged and – according to physical principles, at a certain distance – shows the warrior as part of the upside-down world.
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A critical edition and exploration of Percy Grainger's The warriors - music to an imaginary ballet

Servadei, Alessandro Unknown Date (has links) (PDF)
Commissioned by Sir Thomas Beecham for the Ballets Russes, during their London season, but ultimately completed and premiered in the United States, The Warriors - Music to an Imaginary Ballet is Grainger’s most ambitious and experimental orchestral composition. Written in a traditional full score format, by the time it was published ten years later, The Warriors had been altered to conform to Grainger’s unique compressed score layout. The concessions and omissions needed for such a drastic alteration were not true to the composer’s ideas. Along with a comprehensive historical introduction to the work, the notion of the compressed score is placed into the context of Grainger’s own scoring methods, as well as the greater context of avant-garde score layout in the twentieth century. A detailed chronology of The Warriors autograph and printed sources provides a working model of how a ms. study of Grainger’s music may be undertaken. 2 vols. xi +124 pp., 5 illustrations, 45 examples, bibliography, discography, appendices. Full orchestral score and critical commentary, 125pp. (A3), with additional programme note, composer’s analysis, notes to conductors, list of instrumentation and CD recording of edition’s premiere performance.
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Cinema e videogame: diálogos acerca da narrativa clássica em contato com dois meios

Marques, João Gabriel Xavier 01 June 2016 (has links)
Submitted by isabela.moljf@hotmail.com (isabela.moljf@hotmail.com) on 2017-07-18T13:34:56Z No. of bitstreams: 1 joaogabrielxaviermarques.pdf: 1024919 bytes, checksum: 56d0d8d950bca2f8f03c72e9d1f1c78a (MD5) / Approved for entry into archive by Fabíola Rubim (fabiola.rubim@ufjf.edu.br) on 2017-07-19T11:46:38Z (GMT) No. of bitstreams: 1 joaogabrielxaviermarques.pdf: 1024919 bytes, checksum: 56d0d8d950bca2f8f03c72e9d1f1c78a (MD5) / Made available in DSpace on 2017-07-19T11:46:38Z (GMT). No. of bitstreams: 1 joaogabrielxaviermarques.pdf: 1024919 bytes, checksum: 56d0d8d950bca2f8f03c72e9d1f1c78a (MD5) Previous issue date: 2016-06-01 / Novas mídias estão sempre em surgimento, cada qual com suas características próprias, mas sempre com algo que remete à outra que emergiu anteriormente. Esta dissertação se propõe a analisar o desenvolvimento da Narrativa Clássica na trama de duas obras da mesma franquia (The Warriors), porém pertencentes a mídias diferentes, o cinema e o videogame. A questão principal que queremos analisar é a forma pela qual a narrativa clássica se desenvolve em ambos os meios e as demandas que ela traz a quem assiste ao seu desenrolar. Nossa hipótese é a de que mesmo uma narrativa que se desenvolva da mesma maneira, com personagens e características semelhantes, podemos encontrar mudanças na experiência em geral e nas demandas destinadas ao usuário por conta da linguagem distintas dos meios. Como ferramenta analítica, optamos por utilizar conceitos da intermidialidade, que nos ajudaram a definir o tipo de relação que nossos dois objetos possuem, a fim de tornar nossa análise comparativa no que se diz respeito à maturação da narrativa e o paralelismo entre o espectador do cinema e o interator do videogame / -
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Manliga och kvinnliga vapengravar : En arkeologisk genusstudie kring vikingatida vapengravar. / Male and female weapon burials. : An archaeological gender study regarding Viking Age weapon burials.

Ljungberg, Anna January 2020 (has links)
The purpose of this thesis is to perform a gender study focusing on Viking Age weapon graves. A female weapon burial, a male weapon burial and a female burial are studied in this thesis. It is necessary first to discuss the meaning of a weapon burial. Thereafter the thesis will discuss if it is possible to find any differences in the gender interpretation of weapon burials belonging to men and females. The weapon graves will also be interpreted in relation to a female burial. The research history is primarily based on Conkey & Spector’s (1984) article regarding archaeological androcentrism. The result of the thesis states that a weapon burial must consist of at least one of following weapons: sword, shield, spear, axe, horse equipment or arrowheads. The results also state that the interpretation of a weapon burial depends on the sexual identity of the buried individual. It is easier to state that the buried individual is a warrior if the individual is assumed to be a male. It is also possible to see differences regarding male and female burials in general where the interpretation of rich female graves is questioned due to the absence of a man in the grave. The graves are still interpreted in traditional gender roles, where the gender roles are based on the grave goods.
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The Wisdom of Vulnerability: A Post-Structural Feminist Exploration of Healing in the Aftermath of War

Thompson, Marie 23 September 2010 (has links)
No description available.
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The archaeology of Greek warriors and warfare from the eleventh to the early seventh century BCE

