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Impacts des étapes de pré-traitement des données de diffusion sur la tractographie - Imagerie de diffusion

Boré, Arnaud January 2012 (has links)
Ce mémoire présente l'ensemble des étapes de pré-traitement appliquées aux images provenant de l'imagerie par résonance magnétique de diffusion afin de conseiller les meilleurs paramètres dans une étude de tractographie. L'imagerie de diffusion nous donne l'information locale des déplacements moyens des molécules d'eau dans le cerveau. Cette information nous permet d'inférer l'architecture de la matière blanche. La reconstruction du signal de diffusion fait appel à différentes méthodes plus ou moins aptes à restituer la complexité des configurations de fibres. Dans ce mémoire, nous proposons une nouvelle méthode de reconstruction du phénomène de diffusion basée sur la décomposition en ondelettes sphériques. Ensuite, en combinant ces informations à tous les points du cerveau nous reconstruisons le réseau de fibres de la matière blanche par un algorithme de tractographie déterministe. Afin d'initier cet algorithme, nous proposons une nouvelle méthode d'initialisation dans le but de mieux gérer la complexité des configurations de fibres au sein d'un seul voxel. Les fibres reconstruites sont très difficiles à évaluer dans le cerveau car nous ne connaissons pas la configuration réelle des fibres. Pour être en mesure d'évaluer nos méthodes de reconstruction, nous utilisons un fantôme calquant la complexité des configurations de fibres trouvées dans le cerveau. Dans ce mémoire, nous proposons un ensemble de métriques et un système de notations permettant d'évaluer automatiquement la qualité des résultats d'une tractographie. Nous concluons l'étude concernant les données synthétiques par un ensemble de conseils sur les paramètres à utiliser afin d'obtenir des résultats de tractographie optimaux. Finalement, nous évaluons qualitativement les résultats de tractographie issus de données réelles afin de confirmer nos choix sur les données fantômes.
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RECHERCHE DES PLANETS EXTRASOLAIRES PARMI LA SPECTROSCOPIE INTEGRALE DE CHAMP A LA LIMITE DE DIFFRACTION D'UN TELESCOPE DANS LE REGIME DE HAUT CONTRASTE

Antichi, Jacopo, Dohlen, Kjetil 26 April 2007 (has links) (PDF)
La ricerca di pianeti extrasolari oggi può essere considerata come un nuovo capitolo della Astrofisica che riunisce differenti campi scientifici: Fisica degli oggetti sub-stellari, Planetologia, Astrobiologia ed Ottica in modo interdisciplinare; in questo senso questa materia "cavalca l'onda" dell'epoca in cui viviamo, quella della conoscenza interdisciplinare. L'inferenza statistica riguardante le proprietà dei pianeti e delle loro stelle ospiti migliora di mese in mese e sta aprendo la strada per il passo successivo di questa ricerca, la rivelazione tramite metodi diretti. La prima scoperta diretta di un compagno stellare di massa planetaria è avvenuta solo nel 2004, quando, finalmente, sono state ottenute immagini distinte della stella 2M1207 e del suo compagno di piccola massa, usufruendo di un paio dei migliori strumenti per l'Astronomia disponibili oggi: VLT/NACO e HST/NICMOS. Dopo questo primo ritrovamento, nel 2005 sono seguiti quelli di GQ Lup b ed AB Pictoris b. Tuttavia, questi casi devono essere considerati come esempi pionieristici dell'intento di rappresentare separatamente la luce di un pianeta e quella della sua stella madre. Al momento, in Astronomia questi casi rimangono esempi di rivelazione non standardizzati in una tecnica consolidata. Le tecniche per la scoperta diretta, come quelle basate sull'Imaging ad alto contrasto o l'Interferometria, possono superare i limiti propri degli approcci indiretti. La tecnica dei Transiti - per esempio - fornisce come informazione fisica solo il raggio del compagno di piccola massa. Ricavare la massa del pianeta attraverso la variazione periodica della curva di luce della stella ospite è impossibile a meno che siano disponibili anche misure di Velocità Radiale: l'oggetto in questione potrebbe essere un pianeta ma anche una stella di piccola massa, oppure una nana bruna od una nana bianca, il cui raggio è simile a quello della Terra. A sua volta, la tecnica delle Velocità Radiali è sensibile alla presenza di un pianeta, nel caso in cui esso abbia orbita relativamente stretta - tipicamente essa corrisponde