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L'immagine della Cina nel pensiero giuridico dell'Europa del Settecento

Cardillo, Ivan January 2013 (has links)
Con il presente lavoro si cerca di ricostruire il dibattito sulla natura del sistema giuridico cinese che caratterizzò l'Europa nei secoli XVII e XVIII. Questo periodo lasciò in eredità un giudizio negativo, definendo il sistema giuridico cinese come un modello dispotico. Maggior artefice di tale conclusione è considerato Montesquieu, il quale dedicò molto tempo allo studio dell'esperienza giuridica cinese. Analizzando nel dettaglio i temi che coinvolsero il modello cinese, si scopre che questi non sono semplicemente luoghi della comparazione con un diverso sistema, ma sono momenti di riflessione critica sulla stessa tradizione giuridica europea. Ciò che si tenta di fare è di recuperare la complessità e le implicazioni di un tema che solo apparentemente sembra ridursi alla semplice circolazione di modelli. Per comprendere a pieno il giudizio europeo sul “modello cinese” bisogna storicizzare i princìpi coinvolti, e vedere come dialogano con le esigenze del loro tempo. Per avere un quadro d'insieme affianco tre campi di indagine: la cultura giuridica cinese ed il governo della dinastia Qing, ovvero della dinastia in diretto contatto con il mondo europeo; l'evoluzione del pensiero teologico ed in particolar modo le riforme protestanti; il pensiero giuridico settecentesco che traghetta le idee della prima modernità, ancora intrise di influenze medievali, fino alle esperienze della codificazione. Ciò permette di evitare le semplificazioni che fino ad ora hanno caratterizzato non pochi contributi scientifici. Molti sinologi, giuristi, ed esperti di storia della chiesa scontano un'incompletezza di fondo delle loro informazioni proprio per via di questa settorialità scientifica: settorialità dannosa per chi scrive nella misura in cui appiattisce il giudizio finale in una presa di posizione assoluta ed autoreferente. Indagare l'immagine della Cina in Europa è un atto di interpretazione che deve farsi carico di un dialogo interculturale fra intellettuali appartenenti a culture diverse, a campi del sapere diversi, e partecipi di una stagione di cambiamento religioso e politico. Si impone dunque una doppia comparazione, diacronica per sottolineare l'evoluzione di un pensiero, quello europeo, e al tempo stesso sincronica fra due culture giuridiche in un dato periodo storico. Da questa prospettiva l'immagine della Cina diventa poliedrica, destabilizzatrice della tradizione giuridica europea, e luogo di trasformazioni. La convinzione di chi scrive è che il dibattito sul modello cinese non è stato una mera espressione di un gusto orientaleggiante. Al contrario esso riflesse tutti gli elementi critici della modernità, divisa fra tradizione e tensione verso il futuro. La Cina rappresentò un'esperienza difficile da recepire, che poteva comportare una “rivoluzione” per il pensiero giuridico settecentesco. Il suo modello conduceva a conclusioni contraddittorie. Tutti gli esponenti delle varie scuole di pensiero occidentale potevano puntare le loro lenti sul mondo cinese e trovarvi esperienze a sostegno delle proprie tesi. Nel dialogo con la Cina si fa ricorso all'intera tradizione occidentale per comprendere questo o quell'aspetto del meraviglioso impero cinese (tentativo reso più arduo dalla carenza degli strumenti linguistici). La questione del dispotismo cinese diventa il punto di partenza per rimettere in discussione tutta una tradizione di pensiero. Il giudizio finale dunque non riguarda solamente l'impero cinese, ma riguarda la tradizione europea stessa. Infine il dibattito settecentesco sulla Cina è il dibattito precedente la Rivoluzione. Il rifiuto del modello cinese partecipa al rifiuto del ruolo della morale nell'ordinamento della società. A ciò seguiterà l'elogio della ragione e della legge come espressione di autorità e comando. Una migliore comprensione della Cina forse avrebbe permesso di recuperare diversamente il sistema di valori della tradizione ed evitare di cadere, nel tentativo di laicizzazione del pensiero giuridico, nella fede assoluta per il normativo.
