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Spes optima regni". L'azione politica di Lotario I (795-855) alla luce delle fonti storico-narrative del secolo IX"

Sernagiotto, Leonardo January 2017 (has links)
La presente tesi indaga il ruolo svolto da Lotario I (795-855), figlio dell’imperatore Ludovico il Pio e associato al potere imperiale dall’817, all’interno della storia dell’Impero carolingio, specificatamente tra gli anni 814 e 843. L’azione di governo di Lotario è stata esaminata principalmente sulla base di un’attenta analisi delle fonti storico-narrative coeve alla vita dell’imperatore, indagine che ha permesso di rivedere e considerare sotto un’ottica nuova alcuni eventi chiave della storia carolingia, tra cui in primis il rapporto di Lotario con il padre Ludovico il Pio e il fratellastro Carlo il Calvo.
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Sepolture di cavalieri e cavalli in Italia tra IV e VIII secolo d.C. Testimonianze archeologiche e contesti culturali

Dalba, Michele January 2019 (has links)
In età altomedievale, così come in epoche precedenti e successive, la figura del cavaliere ha sempre avuto un ruolo di spicco nella società, sostenuto da fattori economici e culturali. Sin dai tempi in cui fu addomesticato e allevato, il cavallo divenne un simbolo di status, uno tra i maggiormente diffusi, indipendentemente dal periodo, dal luogo o dalla cultura e forse paragonabile, a livello di riconoscibilità, all’oro stesso. La manifestazione del rango di cavaliere trova declinazioni diverse, che differiscono in base ai contesti culturali e ai periodi. In questa tesi sono stati approfonditi gli aspetti legati all’ostentazione di questo status in ambito funerario tra il IV e l’VIII secolo d.C. nei territori a sud delle Alpi, precipuamente nella penisola italiana. Le sepolture, come accennato, differiscono tra loro e i dettagli per riconoscere l’inumato come cavaliere sono molteplici: in età tardoantica, ad esempio, il ragno era espresso attraverso la stele, che in alcuni casi tratteggiava iconograficamente il defunto in compagnia della sua cavalcatura, rendendo immediatamente riconoscibile la sua posizione sociale. Nel caso delle sepolture abbigliate invece il riferimento al mondo equestre era rimarcato nel momento del funerale secondo due modalità principali. La prima prevedeva l’inserimento dell’equipaggiamento equestre nel corredo funebre. La seconda consisteva nell’uccisione di un cavallo e la successiva deposizione all’interno della medesima tomba o in una fossa adiacente alla sepoltura del defunto. Non si può però assumere come immediata e sempre valevole la formula per cui lo scheletro di un equino, all’interno o nelle vicinanze di una tomba, identifichi automaticamente l’inumato come cavaliere. Lo studio delle tombe di cavaliere è stato condotto seguendo questi due principali filoni di ricerca e, sebbene l’argomento sia stato già affrontato a livello europeo, come si evince anche dall’osservazione delle carte di distribuzione dei materiali pertinenti l’equipaggiamento equestre e delle sepolture con cavallo, la penisola italiana è finora rimasta laconicamente periferica nella trattazione. Mancando un lavoro di sintesi che affrontasse in modo sistematico l’argomento per quest’area, si è condotto lo studio attraverso: - lo spoglio dell’edito col fine di raccogliere le attestazioni note (e in alcuni casi inedite) relative agli speroni, alle imboccature, agli elementi metallici dei finimenti e della sella, e alle staffe; - lo spoglio dell’edito col fine di raccogliere le attestazioni note relative alle sepolture intenzionali di cavalli. Lo studio dei materiali, imprescindibile per la comprensione dei contesti culturali, è stato affrontato prendendo come riferimento la letteratura straniera, che si era già trovata ad affrontare le problematiche relative a questi tipi di oggetti (in primis la riconoscibilità) e a proporre delle tipologie dedicate. La raccolta dei dati per il territorio peninsulare a sud delle Alpi rappresenta un momento importante, in quanto si tratta di un’area che è stata crocevia di influssi culturali diversi, in cui sono stati rielaborati vecchi elementi dell’attrezzatura equestre o accolte nuove tecnologie in questo campo. La raccolta delle attestazioni pertinenti le sepolture intenzionali di cavalli ha portato a riconoscere una situazione complessa, molto distante da quanto è stato tratteggiato a volte nella letteratura dedicata, in cui questo costume funerario è stato derubricato a una semplice manifestazione di competizione sociale. Innanzitutto, le numerose testimonianze raccolte sono state suddivise in base alle cause che hanno condotto alla sepoltura intenzionale degli animali, che non sempre può essere messa in relazione con la deposizione di cavalieri. Queste possono essere ricondotte anche a pratiche igieniche, cerimoniali (sacrificio in occasione di riti di fondazione o religiosi), o puramente affettive. In secondo luogo, sono state prese in considerazione le informazioni provenienti dalle indagini a carattere archeozoologico, che possono fornire dati preziosi per inquadrare il costume. Incrociando questi dati con lo studio dei materiali e dei contesti è stato possibile individuare delle peculiarità nel rito, che possono essere ricondotte ad aree e gruppi specifici. Inoltre, lo studio dell’associazione dei materiali nei corredi funerari riferibili all’equitazione ha permesso di riconoscere lo sviluppo di un linguaggio equestre, impiegato in circostanze che esulano dall’andare a cavallo, che è in parte nato in età altomedievale, e si è mantenuto in epoche successive.
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Tra Tirolo e Boemia: protagonisti e comprimari del Gotico internazionale in una terra di confine

