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Padoue et son contado : Xe-XIIIe siècle : société et pouvoirs /

Rippe, Gérard, January 2003 (has links)
Th. État--Lett.--Paris 1, 1998. Titre de soutenance : Padoue et son territoire : XIe-XIIIe s. : société et pouvoir. / Bibliogr. p. 1009-1038. Index.
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Zur Dis- Kontinuität mittelalterlichen politischen Denkens in der neuzeitlichen politischen Theorie : Marsilius von Padua, Johannes Althusius und Thomas Hobbes im Vergleich /

Koch, Bettina, January 1900 (has links)
Diss., 2004. / Bibliogr. p. 349-373.
3

La Ca' di Dio di Padova nel Quattrocento : riforma e governo di un ospedale per l'infanzia abbandonata /

Bianchi, Francesco, January 2005 (has links)
Texte remanié de: Tesi--Facoltà di lettere e filosofia--Venise--Università Ca' Foscari, 2001. / Bibliogr. p. 231-253.
4

Giotto : das mnemotechnische Programm der Arenakapelle in Padua /

Mieth, Sven Georg. January 1900 (has links)
Diss.--Fakultät für Kulturwissenschaften--Tübingen--Eberhardt-Karls Universität, 1990.
5

La dévotion à saint Antoine à travers le Messager de Saint-Antoine : essai d'analyse d'une dévotion populaire

Gagnon-Arguin, Louise 25 April 2018 (has links)
Québec Université Laval, Bibliothèque 2012
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Les représentations de saint Antoine (1190-1231) dans les azulejos portugais du 17e et 18e siècles : la fabrication d'un mythe

Videira Eusébio, Joaquim Vitorino 04 1900 (has links)
No description available.
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Este ou la décadence d'un territoire. Etude d’une inscription vénète / Este, the decline of a city-state. A study of a venetic inscription

Magnin, Sophie 16 October 2010 (has links)
Le travail proposé est centré sur une incription d’Este retrouvée en 1979. Décrite à partir des années 1990 par des chercheurs comme Anna Marinetti ou Aldo-Luigi Prosdocimi, elle n’a cependant jamais été complètement traduite. Nous formulons des pistes de compréhension du texte, en partant d’une analyse la plus précise possible de l’objet en lui-même et en rapprochant les termes de l’inscription d’autres mots figurant dans le corpus vénète. L’étude de ce texte d’Este permet ainsi de parcourir l’ensemble des inscriptions vénètes et d’envisager à la fois la langue de ce peuple et leur civilisation, à travers notamment les rapports entre Este, Padoue et les Celtes. / The proposed study focuses on an inscription found during excavations in Este in 1979. From the 1990’s onwards researchers like Anna Marinetti or Aldo[…] analysed  the text,  but without being able to fully/completely  translate the inscription. Their interpretations form the basis of our (study/work/analysis). After studying the epigraphic characteristics of this inscription we will formulate new hypothesis on its meaning. The text cannot be separated from the rest of the venetic inscriptions. This study encompasses the language of the Venetic  People, its civilization and especially  relations between Padova, Este and the Celts.
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Les rondes de saint Antoine. Culte, affliction et possession à Puliyampatti (Inde du Sud)

Sebastia, Brigitte 09 December 2004 (has links) (PDF)
L'étude du sanctuaire de Puliyampatti permet d'aborder deux questions : d'une part, l''indigénisation' des pratiques catholiques en Inde et, d'autre part, la gestion des troubles psychogènes dans les sociétés caractérisées par un pluralisme médical et des cultes de possession. Le lien entre ces deux domaines est réalisé grâce à saint Antoine de Padoue. En Inde du Sud, ce saint portugais détient les fonctions de divinité de lignée et possède la faculté d'exorciser. Cette double spécialité se traduit à Puliyampatti par la présence de pèlerins et de patients qui exécutent un certain nombre de gestes dévotionnels et rituels inspirés de l'hindouisme. Si le clergé tolère ces pratiques religieuses, en revanche, il se montre critique vis-à-vis des exorcismes. Les rituels d'exorcisme instaurés à Puliyampatti sont informels et rigoureusement observés par les familles qui accompagnent les patients suspectés d'être possédés ou victimes d'un maléfice. La parentèle détient un rôle central dans le processus thérapeutique. Ayant elle-même déterminé que, au regard des événements biographiques et/ou des diagnostics médicaux, les troubles étaient sans nul doute d'origine surnaturelle, elle exerce sur le patient pressions et sévices dans le but qu'il manifeste la possession, preuve même de la justesse du diagnostic. Selon la nature des troubles, le patient peut se plier à sa volonté et cette première expérience marque le commencement d'une longue série de possessions de plus en plus fréquentes et violentes.
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La scuola di Melchiorre Cesarotti nel quadro del primo romanticismo europeo

