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L'IPOTESI DI UN'ARTE WAGNERISTA IN ITALIA 1880-1920: FORTUNA ICONOGRAFICA, UTOPIA DEL GESAMTKUNSTWERK E SUGGESTIONE MUSICALISTABOLPAGNI, PAOLO 19 April 2010 (has links)
La ricerca condensata in questa tesi di dottorato trae spunto dall’assenza di studi specifici riguardo all’influenza di Wagner e del wagnerismo sulle arti visive in Italia tra il 1880 e il 1920. Partendo dall’analisi della concezione wagneriana del Gesamtkunstwerk e del ruolo attribuito da Wagner alle arti visive, se ne prende in esame il triplice influsso esercitato sulla riflessione critica ed estetica e sulla produzione artistica (pittura, scultura, illustrazione, cartellonistica, caricatura, scenografia): da una parte l’iconografia, che comprende sia i ritratti di Wagner, sia le opere ispirate ai personaggi e alle situazioni dei suoi drammi; vi è poi la tendenza “musicalista”, tipica del Simbolismo, che mira a comunicare emozioni, sensazioni e contenuti propri della musica con i mezzi delle arti visive; e infine l’orientamento sinestetico in direzione dell’“opera d’arte totale”. / The research whose results are recollected into this essay took its origin from the absence of specific studies about Wagner’s and Wagnerism’s influence on visual arts in Italy between 1880 and 1920. Starting from the analysis of Wagner’s conceptions of Gesamtkunstwerk and from the role assigned by Wagner to visual arts, I examined the triple influence of these ideas on the critical and aesthetical reflection and artistic production (painting, sculpture, illustration, caricature, scenography): on one side the iconography, including both Wagner’s portraits and works inspired to his dramas’ characters and situations; moreover, there’s the ‘musicalist’ tendence, typical of Symbolism, which aims to communicate feelings and emotions which are proper of music by the means of visual arts; eventually, the synaesthetical tendence towards the “Universal Artwork”.
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ARTISTI E RAI 1968 - 1975. LA TELEVISIONE PUBBLICA ITALIANA COME SPAZIO D'INTERVENTO ARTISTICO / Artists and Rai 1968-1975. Italian public television as a space of artistic interventionMARI, CHIARA 17 March 2015 (has links)
La tesi analizza le collaborazioni di alcuni protagonisti della ricerca artistica contemporanea con la Rai tra gli anni Sessanta e Settanta. Dopo un capitolo introduttivo che ripercorre nelle sue linee principali le origini del dibattito critico italiano intorno al tema dei rapporti fra artisti e televisione, lo studio si concentra sul periodo 1968-1975, quando da un lato la Rai si apre maggiormente all’attualità artistica, dall’altro gli sviluppi dell’arte in direzione ambientale e performativa e le prime sperimentazioni video creano le premesse per interventi negli spazi della televisione pubblica. Il dialogo aperto da queste collaborazioni è particolarmente significativo perché rovescia la prospettiva con cui la Rai ha prevalentemente guardato l’arte contemporanea. La ricerca artistica si insinua nella programmazione ordinaria, oltre i confini del programma specialistico sull’arte, innescando riflessioni che vanno sempre al di là di un contributo “decorativo”, scenografico, educativo o divulgativo. Gli interventi artistici pensati per gli schermi Rai sono specchio di un contesto culturale assai più ampio e la loro analisi permette uno sguardo trasversale sul panorama artistico a cavallo dei due decenni, aprendo direzioni di riflessione nelle storie dell’arte più note di quegli anni e nella storia della televisione culturale italiana. / This thesis investigates the collaboration between leading figures of contemporary art and Italian public broadcaster Rai in the 1960s and 1970s. The opening chapter provides an overview of the early debates in Italian art criticism on the relationship between artists and television. The study then focuses on the period 1968-1975. On the one hand, Rai was increasingly opening up to contemporary art during this time; on the other, the emergence of environment and performance art and the early experimentations with video were creating the conditions for artists to work in the space of public television. The exchanges arising from these collaborations are particularly significant because they reverse Rai’s prevalent approach to contemporary art. By going beyond specialist cultural programming and creeping into ordinary programmes, art makes a contribution which always transcends a merely ‘decorative’, scenographic or educational purpose. Artists’ work for Rai reflects a much wider cultural context, and its analysis offers a broad view of the art scene at the turn of the decades, providing new directions for exploration of the more well-known art histories of those years and of the history of cultural television programming in Italy.