Paulmichl, Stefanie January 2018 (has links)
La tesi si concentra su una serie di testimonianze di pitture (principalmente murali) in un arco cronologico compreso tra la fine del Trecento e la prima metà del Quattrocento, spingendosi, con partenza dal Trentino-Alto Adige, lungo l’arco alpino austriaco e sloveno. Accanto a dipinti discussi dalla critica vengono presentate testimonianze fotografiche di pitture finora misconosciute con l’obiettivo di enucleare gruppi di opere, di profilare maestranze attive in questa regione e di individuare le tendenze figurative in voga sul crocevia della suddetta zona alpina. Per mettere a fuoco protagonisti e comprimari, l’analisi formale delle opere – imprescindibile dai sopralluoghi – è accompagnata da una verifica dei documenti. La tesi si apre con un capitolo dedicato al variegato panorama artistico del Tirolo storico, presentando tanto artisti sedentari e maestranze itineranti quanto le diverse lingue figurative affermatesi in questo territorio che amalgamano elementi provenienti da nord e da sud. Segue un capitolo dedicato al ‘Maestro della IV campata’, profilatosi come protagonista assoluto di questa stagione in questa regione alpina, ai cui emuli sono dedicati i capitoli tre e quattro. Ne seguono i capitoli dedicati ai suoi compagni di strada e agli artisti delle generazioni successive come il ‘Maestro dell’edicola votiva di Grissiano’ (5), Erasmo da Brunico (6), il ‘Maestro di San Sigismondo’ (7), Venceslao e il suo riflesso sul panorama artistico locale (8 e 9), il ‘Maestro di Santa Caterina di Caldaro’ (10) e il ‘Maestro della Strage degli Innocenti’ (11). La tesi si conclude con delle brevi schede tecniche.
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La cultura architettonica del periodo normanno e l'influenza bizantina in Sicilia

Rizzo, Marcello <1973> 07 July 2011 (has links)
The arguments of the thesis is the relationship between the Norman domination and the Greek-speaking people living in Sicily and Southern Italy. Particularly the ascendancy of the greek culture on the norman architecture and his role in the construction of the Norman Kingdom.
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La pittura murale a Milano tra la seconda metà del XIII secolo e l'inizio del XIV secolo / The mural painting in Milan in the second half of the XIII century and the beginning of the XIV century

RICCOBONO, FEDERICO 13 March 2012 (has links)
Si tratta di studio sulla pittura murale milanese dalla seconda metà del Duecento all’inizio del Trecento; partendo dalle considerazioni di Pietro Toesca (1912), si analizzano i singoli affreschi cercando di inserirli all’interno di un omogeneo percorso cronologico e stilistico; per comprendere meglio quale aspetto avesse la pittura milanese prima dell’arrivo di Giotto a Milano, evidenziando somiglianze e differenze tra le varie cadenze stilistiche presenti in Milano. A questo scopo i singoli dipinti, presenti nei vari edifici religiosi, vengono studiati nel loro contesto architettonico per comprendere meglio la loro rilevanza artistica nella città. / This study on the mural painting in Milan in the second half of the thirteenth century at the beginning of the fourteenth century, starting from the considerations of PietroToesca (1912); we analyze the individual frescoes trying to put them in a consistent chronological and stylistic; to understand better what the painting looked like before the arrival of Giotto in Milan , highlighting similarities and differences between the many stylistic variations present in Milan. For this purpose the individual paintings in the various religious buildings, are studied in their architectural context to better understand their importance in the artistic city.
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CERAMICA DA CONTESTI ARCHEOLOGICI URBANI DI LECCE (XII - XVII SECOLO). ANALISI E CLASSIFICAZIONE / Pottery from urban archaeological contexts of Lecce (XII-XVII century). Data analysis and Classification.