Lloyd, Matthew January 2014 (has links)
This thesis studies the evidence related to warfare and warriors in the Early Iron Age of Greece, from the eleventh to the early seventh century B.C.E. It argues that "warrior" identity, as expressed through burial with weapons or depictions of armed men and combat in pictorial painting and literature, is connected to violent action in order to create, maintain, and reinforce the relationship between authority and violent action. The forms that this violent action took were variable, from interregional conflict to overseas raids. This is outlined in Chapter 1, which is followed by two chapters summarizing the palatial (Chapter 2) and postpalatial (Chapter 3) background to the Early Iron Age. Chapters 4 to 7 present the evidence. In order to provide a more thorough analysis the focus is limited to the regions of Attica, central Euboea, the Argolid, and Knossos. The study of warfare in this period has been dominated by the study of weapons; in this thesis the approach focuses on the contexts in which these weapons are found, burials (Chapter 4), sanctuaries (Chapter 5), and occasionally settlements (Chapter 6). In these chapters the particular treatment and emphasis on weapons and armour is considered based on an understanding of these contexts in the period. In Chapter 7, representations and the treatment of warriors and warfare in Early Iron Age pictorial pottery is considered, as is briefly the literary evidence from the end of this period, which form the means by which contemporary people came to understand warfare. Chapter 8 discusses the evidence, while Chapter 9 summarizes the conclusions. This thesis shows that while warrior identity and the practice of war are closely related, in these areas of Early Iron Age Greece there are variations in the identification of men as warriors and in the intensity with which war is fought. Throughout the period, these regions express warrior identity in broadly similar ways, but with variations in duration, accessibility, and meaning. The eighth century is particularly a period of change with the intensification of warfare manifest in the destruction of settlements, but these changes are not restricted to this century, and are in many ways similar to the preceding centuries on a larger scale.
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Warriors as the Feminised Other--The study of male heroes in Chinese action cinema from 2000 to 2009

Chen, Yunxiang January 2013 (has links)
"Flowery boys"(花样少年) - when this phrase is applied to attractive young men it is now often considered as a compliment. This research sets out to study the feminisation phenomena in the representation of warriors in Chinese language films from Hong Kong, Taiwan and Mainland China made in the first decade of the new millennium (2000-2009), as these three regions are now often packaged together as a pan-unity of the Chinese cultural realm. The foci of this study are on the investigations of the warriors as the feminised Other from two aspects: their bodies as spectacles and the manifestation of feminine characteristics in the male warriors. This study aims to detect what lies underneath the beautiful masquerade of the warriors as the Other through comprehensive analyses of the representations of feminised warriors and comparison with their female counterparts. It aims to test the hypothesis that gender identities are inventory categories transformed by and with changing historical context. Simultaneously, it is a project to study how Chinese traditional values and postmodern metrosexual culture interacted to formulate Chinese contemporary masculinity. It is also a project to search for a cultural nationalism presented in these films with the examination of gender politics hidden in these feminisation phenomena. With Laura Mulvey's theory of the gaze as a starting point, this research reconsiders the power relationship between the viewing subject and the spectacle to study the possibility of multiple gaze as well as the power of spectacle. With such reconsideration of the relationship between the film texts and the audiences, this project aims to strip off the negative connotations imposed on the concept of 'feminisation' and to seek to prove the emerging of a feminine discourse popularised by a graphic revolution.
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Une approche interculturelle des relations entre les nations autochtones et non-autochtones au Canada : une porte ouverte sur le postcolonialisme?

Roy, Jean-Olivier 09 1900 (has links)
La situation économique, sociale et politique des nations autochtones au Canada et leur relation avec les nations non-autochtones présentent des similarités avec les anciennes colonies européennes. Peut-on qualifier cette relation de « coloniale » ? Cette interrogation est primordiale, vu les aspects immoraux et illégaux que prit la colonisation. Nous parcourrons la pensée d’auteurs reliés au libéralisme, au nationalisme autochtone et à l’interculturalisme et nous choisirons ce dernier comme angle d’approche. Nous élaborerons ensuite le concept de colonisation interne et nous le confronterons au cas des autochtones. Puis, nous présenterons les motivations à la décolonisation ainsi que la composition d’un hypothétique État postcolonial canadien et de nations et communautés autochtones décolonisées. Finalement, nous analyserons la démarche judiciaire, la négociation d’ententes d’autonomie gouvernementale, la mobilisation des masses et l’approche des word warriors, l’objectif étant d’évaluer jusqu’à quel point ces moyens s’inscrivent dans un éventuel processus de décolonisation des nations autochtones. / The social, political and economic situation of the aboriginal nations in Canada and their relations with non-aboriginal Canadians exhibits parallels with the European colonies of the past. Are there enough of these to identify the contemporary Canadian case as "colonial"? The question is a fundamental one, given the illegal, not to mention immoral, features of colonialism. In order to answer it, this memoire explores the writing of liberal, nationalist aboriginal, and "intercultural" thinkers, and concludes in favour of the latter. Then, using the intercultural approach, the concept of "internal colonialisation" is developed and applied to the case of Canadian aboriginals. This is followed by arguments in favour of their decolonialisation as well as a hypothetical account of a postcolonial Canada. Finally, a number of strategies for bringing the latter about are evaluated: the legal justice route; negotiation over governmental autonomy; mass mobilisation; and the "word warriors" approach.

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