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LE TERRECOTTE DECORATIVE DEL MUSEO D'ARTE ANTICA DEL CASTELLO SFORZESCO DI MILANO: PRODUZIONE FITTILE E ARCHITETTURA NELL'ETA' SFORZESCABARBIERI, ALESSANDRO 25 March 2015 (has links)
Le attività di ricerca e catalogazione effettuate durante lo stage condotto tra il 2010 e il 2011 sui materiali fittili conservati nel deposito del Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco di Milano sono state all’origine di alcune riflessioni e considerazioni sul tema delle terrecotte decorative del primo Rinascimento in Lombardia - in particolar modo a Milano e a Cremona - che ha trovato un primo importante esito nella presentazione al convegno del 2011 Terrecotte nel Ducato di Milano. Artisti e cantieri del primo Rinascimento. La scelta, in seno alle ricerche per il dottorato, è stata quella di proseguire, incrementandoli, gli studi sulla collezione fittile delle Civiche Raccolte d’Arte di Milano, approfondendo il tema della produzione coroplastica decorativa nell’età sforzesca, non tralasciando di analizzare, per alcuni casi rilevanti, il coevo contesto architettonico. I risultati ottenuti, riordinati e raccolti nelle pagine di questa tesi, costituiscono il tentativo di una prima mappatura dei repertori ornamentali, dove partendo dai patterns decorativi esibiti dalle singole formelle presenti nel deposito del museo è stato possibile stabilire confronti e tracciare relazioni con i numerosi complessi architettonici con decorazione fittile sparsi sul territorio lombardo e nelle regioni confinanti. / The research and cataloguing activities conducted during the internship in 2010-2011 on the clay materials preserved in the deposit of the Museo d’Arte Antica at the Castello Sforzesco in Milan, were what sparked off a series of considerations and reflections on the subject of decorative terracottas during the early Renaissance in Lombardy - particularly Milan and Cremona - the results of which were discussed during the presentation at a conference held in 2011 entitled Terrecotte nel Ducato di Milano. Artisti e cantieri del primo Rinascimento.
The decision behind the research conducted for my PhD was to continue and extend the studies to include the collection of clay products preserved by the Art Collections of the Municipality of Milan, more specifically the decorative coroplast productions in the Sforzesca era, which included an in-depth analysis of the contemporary architectonic context of some of the most significant cases.
The results obtained, indexed and included in this thesis aim to present an initial mapping of the ornamental repertoires where, starting from the decorative patterns of the individual tiles preserved in the deposit of the Museum, it was possible to establish comparisons and trace relations with the countless architectonic complexes highlighting clay decorations scattered throughout the Lombardy region and bordering areas.
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I "CATTIVI MAESTRI" Dalla "Performance art" alle forme d'azione e animazione radicale in Italia tra il 1975 e il 1980 (teoria critica e pratica politica)IAQUINTA, CATERINA 06 June 2014 (has links)
In una riflessione storico-critica sulle questioni che hanno animato il dibattito nazionale e internazionale intorno alla Performance art durante gli anni Settanta, fino alle implicazioni critiche più recenti sul concetto di "performatività", la ricerca affronta la funzione estetico-politica della performance connessa ad alcuni casi specifici di azioni e animazioni radicali in Italia tra il 1975 e il 1980 tra teoria critica e pratica politica. / In a historical-critical reflection on the issues that have animated the national and international debate about the performance art during the seventies, until the most recent critical implications on the concept of "performativity", the research addresses the aesthetic-political function of the performance related to some specific cases of radical actions and animations in Italy between 1975 and 1980 between critical theory and political practice.