CAPRINO, PATRICIA 25 March 2011 (has links)
Il lavoro si inserisce nell’ambito del progetto di Archeologia Urbana a Lecce, denominato “Lecce Sotterranea”, e propone la classificazione della ceramica databile tra XII e XVII secolo proveniente dai contesti archeologici degli scavi di Piazzetta Santa Chiara e di Palazzo Vernazza. L’analisi dei contesti di provenienza e delle associazioni di materiali hanno consentito la realizzazione di una classificazione tipologica per le forme meglio rappresentate all’interno delle classi più comuni. In generale si fornisce un ampio catalogo di forme con riferimenti cronologici molto puntuali. Inoltre, l’approccio contestuale e lo studio sui fenomeni di residualità hanno spesso consentito di fare delle considerazioni più puntuali sulle dinamiche di frequentazione dell’insediamento. ingrandire La lettura delle sequenze stratigrafiche e lo studio della componente residuale all’interno degli strati di età normanna, hanno consentito di chiarire alcuni aspetti circa le modalità di abbandono e di successivo ripopolamento dell’insediamento tra Tardoantico e XI secolo. L’analisi di classi ceramiche particolarmente diagnostiche ha integrato i pochi dati storici noti per il periodo svevo di Lecce mentre, per il periodo angioino e quello aragonese, è stato possibile definire un quadro cronologico più preciso rispetto alle produzioni ceramiche locali e ad alcune forme del vivere quotidiano. Infine, l’occasione di studiare contesti di XVII secolo scavati stratigraficamente ha dato modo di definire la datazione di classi ceramiche locali finora semplicemente classificate come “postmedievali”. / The work is part of the project of Urban Archaeology in Lecce called “Lecce Sotterranea”, and proposes the classification of pottery dated between the XII and XVII century and coming from the archaeological contexts of Piazzetta S. Chiara and Palazzo Vernazza excavations. The analisys of the contexts of origin and of the associations of materials has allowed a typological classification for the most represented forms inside the most common classes. In general, a wide catalogue of forms is presented, with very precise chronological references. Moreover, the contextual approach and the study of residuality worked out a better understanding of the dynamics of settlement. By reading the stratigraphical sequences and studying the residuality component inside Norman Age layers strata, some light has been shed upon the settlement's abandonment and later repopulation between Late Antiquity and the XI century. The analysis of particularly diagnostic classes of pottery has reinforced the scarce known historical data for the Swabian period in Lecce, whereas for the Angevin and Aragonese ones a more precise chronological picture could be drawn regarding local pottery production and some forms of daily life. Lastly, studying XVII century contexts stratigraphically excavated has permitted a more precise dating for some local ceramical classes previously classified just as “postmedieval”.
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Studi critici per una nuova edizione della Regula pastoralis di Gregorio Magno

Perotti, Federica 24 June 2022 (has links)
L’elaborato consiste in uno studio filologico sul testo della Regula pastoralis di Gregorio Magno e sulla sua prima diffusione. La tesi è strutturata in quattro sezioni: nella prima parte si ripercorre brevemente la storia degli studi critici sul testo della Regula pastoralis e si discutono i criteri metodologici adoperati per la selezione dei testimoni, che vengono di seguito descritti singolarmente in schede codicologiche. Nella seconda parte si analizzano i rapporti tra la Regula pastoralis e due altre opere gregoriane, i Moralia in Iob e l’epistola Synodica, allo scopo di definire sia l’occasione che le modalità con cui la Regula venne composta. Sempre in questa sezione si affronta il tema delle diverse campagne correttive autoriali che hanno interessato la Regula pastoralis e, contestualmente, si presentano alcune varianti riconducibili alla prima stesura del testo. La terza parte della tesi contiene la discussione dei passi che permettono di definire le diverse ramificazioni stemmatiche, insieme ad alcuni approfondimenti sulla storia della tradizione. Nella sezione finale è presentato il testo critico della prima metà della Regula pastoralis, comprendente sia le lezioni della prima redazione, collocate nella prima fascia di apparato, sia della seconda, poste a testo. Conclude l’elaborato un’appendice in cui si leggono i passi compresi tra i capitoli XXXI e LXIV interessati da interventi autoriali, dei quali si fornisce la forma ante e post correzione.
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The Legal Education of Thomas Jefferson