ad oggetti con distanza più piccola di qualche UA dalla stella madre -, oppure nel caso in cui la sua orbita abbia un valore di eccentricità alto. Questi limiti comportano interpretazioni ambigue su ciò che effettivamente è stato rivelato, pregiudicando l'analisi sul singolo oggetto, come quella sull'intero campione statistico. L'Imaging Differenziale Simultaneo (SDI) è una tecnica di calibrazione differenziale ad alto contrasto che permette di creare alcune immagini di diversa lunghezze d'onda e dello stesso campo di vista attorno ad una stella target. La sottrazione simultanea di immagini monocromatiche è utilizzata come metodo per rimuovere il rumore di Speckle. Esso domina su ogni altro "pattern ottico" compreso nell'intervallo di separazione angolare dove un sistema di Ottica Adattiva opportuno restaura il limite ottico di diffrazione, fissato a sua volta dall'apertura del telescopio. Questa tecnica di calibrazione ha già prodotto importanti risultati scientifici nel regno degli oggetti sub-stellari, arrivando a valori di Contrasto stella vs. pianeta dell'ordine di 104-105 con lo strumento NACO-SDI al VLT. Al momento, la soglia di Contrasto che permette di rivelare pianeti gioviani (giovani) - dell'ordine di 107 - rappresenta la sfida per i prossimi progetti da terra per la rivelazione diretta dei pianeti extrasolari, tra cui quello Europeo SPHERE. SPHERE monterà il primo Spettrografo a Campo Integrale indirizzato alla rivelazione diretta di pianeti extrasolari. La teoria che collega Spettroscopia 3D e la rivelazione diretta di pianeti extrasolari è ciò che, in questa Dissertazione, noi definiamo come Imaging Differenziale Simultaneo Spettroscopico (S-SDI). In questa prospettiva, la Spettroscopia a Campo Integrale al limite ottico di diffrazione è necessaria per ottenere immagini sull'intero campo di vista attorno ad una stella target. Poi, sempre attraverso la Spettroscopia 3D, la differenza simultanea di immagini monocromatiche dovrebbe superare l'Imaging Differenziale Simultaneo standard, che è basato solo su filtri cromatici. Il lavoro qui presentato è interamente dedicato alla Spettroscopia a Campo Integrale al limite ottico di diffrazione in condizione di alto contrasto. La volontà è di descrivere questo argomento, portando il lettore ad avvicinarsi passo dopo passo al domino della Spettroscopia a Campo Integrale al limite ottico di diffrazione, partendo dal caso ideale, fino al caso reale di un segnale di ingresso dominato dal rumore di Speckle. Specificamente, quest'ultimo è il caso in cui opererà lo Spettrografo a Campo Integrale montato su SPHERE. La progettazione di uno Spettrografo a Campo Integrale ottimizzato per lavorare al limite ottico di diffrazione richiede di fare attenzione a fenomeni ottici complessi, ad esempio l'illuminazione non uniforme delle fenditure di ingresso (questo causa profili di diffrazione diversi dal classico disco di Airy), cross talk tra spaxel adiacenti (cioè pixel nella dimensione spaziale) causato dalle ali dei profili di diffrazione, ed il corretto campionamento del segnale di ingresso sia nelle coordinate spaziali che in lunghezza d'onda. L'esame opportuno di questi effetti deve essere combinato in un progetto ottico dove il massimo campo di vista e la giusta risoluzione spettrale siano ottenute con il minimo costo possibile (quest'ultimo dipende principalmente dal numero di pixel del rivelatore). Nell'intento di realizzare l'Unità a Campo Integrale di questo strumento, abbiamo messo a punto un nuovo concetto ottico - BIGRE - che permette di superare tutti gli effetti che intaccano le Funzioni di Fenditura di uno Spettrografo 3D, operante in questa condizione ottica. Come conseguenza, lo Spettrografo a Campo Integrale di SPHERE, presentato in questa Dissertazione, è completamente orientato al concetto ottico BIGRE. La teoria di uno uno Spettrografo a Campo Integrale ottimizzato per lavorare al limite ottico di diffrazione è in gran parte nuova e rappresenta il contributo originale più importante di questo lavoro. Infine, questa Dissertazione termina con la descrizione del contributo che abbiamo dato alla realizzazione dello Spettrografo 3D previsto all'interno dello strumento EPICS. EPICS è uno studio di fattibilità per un Planet Finder - adatto al Telescopio OWL - promosso da ESO nel 2005. Questo lavoro si è basato sulla collaborazione di esperti provenienti da tutta Europa; nella progettazione si sono