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PLINIO NOMELLINI 1866-1943. ICONOGRAFIE DEL LAVORO. DAL REALISMO SOCIALE AL SIMBOLISMO 1885-1908GAETANO, ELIA SIDDHARTA 21 May 2021 (has links)
Il presente studio intende proporre una rilettura originale della pittura di Nomellini, fondata su un percorso critico incentrato sulle iconografie del lavoro. Tale analisi è limitata cronologicamente alla prima fase della sua attività: dagli esordi fiorentini, intorno al 1886, alle partecipazioni alla Biennale di Venezia nelle edizioni del 1907 e del 1909. Si intende così definire un ideale catalogo delle opere dedicate al tema del lavoro capace di ripercorrere e di precisare quell’evoluzione estetico-ideologica già messa in luce da Ragghianti, che aveva portato diversi artisti inizialmente ispirati a ideali sociali umanitaristi dapprima verso una «significazione idealista» di carattere dannunziano e poi all’adesione a un mitografismo nazionalista e «immaginifico». Uno sviluppo che nel caso di Nomellini parte da dipinti che ritraggono i contadini della Maremma secondo una prospettiva sociale umanitaria e con uno stile ancora in bilico tra il naturalismo e la rappresentazione di un nuovo senso della luce, e che trova un provvisorio punto d’arrivo nelle tele genovesi di dichiarata critica sociale, realizzate con la tecnica divisionista. Se la svolta simbolista di Nomellini comporta anche la scomparsa del tema del lavoro dalla sua pittura, l’iconografia del lavoro si ripresenta nuovamente nella produzione nomelliniana del primo decennio del Novecento, trasfigurata però da una nuova prospettiva ideologica tesa a una mitizzazione nazionalista del mondo del lavoro e dei lavoratori e affrontata con un divisionismo ormai maturo. / The present study intends to propose an original reinterpretation of Nomellini's painting, based on a critical path centered on the iconographies of work. This analysis is chronologically limited to the first phase of his activity: from the Florentine beginnings, around 1886, to the participations in the Venice Biennale in the 1907 and 1909 editions. Thus we intend to define an ideal catalog of works dedicated to the theme of work capable of retrace and clarify that aesthetic-ideological evolution already highlighted by Ragghianti, which had led several artists initially inspired by humanitarian social ideals, first towards an "idealist signification" of a D'Annunzian character and then adherence to a nationalist and "imaginative mythography ". A development that in Nomellini's case starts from paintings that portray the peasants of the Maremma according to a humanitarian social perspective and with a style still poised between naturalism and the representation of a new sense of light, and which finds a provisional point of arrival in the Genoese canvases of declared social criticism, made with the pointillist technique. If Nomellini's symbolist turning point also entails the disappearance of the theme of work from his painting, the iconography of work reappears again in Nomellini's production of the first decade of the twentieth century, transfigured, however, by a new ideological perspective aimed at a nationalist mythization of the world of work and workers and faced with a mature divisionism.