Chiancone, Claudio 02 December 2010 (has links) (PDF)
La storia del magistero cesarottiano mostra bene quel fenomeno, tipico della "biologia" letteraria, per cui in un grande autore si ha quasi sempre una fase di ascesa, di gloria, e quindi un declino, ed offre l'esempio lampante di quella classica loro tendenza a diventare sempre più conservatori e di maniera col passare del tempo. Cesarotti si formò ribelle, ma presto, ottenuta la gloria, spaventato dai tempi e dalla propria stessa fama, si moderò e, posto di fronte alla prova degli eventi, non seppe tenersi al passo coi tempi. Il suo cinquantennale magistero, nel giro di pochi anni, perse l'iniziale vigore e combattività, e non sopravvisse alla sua morte. Di esso, fu senza dubbio lodevole il tentativo di avvicinare la propria cultura a quelle straniere, senza pregiudizi e con il gusto della scoperta. Ma dopo gli eventi della Rivoluzione, questo nobile cosmopolitismo non fu più sufficiente. Fu notevole anche la sua capacità di restare sempre a contatto con l'ultima generazione e di coadiuvarla, e nobile la sua ambizione di fare, di quei giovani, l'élite da crescere e guidare all'amore del Bello e della Virtù. Di farne l'illuminata classe dirigente dell'avvenire. Credette fermamente e sinceramente a questa missione, ma non seppe applicarla nel modo migliore. Creò una squadra, ma non seppe renderla autonoma. Non riuscì a fare in modo che essa potesse proseguire da sola e riformarsi dall'interno, ed in tal modo sopravvivergli. Cesarotti cadde nel difetto di affezionarsi troppo al proprio ruolo pedagogico in sé, senza pensare alle conseguenze per gli allievi, e perdendo man mano contatto con la Storia. Anziché formare gli allievi, volle replicare se stesso in loro, imponendogli il proprio modello letterario ed affettivo perché a loro volta lo ripetessero uguale. Padre troppo affettuoso, viziò i "figli" e dimenticò il ruolo fondamentale dell'educazione, ossia non quello di creare un individuo ma di aiutarlo a trovare autonomamente la propria strada. Tradì in tal modo il suo stesso insegnamento letterario: predicò dalla cattedra e dai libri di non idolatrare nessuno, ma al momento della gloria accettò di divenire oggetto di culto. Dimenticò, o forse mai comprese davvero la natura storica della letteratura, come di un continuo, un progresso, uno sviluppo di idee necessariamente destinate ad evolversi col mutare dei tempi, da insegnare parallelamente al corso degli eventi e, se possibile, di partecipare a modificarli. Non comprese che persino il cesarottismo necessitava di una riforma interna, senza la quale non sarebbe sopravvissuto alla selezione della Storia. Cesarotti ebbe grandi intuizioni, ma gli mancò il tempo di metterle in pratica, e fu circondato da una squadra di allievi non in grado di farlo al suo posto, perché mai formata a tale compito. Previde i nuovi tempi ma non volle riconoscerne l'arrivo, e ne rimase deluso e travolto. Vide il nuovo secolo, quel secolo che egli stesso aveva preconizzato ma, una volta giunto, non seppe accettarlo: gli eventi procedettero troppo veloci e superarono le sue capacità di comprensione. Volle riforme, e si ritrovò addosso una rivoluzione. In mezzo a un mare di lodi e di glorificazione, un solo allievo sembrò accorgersi per tempo di questi limiti. La critica del Foscolo è stata esemplare nel mostrare con tempismo e lucidità i limiti della scuola cesarottiana. Fu l'allievo ribelle a capire che ciò che davvero mancava in quel gruppo era qualcuno che da quel magistero, da quella teoria di apertura e di rinnovamento, ricavasse concretamente nuova poesia, la poesia dei nuovi tempi e del nuovo secolo. A capire che il gruppo cesarottiano era un'eccellente fase di rodaggio, che sapeva preparare le macchine ma che non avviava un processo di trasformazione. I fatti gli diedero ragione. Giunto il nuovo secolo, la scuola cesarottiana mostrò tutta la propria crisi. I "figli" ed allievi, una volta diventati professori, non "salirono di fama", come appunto aveva notato Foscolo, e - aggiungiamo noi - non