esplorati possibili adattamenti per il futuro Extremely Large Telescope Europeo. La struttura di questa Dissertazione è la seguente: nella Sezione 1 introduciamo l'argomento dei pianeti extrasolari; è data particolare enfasi ai modelli di atmosfera relativi ai pianeti extrasolari giganti, sui quali sia l'Imaging Differenziale Simultaneo e l'Imaging Differenziale Simultaneo Spettroscopico traggono la loro ragione scientifica. La Sezione 2 è dedicata ad una descrizione panoramica dei metodi utili nella rivelazione dei pianeti extrasolari; particolarmente sottolineata è la comparazione tra metodi diretti e metodi indiretti. E' spiegato chiaramente il fatto che i metodi indiretti rimarrano fondamentali una volta che le tecniche di detezione diretta saranno operative. Nella Sezione 3 sono definite, descritte e comparate le tecniche di Imaging Differenziale Simultaneo ed Imaging Differenziale Simultaneo Spettroscopico. Il fatto importante qui è che - di principio - la tecnica S-SDI è più potente della tecnica SDI standard, e che lo Spettrografo a Campo Integrale di SPHERE è in grado di raggiungere valori di Contrasto dell'ordine di 107, cioè i valori di Contrasto tipici dei pianeti gioviani (giovani). Nella Sezione 4 è descritto l'intero progetto SPHERE, eccetto lo Spettrografo a Campo Integrale. Le Sezioni 5 a 6 sono completamente dedicate a questo argomento. Specificamente, la Sezione 5 riguarda la descrizione generale del classico dispositivo TIGER e del nuovo dispositivo BIGRE, e l'ottimizzazione della Unità a Campo Integrale di questo Spettrografo 3D. Inoltre, sono presentati i risultati del prototipo di laboratorio; essi confermano che BIGRE è la soluzione ottica vincente per soddisfare il caso scientifico di questo strumento. La Sezione 6 ne descrive il disegno ottico e la Sezione 7 - infine - presenta il lavoro svolto per il canale di Spettroscopia 3D previsto per EPICS.
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Etude des Environnements Circumstellaires en Imagerie à Haut Contraste et à Haute Résolution Angulaire

Chauvin, Gael 04 November 2003 (has links) (PDF)
Dans le contexte de la recherche des compagnons de faibles masses, planètes et naines brunes, et des disques de poussières autour des étoiles brillantes, une première partie de mon travail est consacrée à l'étude des performances de détection des instruments dédiés à l'imagerie à haut contraste et à haute résolution angulaire. Je me suis particulièrement intéressé aux instruments équipant actuellement les grands telescopes au sol, qui sont composés d'un système d'optique adaptative et d'une caméra infrarouge, couplée à un coronographe stellaire. J'ai eu la chance de participer aux phases d'intégration et de tests de l'instrument d'optique adaptative NAOS. Il est actuellement installé sur le télescope UT4 du Very Large Telescope de l'ESO, au Chili. J'ai, ensuite, developpé un modèle de contraste afin de cerner et d'étudier le comportement des différentes limitations dans une image d'optique adaptative, en fonction de la configuration observationnelle choisie, des modes de fonctionnement du détecteur, des caractéristiques de l'instrument utilisé et de la qualité d'image liée aux conditions atmosphériques. Cette réflexion a été déterminante dans le cadre du second volet de mon travail, portant sur la recherche en imagerie coronographique des compagnons naines brunes ou planètes et des disques circumstellaires. Deux catégories d'étoiles se sont avérées particulièrement propices à ce type d'étude. Il s'agit des membres des associations jeunes et proches, favorisant, par leur statut évolutif, la détection d'objets peu massifs, et les étoiles ayant une planète détectée par des mesures de vitesses radiales. Je présente, d'une part, les résultats que j'ai obtenus, concernant la détection de plusieurs compagnons de faibles masses probables, dans les associations jeunes du groupe Beta Pictoris, de MBM12 et de Tucana-Horologium, ainsi qu'une étude statistique, sans précédent, sur la fraction de compagnons stellaires et naines brunes parmi ces étoiles. Je décris, d'autre part, les résultats obtenus lors de relevés systématiques d'imagerie profonde des étoiles ayant des planètes. Ils concernent la découverte d'objets faibles, jusqu'à présent inconnus dans l'environnement de ces étoiles, et les capacités de détection atteintes grâce à l'imagerie à haut contraste et à haute résolution angulaire.