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Le Triomphe de la Folie sur la scène de l’Académie Royale de Musique, portrait d’une figure entre 1697 et 1718 / The Triumph of Folly on the stage of the Académie Royale de Musique, portrait of an allegorical figure between 1697 and 1718Tanguy, Camille 27 January 2014 (has links)
Ce travail est consacré à l’étude du personnage allégorique de la Folie sur la scène de l’Académie Royale de Musique entre 1697 et 1718. Qu’il soit suggéré ou personnifié, ce caractère féminin est abondamment présent dans les spectacles de cette période. A la fin du règne de Louis XIV, la Folie fait peu à peu son entrée à l’Opéra. Entourée de Momus, du Carnaval, de Bacchus, de l’Amour et des personnages de la commedia dell’arte, la Folie « ramène les tendres Jeux », « chasse la Raison cruelle » et invite sans cesse à « goûter les charmes de la vie ». En accédant à l’Opéra, cette figure extravagante et enjouée signale une évolution de ton qui préfigure le changement de mœurs associé à la Régence. Mais au-delà de la philosophie hédoniste qu’elle dispense, quel est le sens caché des paroles de la Folie ? Faut-il voir dans la présence de ce personnage une remise en cause de l’ordre établi, de la politique sociale et de l’austérité marquant la fin du règne ? Son utilisation permet-elle, sous la couverture d’une « maladie de l’âme », de critiquer la politique et les mœurs de Louis XIV ? Qui se cachent derrière le discours subversif de la Folie ? Quel est le rôle de cette figure dans les débats esthétiques de l’époque ? Cette recherche explore le rôle, ainsi que le traitement musical, dramatique et scénique d’une telle figure à travers l’étude d’ouvrages créés à l’Opéra. Nous proposons ici un portrait physique, moral et social de la Folie, à la lumière de multiples documents musicaux, textuels et iconographiques de l’époque, et présentons différents traits de caractère du personnage et plusieurs thèmes qui lui sont liés afin de comprendre les raisons de sa présence à cette époque. / This work is devoted to the study of the allegorical figure of Folly on the stage of the Académie Royale de Musique between 1697 and 1718. Suggested or personified, this female character is abundantly present in the spectacles of this period. At the end of the reign of Louis XIV, Folly appears little by little at the Opera. Surrounded by Momus, Carnival, Bacchus, the god of love and the characters of the commedia dell'arte, Folly "brings back the soft Games", "banishes the cruel Reason" and continually invites to "taste the charms of life”. By accessing the Opera, this extravagant and playful figure indicates a change of tone that foreshadows the changing attitudes of the Regency. But beyond the hedonistic philosophy that she provides, what is the hidden meaning of Folly’s words? Should we see a calling into question of the established order, the social policy and the austerity marking the end of the reign? Does its use allow, under the cover of a “disease of the soul”, to criticize the policy and manners of Louis XIV? Who hides behind the subversive speech of Folly? What is the role of this figure in the aesthetic debates of the period? This research explores the role, as well as musical, dramatic and scenic treatments of such a figure through the study of works created at the Opera. We propose here a physical, moral and social portrait of Folly, in the light of multiple musical, textual and iconographic documents of the time, and present different character traits and several themes that are related to it in order to understand the reasons for its presence at this time
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A la recherche d'un théâtre perdu : Giovanni Poli (1917-1979) et la néo-Commedia dell'Arte en Italie, entre tradition et expérimentationFilacanapa, Giulia 15 May 2015 (has links)
L’Europe du XXe siècle voit la création de compagnies et centres de recherche qui se consacrent à la redécouverte des modules de la Commedia dell’Arte, véritable forme de théâtre traditionnel en Occident qui a décliné après la ‘réforme’ de Goldoni. Giovanni Poli représente l'exemple le plus significatif de ce processus de réinvention que nous appelons, avec un néologisme, néo-Commedia dell'Arte. Ayant eu accès à ses archives privées et après les avoir retranscrites et proposées en annexe, nous avons pu entrer dans tous les méandres de son activité polymorphe et voir comment elles répondaient à nos questionnements. La présente thèse est structurée en trois parties allant de la pensée à la pratique et vice-versa. La première interroge la formation de la pensée de Poli autour de la Commedia dell'Arte afin de comprendre quelle était la démarche qui l'a conduit à concevoir son spectacle le plus célèbre La Commedia degli