Cecchinato, Andrew January 2017 (has links)
Thomas Jefferson’s legal education offers a unique insight into the authoritative foundations of modern constitutionalism and sheds light on the revolutionary effort to digest American political experience according to the scientific legacy of Western jurisprudence. Much attention has been dedicated by contemporary literature to the sources of Jefferson’s thought. However, the interpretations offered over the past fifty years have told us more about Jefferson’s political alignment, than of his comprehensive engagement with the many strands and several authorities the Western legal tradition. The dissertation offers a study of Jefferson’s engagement with European jurisprudence. It tries, in particular, to connect Jefferson’s constitutionalism with medieval and early modern authorities addressing questions of sovereignty and religious freedom. These trans-Atlantic connections point equally to Common Law sources, as well to Continental Romano-Canonical jurisprudence and challenge, at the same time, the very distinction between the two traditions. In selecting the sources, preference has been given to those that belonged to Jefferson’s personal library. And, amongst these, particular attention has been dedicated to the ones that bear Jefferson’s annotations or inscriptions. The Introduction presents Jefferson’s copy of the foundational treatise on modern public law: Jean Bodin’s Les Six Livres de la Republique. Although Jefferson’s engagement with Bodin constitutes one of the main themes of the entire dissertation, the Introduction focuses mostly on the markings inscribed by Jefferson in his copy of the Republique and suggests that Jefferson may have been drawn to this work as it addressed the nature of power and of its constitutional limitations beyond any contingent concern. The dissertation’s first part is then dedicated to the exploration of Jefferson’s doctrine on sovereignty. It assumes, as its starting point, Jefferson’s “Bartolist” doctrine on tyranny. The first chapter traces the development of this doctrine from the Middle Ages to Modernity. It also evaluates the force of its various arguments in Jefferson’s own historical understanding of the conditions that defined the struggle for independence as the rational outcome of a legal process. The second chapter investigates, instead, the legal titles placed by Jefferson at the origins of the Americans’ lawful acquisition of power – expatriation, conquest, and citizenship – and their connection to the European jurisprudence on the iura naturalia. The third chapter closes the first part of the dissertation with an examination of Jefferson’s later reflections on the exercise of power. It focuses, in particular, on a two distinct groups of letters, dedicated to the independent exercise of sovereign power by each living generation, according to a Bodinian understanding of sovereignty, and to the constitutional relevance of intermediate bodies, maintained by Jefferson in keeping with Montesquieu. The second part of the dissertation is dedicated to religious freedom. The fourth chapter provides an examination of Jefferson’s participation in the “Grotian moment” and illustrates his understanding of religion as the naturalized foundation of morality and jurisprudence. Moreover, it traces the enduring relevance of the distinction between spiritual and temporal jurisdictions within his thought. The fifth and final chapter, instead, focuses on Jefferson’s integrative jurisprudence and insists that the multiple dimensions of law remained a fundamental feature of Jefferson’s legal persuasion, as he strived to substantiate the checks on power through his continuous engagement with the legacy of Western jurisprudence.
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Le vitae medievali di Romedio