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L'imageur Interférométrique de Fresnel: un instrument spatial pour l'observation à haute résolution angulaire

Serre, Denis 04 October 2007 (has links) (PDF)
L'Imageur Interférométrique de Fresnel est un concept de télescope spatial dont l'objectif est d'améliorer significativement les capacités d'imagerie à haute résolution angulaire et haute dynamique, et ce dans les domaines spectraux ultraviolet, visible et infrarouge.<br /><br />Dans un télescope classique, la focalisation s'obtient par l'utilisation d'un miroir; dans le cas de l'Imageur Interférométrique de Fresnel, elle s'obtient par l'utilisation d'un masque diffractant comportant des dizaines ou des centaines de milliers d'ouvertures individuelles, réparties sur un support plan selon une loi se rapprochant de la disposition des anneaux d'une lentille zonée de Soret. Les contraintes de masse et de précision de fabrication de l'optique focalisatrice sont ainsi considérablement relâchées, ouvrant une voie pour concevoir un observatoire possédant une pupille d'entrée de très grande dimension. En revanche, de par la nature dispersive de cette optique, un module focal placé à grande distance est nécessaire pour achromatiser et mettre en forme l'image.<br /><br />La première partie de cette thèse est consacrée à la détermination des caractéristiques des éléments constitutifs de ce type d'imageur, et à l'étude des performances et limitations associées. La deuxième partie est elle dévolue à la description et à la présentation des performances d'un prototype sol montrant expérimentalement la validité du concept. Enfin, la troisième partie étudie les objectifs astrophysiques possibles d'un Imageur de Fresnel opérationnel.
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Effect of modeling methods on the body and head-neck-trunck moments of inertia calculations in individuals of different morphology

Damavandi, Mohsen January 2008 (has links)
Thèse numérisée par la Division de la gestion de documents et des archives de l'Université de Montréal.
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Imagerie de l'environnement protoplanétaire des étoiles jeunes par interférométrie optique / Imaging the protoplanetary environment of young stellar objects by optical interferometry

Kluska, Jacques 06 October 2014 (has links)
Une manière efficace de contraindre la formation des planètes est l'étude des disques protoplanétaires. Les premières images de ces disques ont été obtenues dans les années 80 en infrarouge et en millimétrique. Ces images dévoilaient pour la première fois la morphologie de l'excès infrarouge vu dans les distributions spectrales d'énergies des étoiles jeunes. Depuis, de nets progrès ont été faits et, outre la détection directe de planètes, nous sommes capables de distinguer les perturbations que celles-ci pourraient engendrer dans ces disques. La région interne de ces disques, où la majorité des planètes sont détectées, est complexe car étant le théâtre de nombreux phénomènes encore mal contraints (sublimation de la poussière, vents, accrétion). Pour les étoiles jeunes les plus proches, observer ces régions revient à atteindre une résolution angulaire de l'ordre de la milliseconde d'arc, inatteignable avec un télescope monolithique. L'interférométrie optique permet de satisfaire cette contrainte. Cette technique consiste à combiner la lumière de deux télescopes ou plus afin de la faire interférer. Ces interférences permettent de contraindre la morphologie de l'objet observé à l'aide de modèles. Mais afin de comprendre les phénomènes en jeu il est nécessaire d'avoir une image indépendante de ces modèles. La reconstruction d'images est possible avec l'avènement récent d'interféromètres à 4 télescopes ou plus. Les premières images ont ainsi pu être reconstruites. Cependant, l'étoile centrale ne permet pas d'accéder facilement à l'image de l'environnement. Ma thèse a donc consisté à outrepasser cette difficulté en développant une méthode de reconstruction d'image adaptée à l'environnement protoplanétaire des étoiles jeunes. Elle consiste à séparer l'étoile centrale de l'image afin de reconstruire son environnement tout en prenant en compte la différence de température entre ces deux éléments. Grâce à cette méthode et aux instruments interférométriques du VLTI, j'ai pu reconstruire les images des premières unités astronomiques d'une douzaine d'étoiles de Herbig et de révéler leurs morphologies. J'ai ainsi pu appliquer une analyse géométrique originale afin de les caractériser. Enfin, j'ai analysé plus en détail un étoile particulière, MWC158, dont j'ai imagé la variabilité qui pourrait être interprétée comme une éjection de matière. Ma thèse démontre l'importance de la prise en compte des aspects chromatiques dans la reconstruction d'image ainsi que de l'adaptation de cette méthode à la spécificité des étoiles jeunes. / An effective way to understand the formation of planets is the study of protoplanetary disks. The first images of these disks were obtained in the infrared and the millimeter in the 80s. These images unveiled for the first time the morphology of the infrared excess seen in the spectral energy distributions of young stellar objects. Since then, significant progress has been made and, in addition to the direct detection of planets, we are able to distinguish the disruption they could cause in these disks. The inner region of these disks, where the majority of planets are found, is complex as being the scene of many phenomena still poorly constrained (dust sublimation, winds, accretion). For the closest young stars, observing these regions amounts to achieve an angular resolution of the order of a milliarcsecond, unattainable with monolithic telescopes. The optical interferometry