Zanni (1958). La deuxième est dédiée à sa pratique artistique, corrélée à la fois à la dramaturgie et aux mises en scène inspirées du phénomène historique, attachant une importance particulière à la technique du montage anthologique, l'une des caractéristiques principales de son écriture ‘postdramatique’. La dernière partie analyse les processus de transmission de cette réinvention, qui advient à travers son activité pédagogique et les ‘voyages’ au sens propre et au sens figuré entrepris avec sa néo-Commedia dell'Arte. Puisant à la fois dans la tradition théâtrale italienne et dans l’avant-garde, il réinvente un système référentiel, se révélant une cheville indispensable à la reconstruction du panorama européen et mondial de la néo-Commedia dell'Arte. / Europe of the XXth century sees the creation of companies and research centers which dedicate themselves to the rediscovery of the modules of Commedia dell'Arte, the real shape of western traditional theater, which declined after the 'reform' of Goldoni. Giovanni Poli represents the most significant example of this process of reinvention that we call, with a neologism, néo-Commedia dell'Arte. Having had access to his private archives and having transcribed and proposed them in appendix, we were able to enter all the meanders of his polymorphic activity and to see how they answered our questionings.This thesis is structured in three parts, moving from the thought to the practice and vice versa. The first one, questions the formation of Poli’s thought around Commedia dell'Arte to understand what was the approach which led him to conceive his most famous play La Commedia degli Zanni (1958). The second part is dedicated to his artistic practice correlated, at the same time, with dramatic art and with directions inspired by the historical phenomenon, setting a particular importance to the technique of anthological editing, one of the main features of his 'postdramatic' writing. The last part analyzes the processes of transmission of this reinvention, which happens through his educational activity and the 'journeys' literally and figuratively undertaken with his néo-Commedia dell'Arte. Drawing at the same time on Italian theatrical tradition and on the avant-garde, he reinvents a reference system, showing itself an essential core to the reconstruction of European and world panorama of néo-Commedia dell'Arte.
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\"Movimento-imagem-ideia\" - o percurso de uma prática / \"Movement-Image-Idea\": the trajectory of a practice.Vieira, Cristiane Paoli 09 November 2016 (has links)
Esta dissertação tem como objeto de estudo a elaboração do conceito, \"movimento-imagem-ideia\", desenvolvido no percurso de uma prática de improvisação. Iniciada no teatro, por meio dos aprendizados do jogo teatral, do jogo das máscaras, como a commedia dell\'arte e o palhaço, encontra a dança e as abordagens somáticas, ampliando-se e oferecendo estrutura à autonomia do intérprete improvisacional. As pesquisas cênicas que constituíram caminho e estabelecimento dessa conceituação, analisadas neste trabalho, têm por foco a improvisação e a máscara de A Troupe de Atmosfera Nômade; as improvisações em tempo real, diante do público, da Cia. Nova Dança 4; e a estrutura pré-fixada na dança, em Ladies, da inocência à crueldade, com possibilidades de rupturas improvisacionais. / This dissertation investigates the elaboration of a concept, \"movementimage- idea\", developed during an improvisation practice. When this improvisation - which started in the theatre with the use of theatre games, mask games, such as commedia dell\'arte and clowns - meets dance and somatic approaches, it is amplified, now offering structure to the autonomy of the improvisational actor. Previous research on performing arts that have paved a path to the establishment of the concept analyzed here focus on A Troupe de Atmosfera Nômade\'s use of improvisation and masks; Cia Nova Dança 4\'s real time improvisation in front of an audience; and the structure prefixed on dancing, in Ladies, from innocence to cruelty, with possible improvisational ruptures.
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TEORIE E INDIRIZZI APPLICATIVI DEI MUSEI STATUNITENSI NELL'EDUCAZIONE DEGLI ADULTI: UNA LETTURA CRITICA E UNA PROPOSTA / Theories and Practical Orientations of Adult Education within Northern American Museums: a Critical Analysis and a ProposalFRASCHINI, ERICA 21 February 2008 (has links)
La presente ricerca è volta a collegare l'ambito artistico all'educazione degli adulti. Primo obbiettivo della ricerca è stato riconoscere le peculiarità dell'apprendimento adulto per potere individuare quali tra esse fossero da considerare irrinunciabili in una pedagogia per il patrimonio artistico.