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Beyond Territorial Protection: Millet and Personal Autonomy as Instruments for (New) Minorities in Europe?

Quer, Giovanni Matteo January 2011 (has links)
New and non-territorial minorities in Europe do not find adequate protection within the territorial autonomy model. After a compared analysis of contemporary millet systems (Lebanon, Israel, and Iraq), the dissertation focuses on Eruopean instruments for protecting non-territorial minorities in terms of personal autonomy, cultural autonomy, and political representation. Europe is progressively adopting non-territorial means of minority protection, which leads to the reconsideration of the nation-State model. First, personal autnomy implies legal pluralism; secondly cultural autnomy and political representation require the progressive inclusion of diverse groups in teh decision-making processes.
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Migrants de saison : les camps de travailleurs agricoles étrangers comme problème public : le cas de Saluzzo (Italie) / Season of migrants : agricultural workers' camps as a public problem : the case of Saluzzo (Italy)

Brovia, Cristina 28 May 2018 (has links)
Ce travail de recherche s’intéresse aux processus de construction d’un problème public à une échelle locale, en partant des différentes questions nées autour de campements de travailleurs saisonniers migrants dans des régions d’agriculture intensive en Italie. Il est principalement basé sur une recherche empirique menée entre 2013 et 2017 dans la zone rurale de Saluzzo (Piémont) avec une méthodologie qualitative croisant entretiens sociologiques, observation participante au sein de collectifs militants et à l’intérieur des campements de migrants et analyse d’articles de presse locale. L’objectif principal était celui d’étudier la façon dont la présence de migrants dans ce contexte spécifique est perçue comme un problème public, de quelle manière ce dernier est défini et construit dans un jeu de mobilisations et contremobilisations par une multitude d’acteurs aux intérêts divergents, puis d’analyser les conséquences de ces dynamiques sur les actions mises en places pour tenter de le résoudre. La thèse démontre en particulier comment la construction du problème se focalise progressivement sur le caractère temporaire de la présence des migrants, au détriment d’autres possibles cadrages, en justifiant la mise en place de dispositifs d’accueil provisoires et précaires, conduisant au confinement spatial et temporel des migrants. On verra également comme la création de camps de plus en plus institutionnalisés et contrôlés, gérés par une association humanitaire bénéficiant d’un large consensus, a favorisé un apaisement des conflits autour de cette question et un éloignement du problème au sein du débat politique public. D’une façon plus générale, ce travail, en analysant une question inhérente aux faits migratoires par le prisme de la sociologie politique, invite à une réflexion plus ample sur le traitement politique des migrants et sur la construction collective de la place qu’ils occupent aujourd’hui au sein de la société italienne. / This thesis examines how the presence of seasonal migrant workers’ camps in intensive agricultural areas in Northern Italy is framed and addressed as a public problem. It draws on fieldwork carried out between 2013 and 2017 in the rural area of Saluzzo (Piedmont). The qualitative methodology includes sociological interviews, participant observation with organizations and in migrants’ camps, and the analysis of the local press. The thesis aims to understand how the presence of seasonal migrants is defined and constructed by a range of actors with divergent interests. In particular, it examines a set of public mobilisations and counter-mobilisations, analysing how they have influenced the actions undertaken to solve “the problem” of migrants’ camps in the Saluzzo area. The main argument is that the problem has been progressively constructed around the temporariness of migrants’ presence in the area. This has justified the setting up of temporary and precarious reception systems, leading to the spatial and temporal confinement of the migrants. In particular, the thesis shows how the organisation of institutionalised and controlled camps, managed by a major humanitarian organization and benefiting from wide public consensus, resulted in a decrease of conflict around seasonal labour migration, and to the sidelining of the issue in the political debate. Contributing to literature on migration in the field of political sociology, the monograph represents a timely intervention in highly topical debates on the politics of migrants’ presence in the Italian society. / Questa ricerca riguarda i processi di costruzione di un problema pubblico ad un livello locale, partendo da diverse problematiche scaturite intorno ad accampamenti di lavoratori migranti stagionali in alcune