can reach such a small angle. This technique consists in combining the light of two or more telescopes to make it interfere. These interferences can be used to constrain the morphology of the observed object by using models. But to understand the phenomena involved in the inner parts of young stellar objects, it is necessary to have an independent image. Image reconstruction is possible with the recent advent of interferometers with 4 or more telescopes. The first images were able to be rebuilt. However, the central star does not allow easy access to the environment morphology. The goal of my thesis was to bypass this difficulty by developing a method of image reconstruction which is adapted to the protoplanetary environment of young stars. It consists in separating the central star of the image to reconstruct its environment while taking into account the temperature difference between the two. With this method and the VLTI interferometric instruments, I reconstructed the images of the first astronomical unit of a dozen of Herbig stars and revealed their morphologies. I was able to apply a novel geometric analysis to characterize them. Finally, I have analyzed in more detail a particular star, MWC158, which I imaged the variability that could be interpreted as a matter ejection. My thesis demonstrates the importance of the inclusion of chromatic aspects in image reconstruction and adaptation of this method to the specific characteristics of young stars.
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Bell inequalities with Orbital Angular Momentum of Light / Inégalités de Bell avec le Moment Angulaire Orbital de la lumière

Vannier Dos Santos Borges, Carolina 08 October 2012 (has links)
Dans une première partie introductive, nous rappelons la description théorique de la propagation de faisceaux optiques en terme des modes solutions de l'équation de propagation dans l'approximation paraxialle. Dans ce cadre, nous présentons les notions de moment cinétique transporté par les faisceaux lumineux, et de sa décomposition en moment cinétique intrinsèque (ou spin) et en moment angulaire.La seconde partie est consacrée au codage de l'information dans les degrés de libertés de polarisation et de modes transverses des faisceaux optiques. Les modes spin-orbites sont définis et un dispositif expérimental optique pour produire ces modes est présenté. Les modes spin-orbites sont alors exploités pour implémenter un protocole de distribution de clés BB84 ne nécessitant pas le partage à priori d'une base de référence.Dans une troisième partie, nous proposons un critère de type inégalité de Bell, qui constitue une condition suffisante pour caractériser la non-séparabilité en spin-orbite d'un faisceau optique classique. Nous montrons ensuite que la notion de modes spin-orbite séparable ou non-séparable constitue une analogie pertinente avec la notion d'intrication d'états quantiques et permet l'étude de certaines de ses propriétés fondamentales. Enfin, une implémentation expérimentale de cette simulation de tests de Bell avec des faisceaux optiques classiques est présentée, ainsi que sa description détaillée dans le cadre de l'optique quantique.Dans une dernière partie, nous nous intéressons à des inégalités de Bell, pour des états quantiques de systèmes quantiques à deux parties, qui sont caractérisées chacune par une variable continue de type angulaire (périodique). Nous montrons comment détecter la non-localité sur ce type de système, avec des inégalités qui sont similaires aux inégalités CHSH; inégalités qui avaient été développées originellement pour des systèmes de type spin 1/2. Nos inégalités, sont construites à partir de la mesure de la corrélation de fonctions angulaires. Nous montrons qu'elles sont en fait la superposition continue d'inégalités CHSH de type spin 1/2. Nous envisageons une possible implémentation expérimentale, où les corrélations mesurées sont les corrélations angulaires du profil transverse des photons intriqués. / We shall present a theoretical description of paraxial beams, showing the propagation modes that arise from the solution of the paraxial equation in free space. We then discuss the angular momentum carried by light beams, with its decomposition in spin and orbital angular momentum and its quantization. We present the polarization and transverse modes of a beam as potential degrees of freedom to encode information. We define the Spin-Orbit modes and explain the experimental methods to produce such modes. We then apply the Spin-Orbit modes to perform a BB84 quantum key distribution protocol without a shared reference frame.We propose a Bell-like inequality criterion as a sufficient condition for the spin-orbit non-separability of a classical laser beam. We show that the notion of separable and non-separable spin-orbit modes in classical optics builds a useful analogy with entangled quantum states, allowing for the study of some of their important mathematical properties. We present a detailed quantum optical description of the experiment in which a comprehensive range of quantum states are considered.Following the study of Bell's inequalities we consider bipartite quantum systems characterized by a continuous angular variable θ. We show how to reveal non-locality on this type of system using inequalities similar to CHSH ones, originally derived for bipartite spin 1/2 like systems. Such inequalities involve correlated measurement of continuous angular functions and are equivalent to the continuous superposition of CHSH inequalities acting on two-dimensional subspaces of the infinite dimensional Hilbert space. As an example, we discuss in detail one application of our results, which consists in measuring orientation correlations on the transverse profile of entangled photons.