Il primo capitolo è dedicato a ripercorrere la letteratura critica relativa al tema dell'apprendimento degli adulti nei musei per mettere in luce: 1) le caratteristiche dell'apprendimento adulto che devono essere considerate nel progettare attività rivolte a questo tipo di pubblico. 2) le teorie pedagogiche maggiormente diffuse in ambito museale americano e che influenzano le esperienze europee.
Il secondo capitolo nasce come continuazione del primo e tenta di offrire un'alternativa al modello costruttivista di museo, portando all'attenzione il concetto di persona derivante dalla posizione filosofica realista.
Il terzo capitolo si divide in due parti: la prima rende conto della fase di osservazione condotta presso il Solomon Guggenheim Museum, il Metropolitani Museum of Art e il Museum of Modern Art di New York. Presso tali istituzioni museali ho individuato un'attività che per la metodologia adottata ha costituito il modello di riferimento per la fase applicativa della ricerca condotta presso il Museo dell'Ottocento di Milano e descritta nella seconda parte del capitolo. I risultati della sperimentazione hanno confermato la validità di tale metodologia e hanno aperto il campo a nuove riflessioni. / The aim of this research is to make a connection between art and lifelong learning. The first goal of the study was to underline the specific features of adult's learning to identify which should be considered as crucial in the artistic heritage pedagogy. The second goal was to study an approach to the artwork that fitted the requirements of adult's learning.
The first chapter is dedicated to consider: 1. the essential characteristics of adult's learning to be considered in the process of planning activities and 2. the most widespread pedagogic theories in American museums, and how they influence European works.
The second chapter tries to describe an alternative to the constructivistic model of the museum, focusing on the concept of person that arise from the realistic philosophy.
The third chapter is formed by two parts: in the first it is described a period of participant observation at the Guggenheim Museum, the Metropolitan Museum of Art and the Museum of Modern Art of New York. During that period, I identified an activity that formed the methodological basis for the practical activity I realized at the Museo dell'Ottocento of Milan. This activity is described in the second part of the chapter.
The results of the groundwork confirmed the high quality of the methodology and encourage further studies.
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L' arte del volto. Per un'antropologia dell'immagine / The art of the face. For an image's anthropologyFRANCHIN, GLENDA 26 June 2009 (has links)
Il presente lavoro di tesi si propone come uno studio sullo statuto dell’immagine e in particolare dell’immagine del volto. L’ipotesi da cui si muove è che per comprendere pienamente la natura di un’immagine sia necessario approfondire l’elemento antropologico in essa contenuto, rintracciando al di là delle manifestazioni contingenti di ogni immagine specifica l’interazione strutturale che essa intrattiene con lo sguardo. L’immagine non è il risultato di un procedimento passivo dell’occhio del soggetto, che posto di fronte al reale si limita a reagire alla luce e a produrre il riflesso dell’oggetto: l’immagine è risposta all’avanzare del reale di uno sguardo. Ogni immagine è antropologica perché si dà secondo la misura del soggetto che la istituisce, cioè in relazione all’esperienza dell’individuo che la guarda o che la produce. Il presente studio tenta, quindi, di collocarsi in una posizione più originaria rispetto alle numerose questioni che hanno dominato il panorama speculativo del secondo Novecento a proposito della natura dell’immagine: il rapporto con il referente, la presunta sostituzione dell’immagine alla realtà, il dominio del regime visivo rispetto ad altri sistemi di significazione e così via. Si tratta di questioni della massima rilevanza, ma la convinzione che anima il presente lavoro è che al di là dei mutamenti – pur radicali – del darsi dell’immagine e della sua presenza nel corso dell’evoluzione della cultura si possa rintracciare una struttura fenomenologica del suo darsi in relazione allo sguardo. L’oggetto preferenziale che si è scelto per individuare tale struttura è il volto e in particolare l’immagine del volto, il ritratto. Il ritratto individua e traccia un luogo storico-teorico fondamentale per ripensare alla natura della rappresentazione, dell’opera d’arte e dello sguardo artistico come possibilità di accesso a una forma di reale e di verità dell’immagine di cui sarà necessario specificare i caratteri.