Pichenstein, Serena January 2013 (has links)
Romedio e il dibattito storiografico: Il presente lavoro nasce dal desiderio di affrontare la questione romediana in un’ottica nuova, che unisca l’approfondimento della tradizione ad uno studio dei racconti agiografici di Romedio secondo un approccio culturale più vasto. Nello specifico, in una prima parte ci si propone di inquadrare la questione romediana attraverso il dibattito storiografico che nelle diverse epoche ha permesso di delineare come estremamente problematico e assolutamente non univoco il profilo dell’eremita anaune, a rischio di ideologizzazioni e strumentalizzazioni politiche della sua figura. Le agiografie medievali di Romedio: Lo sviluppo della tesi parte dall’analisi della tradizione medievale delle leggende romediane. Dopo aver presentato ciascuna Vita, sia dal punto di vista dei manoscritti che delle edizioni a stampa, si riconosce quale obiettivo principale l’opportunità di approfondire lo studio dell’ultima agiografia dell’eremita anaune, denominata in questa sede come versione K, in virtù della scoperta che la leggenda romediana riportata dal manoscritto sangiorgiano della biblioteca di Karlsruhe (K = Karlsruhe, Badische Landesbibliothek, St. Georgen 14, ff. 1r -10r) ci consegna la più recente e la più interessante agiografia, frutto della contaminazione di due versioni precedenti, corrispondenti alle Vitae BHL 7144 e 7145. L’edizione della vita K: L’allestimento dell’edizione della vita K verte attorno a due questioni fondamentali: si unisce infatti la problematica di un’agiografia attestata da un codex unicus allo studio del codice illustrato. Dopo aver riconosciuto la stretta corrispondenza che l’agiografia K intesse con le 10 illustrazioni che la accompagnano, si individua un rapporto biunivoco tra il testo e le immagini, tale però da superare, nelle suggestioni visuali introdotte, il contenuto veicolato dal solo testo scritto. Le icone biografiche: Per questa ragione si è scelto di connettere lo studio storico –letterario delle leggende romediane al contributo di ulteriori discipline quali la paleografia, ma soprattutto agli studi iconografici e storico –artistici. Si è rilevato molto proficuo il confronto con la tradizione iconica di matrice orientale. Nello specifico si è proposta una connessione tra le illustrazioni del codice K e le tradizionali celebrazioni in occasioni delle feste dei santi: si è potuto stabilire un netto parallelismo tra l’esposizione delle icone biografiche dei santi durante la pubblica lettura delle loro agiografie, affinché il fedele, immerso nella contemplazione del ritratto venerabile, potesse trovare conferma e motivo di riflessione nella corrispondenza dei fatti narrati dall’agiografia con gli episodi più significativi rappresentati iconograficamente. Considerato quindi l’allestimento codicologico della Vita di Romedio riportata dal manoscritto di Karlsruhe, pare di assistere alla proposta, all’interno di un manoscritto illustrato, dell’usanza delle icone biografiche. Suggestioni fantastiche e meravigliose: Terminato lo studio di K è parso opportuno un ulteriore raffronto con l’intera tradizione medievale delle leggende agiografiche romediane, dal quale è emerso come le suggestioni fantastiche e meravigliose appaiano come elemento prioritario. Le 5 agiografie propongono un ritratto di Romedio tracciato sulla base di nuclei narrativi comuni: il rapporto con Vigilio, il nascere della vocazione, la santità della vita eremitica, l’eccezionalità della sua esistenza. Pur nella specificità di ciascuna Vita, le 5 leggende romediane trovano così nell’elemento narrativo l’elemento unificante. Il gusto del narrare si riconosce infatti nella costante e crescente proposta di suggestioni fantastiche e meravigliose. Le peculiarità individuate all’interno della versione K apparivano infatti in nuce già nella versione più antica della Vita di Romedio, contenuta nel Liber epilogorum in gesta sanctorum di Bartolomeo da Trento, dove l’autore trecentesco dichiarava esplicitamente come l’intento di delectatio accompagnasse il proposito dell’edificatio fidelium. Partendo così dall’identificazione, secondo la classificazione di Le Goff, di scenari fantastici e corrispondenti al sentire medievale, le suggestioni meravigliose all’interno delle agiografie romediane individuano un motivo estremamente interessante e produttivo.
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La "Descriptio de locis sanctis" di Rorgone Fretello. Analisi della tradizione manoscritta e edizione critica