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Mesure des rendements de fission de l’Am-242 auprès du spectromètre Lohengrin (réacteur ILL) & Amélioration et validation du code semi empirique GEF / Measurement of Am-242 fission yields at the Lohengrin spectrometer & Improvement and Benchmarking of the semi-empirical code GEF

Amouroux, Charlotte 25 September 2014 (has links)
L’étude des rendements de fission a un impact majeur sur la caractérisation du processus de fission mais également sur le fonctionnement des réacteurs nucléaires. Bien que les rendements de fission thermiques des actinides majeurs (U-235, Pu-239) soient bien connus, ce n’est pas le cas de ceux de l’Am-242, ce que confirment les désaccords observés entre les principales bases de données évaluées. L’utilisation grandissante du combustible MOX dans les réacteurs nucléaires et la réduction de la radiotoxicité des déchets nucléaires nous poussent à étudier l’Am-241 et l’Am-242. Ainsi, les rendements issus de la fission de la réaction Am-241(2n,f) ont été mesurés auprès du spectromètre de masse Lohengrin situé à l’Institut Laue Langevin de Grenoble (France). Ces mesures ont permis la détermination de 41 rendements en masse. De plus, 20 rendements isotopiques ont pu être mesurés par spectrométrie gamma. Les expériences menées dans le cadre de cette thèse avaient également pour but de déterminer si les rendements de fission sont influencés par l’état de spin de l’Am-242. Afin de répondre à cette question, la mesure répétitive de rendements en masse pour différents rapports de taux de fission (Am-242m/Am-242g) a été réalisée. Nos résultats montrent que le spin du noyau cible n’a que peu d’influence sur les rendements en masse. De nouvelles expériences sont proposées afin de déterminer son influence sur les rapports isomériques. Les modèles théoriques actuels sont dans l’incapacité de prédire avec une précision suffisante les rendements de fission. Ainsi, l’industrie nucléaire a recours aux bases de données évaluées et aux modèles phénoménologiques. Néanmoins, les prédictions issues de modèles semi-empiriques implémentés dans le code GEF ont atteint un niveau suffisant pour faire de ce code un outil d’évaluation performant. Le contenu physique, les développements, les validations et l’extension du code seront également présentés dans cette thèse. / The study of fission yields has a major impact on the characterization and understanding of the fission process and is mandatory for reactor applications. While the yields are known for the major actinides (U-235, Pu-239) in the thermal neutron-induced fission, only few measurements were performed on Am-242. Moreover, the two main data libraries do not agree among each other on the light peak. Am-241 and Am-242 are nuclei of interest for the MOX-fuel reactors and for the reduction of nuclear waste radiotoxicity using transmutation reactions. Thus, a campaign of precise measurement of the fission mass yields from the reaction Am-241(2n,f) was performed at the Lohengrin mass spectrometer (ILL, France) for both the light and the heavy peak. Forty-one masses were measured. Moreover, the measurement of the isotopic fission yields on the heavy peak by gamma-ray spectrometry led to the extraction of 20 independent isotopic yields. Our measurement was also meant to determine whether there is a difference in fission yields between the Am-242 isomeric state and its ground state as it exists in fission cross sections. The experimental method used to answer this question is based on the measurement a set of fission mass yields as a function of the ratio of Am-242gs to Am-242m fission rate. Results show that the mass yields are independent of the fission rate ratio. A future experimental campaign is proposed to observe a possible influence on the isomeric yields. The theoretical models are nowadays unable to predict the fission yields with enough accuracy and therefore we have to rely on experimental data and phenomenological models. The accuracy of the predictions of the semi empirical GEF fission model predictions makes it a useful tool for evaluation. This thesis also presents the physical content and part of the development of this model. Validation of the kinetic energy distributions, isomeric yields and fission yields predictions was performed. The extension of the GEF model at high energy is also presented.