riuscirono a fondare un magistero altrettanto incisivo ed innovatore: ebbero allievi illustri, ma nulla di anche solo vagamente simile a quello che il Cesarotti era stato capace di assemblare. Mario Pieri, ottenuta la cattedra padovana, fu freddo e impacciato in classe, e distante dagli studenti: l'eloquente racconto, da lui stesso lasciatoci, dei fischi ricevuti ad una lezione dice tutto.1179 Non ebbe a sua volta né "figli" né allievi prediletti, né seppe metter su una squadra; non divenne il mentore di nessuno, e dopo appena sette anni riuscì - bontà sua - a farsi giubilare ed a ritirarsi a vita privata, letteraria sì ma fieramente solitaria. Giuseppe Barbieri, pur titolare di un insegnamento più duraturo, mostrò gli stessi limiti. Proseguì la lezione del "padre" in analoga solitudine, anch'egli bersagliato dal suo studente più celebre e promettente. Nel complesso, ottenne molto più sèguito come predicatore quaresimale.1180 Giuseppe Greatti ottenne la direzione di un collegio ma non si ha notizia di suoi continuatori. Angelo Zendrini visse lo stesso distacco, chiuso nei propri studi. Rarissimi i contatti di questi allievi con personalità europee: i loro carteggi sono pressoché limitati alla sola Italia, con larga preferenza per il Triveneto: nulla, assolutamente nulla di paragonabile alla rete epistolare a suo tempo intessuta dal Cesarotti, intellettuale rinomato ed aperto che aveva insomma creato una generazione di piccoli ingegni "locali", isolati, oggi per lo più dimenticati o ricordati unicamente come allievi di tanto maestro. Ma era Cesarotti stesso, in fondo, il principale responsabile di questo fallimento. Era lui a non aver saputo riconoscere il proprio continuatore. Molto più che nel docile Barbieri, era proprio nel giovane, irruento Foscolo che egli aveva avuto il migliore allievo. Non poté né volle accettarlo tra i suoi "figli": quel giovane e promettente poeta si muoveva troppo autonomamente, ne ebbe paura. In lui, Foscolo non aveva mosso solo sentimenti di paternità, ma anche di gelosia e d'impazienza. Cesarotti provò a moderarlo e a riassorbirne l'ingegno nel sicuro recinto della propria scuola, ma non riuscì ad irregimentarlo in quel tipo di educazione, in quella pedagogia letteraria da lui organizzata e affinata in cinque decenni di magistero ma che, alla fin fine, altro non lasciò in eredità al mondo poetico italiano che una breve generazione di epigoni ossianisti. Una generazione già individuata dal Foscolo, e definitivamente affossata da Luigi Carrer, lui sì degno erede, veneto e in Veneto, del magistero cesarottiano e foscoliano, come mostra il suo illuminante articolo Gli ossianeschi (1837), fine analisi della "crisi" del cesarottismo che concludeva per sempre la fase ossianica della letteratura italiana. Non Barbieri, insomma, ma Foscolo fu il vero "figlio" di Cesarotti. Ma Cesarotti non se ne accorse, non sembrò capirlo. Troppo affezionato al proprio ruolo ed al proprio modo di vedere gli affetti, e la letteratura che da quegli affetti doveva prendere ispirazione, trattò Foscolo da ribelle, e non comprese che era proprio questi ad aver assimilato e messo in pratica il suo insegnamento di proiezione verso il nuovo, di apertura al bello in ogni sua forma, di libertà creatrice scevra da qualsiasi idolatria. In questo davvero Foscolo superò il maestro. Non si fece intaccare dai pregiudizi della scuola. Apprese il metodo cesarottiano, e lo applicò sistematicamente a tutti: ad Alfieri, a Parini, a Monti, ed allo stesso Cesarotti. Tracciò la sua strada, in Italia e fuori d'Italia e, a differenza dei prediletti cesarottiani, seppe trovare elementi validi tra i propri allievi, e valorizzarli. Trovò Di Breme, Berchet, Pellico, Borsieri, e gettò con loro le basi di una nuova scuola e di un nuovo magistero adatto ai nuovi tempi e, proprio per questo, molto più duraturo.
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Giovanni Poleni (1683-1761) et l'Académie Royale des Sciences de Paris / Giovanni Poleni (1683-1761) and the Royal Academy of Sciences in Paris