zone di agricoltura intensiva in Italia. Lo studio è principalmente basato su una ricerca empirica svolta tra il 2013 e il 2017 nell’area rurale di Saluzzo (Piemonte) utilizzando una metodologia qualitativa che comprende interviste sociologiche, osservazione partecipante con associazioni militanti e all’interno degli accampamenti di migranti e l’analisi di articoli della stampa locale. L’obiettivo principale era quello di studiare il modo in cui la presenza di lavoratori migranti, in questo contesto specifico, è percepita come un problema pubblico, in che modo quest’ultimo è definito e costruito da una serie di attori animati da interessi contrastanti in un gioco di mobilitazioni e contro-mobilitazioni, poi di analizzare le conseguenze di tali dinamiche sulle azioni messe in atto per la risoluzione del problema. La tesi dimostra in particolare che la costruzione del problema si è progressivamente focalizzata sul carattere temporaneo della presenza dei migranti, a scapito di altri possibili frame, andando a giustificare la messa in atto di dispositivi di accoglienza precari e provvisori, finalizzati al confinamento spaziale e temporale dei migranti. Inoltre, l’instaurazione di campi sempre più istituzionalizzati e controllati, gestiti da un’organizzazione umanitaria riconosciuta, ha favorito la riduzione dei conflitti intorno alla questione e un accantonamento del problema sul piano del dibattito politico pubblico. Più in generale, questo lavoro, analizzando una questione inerente a dinamiche migratorie attraverso il prisma della sociologia politica, invita ad una più ampia riflessione sul trattamento politico dei migranti e sulla costruzione collettiva della posizione che essi occupano all’interno della società italiana di oggi.
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IL RUOLO DEI PARLAMENTI NAZIONALI NEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE GIURIDICA EUROPEA DOPO IL TRATTATO DI LISBONA / THE ROLE OF NATIONAL PARLIAMENTS IN THE EUROPEAN LEGAL INTEGRATION PROCESS AFTER THE TREATY OF LISBON

IANNI, PIERPAOLO 06 April 2017 (has links)
Questa tesi di ricerca si occupa del ruolo rivestito dai parlamenti nazionali italiano, britannico e tedesco. Analizza il modo in cui questi parlamenti partecipano al processo decisionale ed implementano il diritto dell'Unione europea dopo il Trattato di Lisbona. La ricerca si concentra su un'analisi comparata delle leggi, delle procedure e consuetudini parlamentari al fine di esaminare il ruolo rivestito dai parlamenti nazionali nel contesto europeo. Il nuovo quadro giuridico previsto dal Trattato di Lisbona promuove la creazione di un sistema parlamentare integrato, basato sulle istituzioni europee e sui parlamenti nazionali cui è attribuito un ruolo più incisivo nel processo decisionale europeo, nella convinzione che un loro maggiore coinvolgimento possa contribuire a garantire un livello più efficace di democrazia nel funzionamento complessivo dell'Unione. I parlamenti nazionali possono contribuire a rendere l'U.E. più o meno efficiente. Essi sono chiamati a svolgere un ruolo rilevante nel processo legislativo europeo, in particolare nella fase di formazione delle politiche e del diritto dell’Unione europea (c.d. fase ascendente) e nel monitoraggio dell'esecuzione del principio di sussidiarietà. Il Trattato di Lisbona introduce norme di partecipazione diretta dei parlamenti nazionali nel processo legislativo europeo, trasformandoli in "guardians of subsidiarity". Il Trattato di Lisbona e i relativi Protocolli riconoscono il ruolo della cooperazione interparlamentare, affidando ai parlamenti nazionali il compito di promuovere e organizzare la sua realizzazione all'interno dell'Unione europea. In questa prospettiva le competenze delle commissioni specializzate in affari europei e della COSAC (Conference of Parliamentary Committees for Union Affairs of Parliaments of the European Union) sono ulteriormente potenziate. / This research thesis deals with the role of national parliaments in Italy, United Kingdom and Germany. It analyses the way in which these Parliaments participate in the European Union and implement the Law of the European Union after the Treaty of Lisbon. The research focuses on a comparative analysis of parliamentary procedures, instruments, and practices in order to examine the respective roles of the European Institutions and the national parliaments within the European framework. The new legal framework laid down the Treaty of Lisbon encourages the creation of an integrated parliamentary system, based on the European Parliament and on the national parliaments which are assigned a more incisive role in the European decision-making process, in the belief that these innovations may contribute to guaranteeing a more effective level of democracy in the overall functioning of the Union. The national parliaments can contribute to making Europe more or less effective. They will be called on to play a more important