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Imagerie haute dynamique en larges bandes : coronographie et minimisation des tavelures en plan focal / High contrast imaging in broadband : coronagraphy and speckles minimisation in focal plane

Delorme, Jacques-Robert 29 September 2016 (has links)
Parmi les 3000 exoplanètes détectées à ce jour, seule une cinquantaine ont été observées par imagerie dont l’avantage est de donner accès à la lumière des exoplanètes, ce qui ouvre la voie aux études spectrales de leur atmosphère et de leur surface. L’imagerie est aussi la seule méthode permettant d’étudier des exoplanètes situées dans les parties externes des systèmes stellaires ainsi que les disques circumstellaires, ce qui est fondamental pour comprendre les différentes étapes de la formation planétaires. Cependant, ces techniques doivent relever deux défis : la faible séparation angulaire qui existe entre une exoplanète et son étoile, ainsi que le contraste entre ces deux objets qui est de l’ordre de 10-4 dans l'infrarouge proche pour des Jupiter jeunes et de l'ordre de 10-10 dans le visible pour des planètes matures telles la Terre et Jupiter. Les instruments actuels utilisent des coronographes pour filtrer la lumière de l'étoile hôte et observer son voisinage ténu. Ils utilisent également des techniques actives qui compensent les effets des aberrations de surface d’onde pour minimiser le niveau des tavelures dans l'image finale. Couplés à des techniques d'imagerie différentielle, ces instruments ont permis la découverte et l'étude d'exoplanètes jeunes et massives, et de disques circumstellaires. Cependant, pour détecter des exoplanètes moins lumineuses et plus proches de leur étoile, les techniques d’imagerie font aujourd’hui l’objet d'une recherche active en laboratoire. Par exemple, l’Observatoire de Paris a développé le banc très haute dynamique (THD) pour tester et optimiser l’association de plusieurs techniques d’imagerie haute dynamique comme le four quadrants phase masque (FQPM) ou la self-coherent camera (SCC) qui est une technique d’analyse de surface d’onde en plan focal.Au début de ma thèse, mes travaux se sont concentrés sur le développement et l’étude de coronographes et d’analyseurs en plan focal pouvant travailler en larges bandes spectrales (typiquement 12,5 % à 40 %). J’ai testé sur le banc THD deux coronographes, le multi four-quadrant phase-mask (MFQPM) et le dual-zone phase-mask (DZPM). J’ai prouvé que le DZPM peut atteindre des contrastes de l’ordre de 4 10-8 pour des séparations angulaires comprises entre 7 et 16 λ/D et une bande spectrale de 250 nm centrée à 640 nm. J’ai également développé et testé une version de la SCC moins sensible au chromatisme appelée multireference self-coherent camera (MRSCC). En la combinant au DZPM, j’ai réussi à atteindre en boucle fermée des contrastes de l’ordre de 4.5 10-8 entre 5 et 17 λ/D pour une bande spectrale de 80 nm centrée à 640 nm. Ces deux résultats sont importants, car ils montrent qu'il est possible de construire un instrument qui atténue la lumière et contrôle activement les aberrations optiques directement à partir de l'image scientifique en large bande spectrale. À la fin de ma thèse, nous avons mis en place une collaboration visant à tester la SCC sur le télescope Hale du mont Palomar. Lors de deux missions auxquelles j’ai participé, nous avons prouvé que la SCC pouvait être associée avec un coronographe de type vortex ce qui n’avait jamais était fait auparavant. De plus, suite aux résultats obtenus sur source interne, nous prévoyons une démonstration sur ciel à l'automne 2016 / Among the 3000 exoplanets detected at this time, about 50 have been observed by direct imaging. The benefit of direct imaging is to give access to exoplanet light, paving the way for spectroscopic study of their atmospheres and surfaces. Moreover, direct imaging is also the only method that enables the study of exoplanets located in the outer parts of the stellar systems as well as circumstellar disks, which are fundamental to understand the different stages of planetary formation. However, there are two challenges : the small angular separation between an exoplanet and its star (less than a fraction of 1’’), and the contrast between the two objects which is of the order of 10-4 in near infrared for young Jupiter and of the order of 10-10 in visible light for Earth like planets. Existing instruments use coronagraphs to filter light from the host star and observe its tenuous neighborhood. They also use active techniques in order to minimize, in the final image, the brightness of speckles induced by wavefront aberrations. Coupled