L’analisi si apre con l’indicazione e la discussione del quadro fenomenologico di riferimento dell’intero lavoro, riproblematizzando le conclusioni del Concilio Niceno II e giungendo ad individuare la necessità di ripensare il concetto di rappresentazione. Tale ripensamento viene condotto sulla base dei testi di quattro autori, Jean-Luc Nancy, Regis Debray, Michel Dufrenne, Georges Didi-Huberman per giungere a una definizione della rappresentazione come re-presentazione dell’oggetto mediante l’immagine. Tale teoria conduce ad individuare la struttura propria di ogni immagine in una dinamica mai conclusa tra apertura e chiusura, tra caos e forma, tra infinita possibilità e definizione (capitolo primo). Il lavoro prosegue mettendo a fuoco il proprio oggetto specifico – l’immagine del volto – a partire da uno schema interpretativo «classico», il paradigma fisiognomico, mostrando come esso rappresenti la costante tentazione di misurare l’innumerabile, di costringere, classificare e fissare il mutevole per eccellenza, l’individualità che nel volto si esprime. La fisiognomica è una pratica dello sguardo declinata secondo la misura dell’appropriazione, un’utopia del controllo esatto sul modo d’essere dell’alterità (capitolo secondo). Il passo successivo sarà, quindi, quello di individuare una pratica del volto che non cerchi di costringerlo nelle maglie dell’idolo (cioè della staticità, della chiusura senza scampo della pietra muta): tale pratica può essere rintracciata nel ritratto, ovvero nello sguardo artistico che si indirizza sul volto. L’arte è esperienza dell’apertura, ovvero un agire che procede in direzione dell’assoluto altro delle possibilità del reale (Jean-Luc Nancy, Jacques Lacan); perciò contiene in essa la capacità di generare e ospitare un’immagine – del volto, ma non soltanto – in cui la soglia tra aperto (attraversamento da parte dell’alterità) e chiuso (darsi secondo una forma determinata) possa mantenersi senza cedere all’una o all’altra dimensione. L’arte è in grado di liberarsi dall’idolo, cioè da un’immagine su cui lo sguardo può posarsi godendo di una privilegiata condizione di quiete, riposando nell’illusoria convinzione di avere espunto dal campo visivo ogni elemento non controllabile e, soprattutto, capace di perturbare l’occhio osservante (capitolo terzo). Tali affermazioni vengono approfondite e messe alla prova grazie allo studio e alla frequentazione di una collezione di opere e artisti per lo più riconducibili temporalmente alla seconda metà del Novecento, a partire da Francis Bacon a cui viene dedicata la parte conclusiva del capitolo terzo. Il quarto e ultimo capitolo in cui vengono raccolti i materiali artistici analizzati è organizzato in cinque aree: estetica post-umanistica, rielaborazioni digitali del volto, morte e ritratto, volto e figurazione, volto e limiti della visibilità.
Il lavoro si chiude con una riconsiderazione critica delle tesi esposte mediante il richiamo a Lévinas e alla sua posizione nei confronti dell’arte, giungendo ad affermare che l’immagine dell’altro nella forma del ritratto manifesti una pratica dell’alterità assimilabile al concetto greco di ποίησις. / If human body represents the border of the self as regards the external world and the other people, human face is the area of our body in which we can find the mark of our individuality. No other area of our body is as much suitable to mark out our individuality and give us social distinctiveness. With its permanent expressiveness and its ability to show infinitesimal changes, human face is essential to save the individual from the undifferentiated and to preserve human uniqueness. Face has meaning and sense, but its signification process can’t be closed. It goes beyond face itself, given that face is an area of configuration of a sense which bases itself on a mode which can be called “mid-say”: it leaves something unsaid, keeps on saying the same things but always halfway, reveals that something is hidden and makes this evident. Our face is a limited area with an unlimited spread (apertura, distensione) which can’t be eliminated - dynamism of opening and closing.
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