role in the European law-making process, specifically in the pre-legislative dialogue with European institutions and particularly in the monitoring of the enforcement of the subsidiarity principle in European legislation proposals. The Treaty of Lisbon regulations introduce direct participation of national parliaments in the European law-making process, transforming them into the "guardians of subsidiarity". The Treaty of Lisbon and the related protocols recognise and encourage interparliamentary cooperation, entrusting national parliaments with the task of promoting and organising its achievement within the European Union. In this perspective, the competences of the Conference of Community and European Affairs Committees of Parliaments of the European Union (COSAC) are further enhanced. In this thesis, the reasons for overall inclusion of national parliaments in the European Union activities are analysed. The role of national parliaments in the EU according to the specific provisions of the EU treaties is also discussed and the largest part of the work is devoted to the ex ante subsidiarity principle control mechanism (the Early Warning System), which gives the right for the national parliaments to influence the EU legislative process.
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La produttività sociale delle organizzazioni di terzo settore in reti associative multilivello / The Social Productivity of Third Sector Organizations in Multilevel Associative Networks

DELLISANTI, FRANCESCO 02 March 2007 (has links)
La tesi indaga il ruolo specifico agito dalle organizzazioni di terzo settore in reti associative multilivello, dal punto di vista della capacità di generare e valorizzare le relazioni con gli altri membri e con l'ambiente esterno. Per reti multilivello si intendono quegli organismi, a diversi gradi di formalizzazione, che riuniscono al loro interno entità locali, di secondo livello, ed eventualmente di livelli coordinativi superiori, con lo scopo di fornire supporto all'attività dei gruppi affiliati o di coordinarne le risorse materiali e immateriali per il benessere sociale della comunità. Le indagini condotte hanno incluso nel campo di osservazione sia le reti che comprendono esclusivamente organizzazioni di terzo settore le organizzazioni multilivello di terzo settore sia i network di partnership miste con enti pubblici. La dimensione della produttività sociale delle reti è stata letta attraverso la lente del concetto di capitale sociale, inteso come la dotazione, da parte di una rete, di relazioni caratterizzate da codici normativi e prassi di fiducia, reciprocità e collaborazione. I risultati delle tre indagini presentate, di carattere sia quantitativo che qualitativo, mostrano che: a) esiste uno specifico capitale sociale prodotto da organizzazioni multilivello di terzo settore che è in grado di connetterle sia all'interno del network (funzione bonding) che all'esterno (funzione bridging); b) che tale capitale sociale di terzo settore possiede delle sue proprie qualità che lo distinguono dalla relazionalità agita in reti di servizio pubbliche; c) che la relazionalità delle organizzazioni di terzo settore è in grado, in certe condizioni, di svilupparsi verso l'esterno in reti di partnership miste con soggetti del settore pubblico, determinando nuove dinamiche relazionali ed esiti societari peculiari. / The dissertation deals with the specific role played by third sector organizations in multilevel associative networks in terms of capacity to generate and foster relationships with other members and with the outer context. Multilevel associative networks are defined as those entities that gather local agencies, second level and higher coordination level entities with the aim of providing support for the affiliated groups and/or coordinating material and immaterial resources for the benefit of the community. The research field included networks comprising third sector organizations only so-called third sector multilevel organizations as well as plural partnership networks with other public agencies. The social productivity dimension was studied through the lenses of the social capital concept, defined as that specific set of resources possessed by those networks endowed with relationships of trust, reciprocity and collaboration. The results of the three research projects presented, carried out with quantitative and qualitative techniques, show that: a) there is a specific social capital produced by third sector multilevel organizations which connects actors both within the network (bonding function) and with the outer world (bridging function); b) the third sector's social capital presents some distinctive characteristics compared with the relational properties of public service networks; c) third sector organizations are able, under certain circumstances, to develop social capital networks also with public agencies, setting new dynamics and peculiar social outcomes.