with differential imaging techniques, these instruments led to the discovery and study of young and massive exoplanets and circumstellar disks. However, to detect fainter exoplanets closer to their star, imaging techniques are now at the heart of an active research. For example, the Paris Observatory developed the banc très haute dynamique (THD bench) aiming at testing several high contrast imaging techniques and their associations as the four quadrants phase masque (FQPM) and the self-coherent camera (SCC) which is a focal plane wavefront sensor.At the beginning of my PHD, I mainly focused my work on the development and the study of coronagraphs and focal plane wavefront sensors able to work in broadband (between 12,5 % and 40 %). I tested on the THD bench two coronagraphs, the multi four-quadrant phase-mask (MFQPM) and the dual-zone phase-mask (DZPM). I proved that the DZPM is able to reach contrasts of 4 10-8 at angular separations ranging from 7 to 16 λ/D using a spectral bandwidth of 250 nm centered on 640 nm (40 %). I also developed and tested a new version of the SCC, less sensitive to chromatism, called the multireference self-coherent camera (MRSCC). By combining both DZPM and MRSCC, I reached in closed loop contrasts of 4.5 10-8 between 5 and 17 λ/D for a spectral bandwidth of 80 nm centered on 640 nm (12,5 %). These two results are important because they show that it is possible to build an instrument able to reduce the stellar light and actively control optical aberrations directly from a scientific image registered in a large spectral bandwidth which is requiered for the next generation of instruments. During my PHD, we also strated a collaboration to install the SCC at the Palomar Observatory. During two missions in which I took part, we proved, for the first time, that the SCC can be associated with a vortex coronagraph. Finally, based on these results, we plan to demonstrate the SCC concept on sky in the fall of this year
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Dispositifs flexibles de communication à 60 GHz reconfigurables mécaniquement / Ultrasoft reconfigurable millimeter-wave antennas and devices based on Magneto-Electro-Mechanical Microsystems (MMEMS) : design, fabrication, measurements

Orlic, Yovan 17 January 2014 (has links)
Il y a à l’heure actuelle un grand besoin d’antennes reconfigurables dans la bande des 60 GHz pour des applications de télédétection et de télécommunication sans fil. Les solutions traditionnelles de reconfiguration sont basées sur des semi-conducteurs ou des composants RF-MEMS conventionnels dont le coût, la complexité et les pertes croissent avec la fréquence.Dans cette thèse une approche originale a été développée : elle est basée sur la reconfiguration mécanique d’antennes et de dispositifs sur substrat élastomère souple PDMS et l’utilisation d’actionneurs MEMS grand déplacement.L’histoire et le contexte de la télécommunication sont abordés pour faire comprendre l’intérêt récent pour la communication à 60 GHz ainsi que la nécessité de la reconfiguration et l’avantage de la reconfiguration mécanique à cette fréquence. Le PDMS, polymère ultra-souple de choix est ensuite étudié en détail. Il est caractérisé mécaniquement et diélectriquement. Sont ensuite présenté les applications développées par cette approche : des antennes accordables en fréquence ainsi que des dispositifs permettant un balayage de l’espace. Différents mode d’actionnement (pneumatique, magnétique, interaction électro-fluidique) sont explorés. / There is an increasing need for tunable antennas in the 60 GHz band for remote sensing application and wireless communication. Traditional tuning solutions are based on semiconductor or conventional RF-MEMS but these component face cost, complexity and losses issues at millimeter waves. In this thesis, an original approach was developed: it is based on the mechanical reconfiguration of millimeter wave microstrip antennas and devices printed on ultrasoft elastomeric PDMS substrate, thanks to large displacement MEMS actuators.First, a quick history and context on the telecommunication explain the recent interest toward the 60 GHz band for telecommunication and the need for tenability and advantage of mechanical tenability at this frequencies. The ultrasoft polymeric PDMS is then studied. It is caracterised both mechanically and dielectrially. Then the different applications developed during this thesis are presented: frequency tunable antenna and beam steering systems. Different actuation solution (pneumatic, magnetic, electro-fluidic interaction) are explored.

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