Greco, Giulia 25 October 2023 (has links)
This dissertation aims to offer an updated critical edition of Rorgo Fretellus’ spiritual and geographical guide to the Holy Land, the "Descriptio de locis sanctis", dated back to the first half of the 12th century. Thus far, two versions of this text are known. The first one is dedicated to the Bohemian bishop Henricus Sdyck and it was composed on the occasion of the second of his pilgrimages to Jerusalem, occurred in 1137. It is initialled ‘H’, after the name of the addressee. This first redaction was unknown to scholars until the editio princeps of P.C. Boeren (1980), who listed eight manuscripts, but did not reconstruct their genealogical relationships. Boeren published the "Descriptio", according to the codex optimus method, on the basis of manuscript Montpellier, Bibliothèque Interuniversitaire, Section de Médecine H 39, ff. 1r-15v, recording the main variants of the other copies in the apparatus. The second redaction, slightly later than H, was first published in 1653 by the theologian and scholar Leo Allacci within the Σύμμικτα, a collection of Byzantine and medieval Latin texts on the Holy Land. However, due to the status of the unknown witness employed by Allacci, probably found in the Vatican Library and now lost, Fretellus’ second version appeared here in mutilated form, lacking the prologue, and ascribed to an author called ‘Eugesippus’. The complete version with prologue was not printed until a century later, when it was published in the "Miscellanea" of Baluze-Mansi (1761) on the basis of manuscript Lucca, Biblioteca Capitolare Feliniana, 545. In his 1980 edition of H, Boeren chose not to produce an edition of the second redaction, limiting himself to listing ten witnesses for it and offering a comparison between some notable passages from the two versions. The second redaction is furthermore addressed to a different person, Rodricus Toletanus (hence the initial ‘R’ to refer to it). Starting from this status quaestionis, this thesis is intended to produce a new critical edition for each of the two redactions. The first chapter presents the historical and literary context surrounding Fretellus’ work, a text rooted in a rich tradition intended to accompany the faithful along their pilgrimages to the Holy Land, and it discusses the few surviving biographical data on the author, an elusive figure of whom only a few testimonies remain. An exposition on the contents, structure, models and main sources of the first version is then offered, followed by an analysis on the relationship between H and two anonymous descriptions derived from it, namely the "Descriptio locorum circa Hierusalem adiacentium" and the "Innominatus VI". The second redaction, R, consists in a reduced and simplified version of H, with many cuts and rare new additions: the main differences in content and the stylistic deviations from H are also examined in the first chapter, and so is the possibility of attributing this redaction to the author himself or to a collaborator of his. The text of R was moreover included in a collection of works concerning the history of the Church and its power over the centuries, commissioned by the cardinal of Aragon Nicolás Rosell and entitled "Collectanea ex diversis registris et libris Camerae Apostolicae" (1356): within this corpus, Fretellus’ "Descriptio" appears in its second version, with a dedication bearing the name Raymundus. The second chapter of the thesis firstly traces the history of critical studies on the "Descriptio" and its editorial path, thereafter it offers the description of the witnesses, whose number has greatly increased thanks to a new recognitio codicum, which made it possible to identify new manuscripts for the second, more widespread redaction. The eight codices identified by Boeren as witnesses of H are now reduced to six (dating from the second half of the 12th to the 15th century), since two of the manuscripts listed by him are actually representatives of the second redaction partly contaminated with the first. On the other hand, it was possible to acknowledge a number of thirty-nine codices for R, which are dated between the end of the 12th and the beginning of the 17th century. However, the approximately forty manuscripts hosting the "Collectanea" are not counted within these thirty-nine: they contain Fretellus’ text, but have been excluded from the recensio, as they are all later than 1356 and belong to a closed-circulation tradition. The few known witnesses of the "Descriptio locorum" and "Innominatus VI" are also listed and described. Subsequently, the recensio of H is presented, which made it possible to identify two branches of transmission descending from a common archetype; one of them, in particular, is represented by a codex from the second half of the 12th century, the ms. Douai, Bibliothèque Marceline Desbordes-Valmore, 882, ff. 35v-49bisv (D), which presents a series of corrective interventions by a second copyist, made on the basis of the text of the anonymous "Descriptio locorum", taken as a new model. The relationships between H, the "Descriptio locorum" and D are also discussed. On the contrary, the recensio of the second redaction, discussed in the next section, has allowed to identify an archetype and three branches (κ, ξ and ζ) depending from it. The stemmatical location of two other manuscripts and of some small groups of codices remains doubtful, due to their textual status. In the chapter dedicated to recensio it is also possible to find an analysis regarding the two families of the R version interpolated with materials from H, labeled λ and σ. Then, the notes to the text for both the editions of H and R display the editorial criteria and present the cases of selectio and emendatio; the choices made in terms of graphic layout, division into chapters (innovated in this edition with respect to the previous scansion adopted by Boeren) and writing of the critical apparatus are here examined. Then, the third chapter offers the critical editions of both redactions. The text is accompanied by a double band of apparatus: the one concerning the sources, which contains references to biblical passages and references to the works from which Fretellus borrowed material, and the apparatus of the variants, which is complete and generally negative, but becomes positive in correspondence of the loci for which it was necessary to accomplish the selectio. The fourth chapter gives the Italian translations of the two Latin texts, preceded by a brief explanation on the criteria adopted; the translation of H is accompanied by an apparatus of notes that elaborates on the manner in which the sources were taken and provides clarifications regarding the identification of the places and episodes cited for some selected passages of the text. Finally, the fifth chapter displays two tables: in the first one the text of H is compared with that of manuscript D and with the anonymous "Descriptio locorum"; in the second table the text of H is placed side by side with that of R in order to compare them, as well. A third appendix offers the transcription of an abridged version of the "Descriptio" (R) offered by manuscript Wien, Österreichische Nationalbibliothek 609.

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