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COOPERAZIONE INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO: IL RUOLO DELLA SOCIETA' CIVILE NELLE POLITICHE DELLA BANCA MONDIALE E DELL'UNIONE EUROPEA / International cooperation for Development: the Civil Society's Role in the Policies of World Bank and European Union

BIANCHESSI, ANDREA 27 March 2008 (has links)
La presente tesi di dottorato valuta i rapporti tra le organizzazioni della società civile e le istituzioni internazionali nel sistema della cooperazione per lo sviluppo, attraverso l'analisi delle politiche della Banca Mondiale e dell'Unione Europea, che risultano gli attori multilaterali più rilevanti nell'allocazione e gestione dei finanziamenti dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS). Nel quadro di relazioni cooperative-dialettiche, si verificano le funzioni degli interlocutori della società civile nel rapporto con le due organizzazioni internazionali e i livelli di partnership. Si analizzano alcuni nodi problematici come la valutazione della performance dei progetti delle organizzazioni della società civile (OSC), per verificarne il valore aggiunto; la dicotomia tra un approccio top-down e bottom-up nella pianificazione di processi di sviluppo locale; la rappresentatività e l'efficacia del contributo delle OSC alla global governance per lo sviluppo. Si presentano anche due casi empirici di progetti realizzati da una stessa OSC, finanziati dalle due istituzioni considerate, al fine di favorire, attraverso l'analisi “micro”, la comprensione di eventuali diversità rispetto al quadro teorico, alle procedure sul “ciclo di progetto” e ai rilevamenti quantitativi presentati. Complessivamente, emerge che la cooperazione tra OSC e le istituzioni internazionali ha maggiori benefici che costi e conduce ad una partnership win-win per entrambi. / The present PhD thesis considers the relationships between the organisations of civil society and the international institutions in development cooperation's system through the analysis of the World Bank's and the European Union's policies. In the frame of cooperative and dialectic relationships will be verified the functions of the interlocutors of the civil society in relationship with the two international organisations and levels of partnership. Some problematic knots will be analysed such as the evaluation of projects' performance of the organisations of the social society (OSC) in order to verify the added value; the dichotomy between a top-down and bottom-up approach in the process planning of the local development; the representation and effectiveness of the OSC's contribution to the global governance for development. Two empirical cases of projects realised by an OCE will be showed. These are financed by the two above considered institutions in order to favour, through a “micro” analysis, the comprehension of possible differences regard to the theoretical picture, to the procedures of the project cycle and to the quantitative showed survey. Altogether it appears that the cooperation between the OSC and the international institutions has more benefits than costs and leads to a win-win partnership.
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Gli istituti di difesa della costituzione

COSTA, PAOLO 29 January 2009 (has links)
Ogni ordinamento costituito, qualunque sia la sua forma politica, tenta di difendere se stesso. Ma in un ordinamento liberal-democratico le esigenze di protezione confliggono con quelle libertà il cui riconoscimento costituzionale esprime proprio la specificità della struttura politica liberal-democratica, giacché proprio le libertà democratiche possono divenire, per usare le parole di Karl Loewenstein, “the trojan horse by which the enemy enters the city”. È questo il problema della c.d. democrazia protetta. In ordine a tale questione, riferimento obbligato sono la Legge fondamentale tedesca e gli istituti suoi propri del Parteiverbot e della perdita dei diritti fondamentali. Il problema non è ignorato dall’ordinamento costituzionale italiano. Limiti alla revisione costituzionale, disciplina dei partiti antisistema, limitazione dei diritti fondamentali, poteri eccezionali ed organi di garanzia fanno della democrazia italiana una democrazia in fondo più “protetta” di quanto generalmente la si consideri. / Every constituted system, whatever its political form is, aims to protect itself. However, the needs of self protection in a liberal-democratic system conflict with those freedoms proper to this political structure, since these democratic freedoms can even become, quoting Karl Lowenstein’s words: “the trojan horse by which the enemy enters the city”. This is the issue of the so called protected democracy. With respect to this problem, the German Constitutional Law, with it’s typical institution of Parteiverbot and loss of fundamental rights, is an unavoidable reference. This problem is also treated in the Italian constitutional system. The limitation to the power of constitutional amendment, the regulation of the anticonstitutional parties, the restraint of fundamental rights, the emergency and the guardianship powers, make, after all, the Italian democracy more protected than what is generally thought.