Le Gall, Céline 25 November 2017 (has links)
Cette thèse présente les traductions des trois traités de navigation écrits en latin (et restés à ce jour inédits) par Giovanni Poleni, professeur de mathématiques, physique, astronomie, philosophie mécanique expérimentale, navigation et construction navale à l’université de Padoue : La meilleure manière de mesurer sur mer le chemin d’un vaisseau, indépendamment des observations astronomiques (1733), Dissertations latines sur les ancres portant sur La figure optimale selon laquelle les ancres peuvent être formées, De la technique la plus performante pour forger les ancres, La manière d’éprouver la force des ancres, soit leur résistance (1737), le troisième traité concerne l’amélioration de l’usage du cabestan : De Ergatae Navalis praestabiliore, facilioreque Usu, Dissertatio (1741). Ces trois traités furent primés par l’Académie Royale des Sciences de Paris (prix Rouillé de Meslay). Un corpus traduit de la correspondance latine de Poleni avec les savants européens, la traduction des programmes latins de ses cours de navigation ainsi qu’une enquête in situ à Venise, Vérone ou à Padoue furent nécessaires pour contextualiser les traités. La reconstitution grandeur nature de deux machines de navigation de Poleni : le cabestan et la machine pour mesurer la force du vent, réalisée par des étudiants de BTS Développement Réalisation Bois et des élèves de CAP Serrurerie Métallerie furent testées en mer. Le premier volume propose une biographie de Giovanni Poleni, les « appels à projets » de l’Académie Royale des Sciences de Paris (1733-1741), les traductions commentées des trois traités de Poleni ainsi que la reconstitution de ses machines. Le second tome regroupe les fac-similés des manuscrits ou des imprimés originaux de l’universitaire padouan. / This doctoral thesis presents the translation of the three shipping essays written in latin (and never translated until now) by Giovanni Poleni, professor of mathematics, physics, astronomy, mechanical and experimental philosophy, shipping and shipbuilding in the University of Padua: La meilleure manière de mesurer sur mer le chemin d’un vaisseau, indépendamment des observations astronomiques (1733), Dissertations latines sur les ancres about La figure optimale selon laquelle les ancres peuvent être formées, De la technique la plus performante pour forger les ancres, La manière d’éprouver la force des ancres, soit leur résistance (1737), the third essay relates how to improve the use of the ship's capstan: De Ergatae Navalis praestabiliore, facilioreque Usu, Dissertatio (1741).These three essays were rewarded by the Royal Academy of Sciences in Paris (prize Rouillé de Meslay). A translated corpus of the Poleni's latin correspondence with the others European scholars, the translation of the latin programmes of his shipping courses and an on-site survey in Venice, Verona and Padua were required in order to contextualize the essays. The full-scale reconstruction of Poleni’s shipping machines: the capstan and the machine to measure the wind force, made by the students of BTS Development Achievement Wood and the pupils of CAP Metal Forming and Ironwork were tested in sea. The first volume provides a biography of Giovanni Poleni, the “Calls forProjects” of the Royal Academy of Sciences in Paris (1733-1741), the translations commented of the Poleni’s three shipping essays and the reconstruction of his shipping machines. The second one collects the manuscripts or original printouts' facsimile written by the Paduan academic.

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