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L'ARTE DELLO SPAZIO PUBBLICO: ATTORI E PRATICHE DELLA PUBLIC ART / The art of public spaces: actors and practices of Public Art

MAZZUCOTELLI SALICE, SILVIA 21 December 2009 (has links)
Questa dissertazione si propone di contribuire alla riflessione teorica sulle trasformazioni della città contemporanea, che discipline come la sociologia urbana e, nell’ultimo decennio, la sociologia della cultura, stanno portando avanti; vorrebbe, in particolare, costruire dei ponti tra queste e la produzione artistica per lo spazio pubblico che va sotto il nome di Public Art. Il mutato rapporto fra forma fisica della città, modelli produttivi e modalità di uso degli spazi pubblici ha contribuito a stimolare la formazione di nuovi ambiti di elaborazione dell’identità collettiva. Attraverso uno studio qualitativo realizzato in Italia e negli Stati Uniti, mostra come l'Arte Pubblica obblighi l’arte e gli artisti ad una ridefinizione del loro ruolo “pubblico”: la sperimentazione di nuove strategie di comunicazione simbolica nello spazio pubblico e la ricerca di un confronto con la dimensione locale del territorio fanno della Public Art un’innovativa formula di rappresentazione e rappresentatività del territorio. / This dissertation contributes to the ongoing debates about the transformations of contemporary cities, which has long invested urban sociology and, more recently, has become a concern in the sociology of culture. It also explores the possibility to build bridges between these disciplines and the production of art in public space known as Public Art. The transformed relationship between the city’s physical form, its production systems and the different ways in which public space is used nowadays creates new areas for the elaboration of social identities. Through a qualitative study carried out in Italy and the United States, it also shows how contemporary Public Art requires a redefinition of the “public” role of art and artists: as it tests new strategies of symbolic communication in public space and it tries to get in contact with the local dimension, Public Art becomes an innovative formula of representation of the territory.
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CONFINI MOBILI. IL PRINCIPIO AUTONOMISTA NEI MODELLI TEORICI E NELLE PRASSI DEL REGIONALISMO ITALIANO

CANDIDO, ALESSANDRO 20 December 2010 (has links)
Il lavoro indaga lo sviluppo del principio di autonomia nella teoria e nelle prassi del regionalismo italiano, con lo scopo di dimostrare come oggi risulta piuttosto difficile individuare un modello preciso per l’Italia. Il regionalismo, infatti, è sempre stato considerato come fattore strumentale a perseguire obiettivi estranei all’autonomia, senza però trovare un adeguato riscontro nel concreto assetto dei rapporti tra centro e periferia. Come lo studio ha cercato di dimostrare, le motivazioni di tale difficoltà, di natura storica e, soprattutto, politica, si possono rintracciare ripercorrendo le tappe del movimento regionalista: dal periodo risorgimentale di formazione dello Stato italiano alla Costituente; dalla lunga fase di inattuazione delle Regioni alle riforme costituzionali del 1999 e del 2001. Dal quadro attuale emerge un diritto regionale “confuso”, immagine sbiadita (e stravolta) del disegno realizzato a grandi linee – e frettolosamente – con la modifica del Titolo V della Costituzione. La realtà dimostra che, per valorizzare il principio di autonomia regionale, occorrerebbe un cambiamento culturale nella classe dirigente italiana. Se ciò non dovesse accadere, il regionalismo (o, come confusamente viene oggi chiamato, il federalismo) rimarrebbe ancora a lungo privo di un modello. / The study investigates the development of the autonomy principle in the theory and praxis of the Italian regionalism. It aims at demonstrating the difficulty in finding an adequate model to Italy nowadays. In fact, regionalism has always been considered as an instrument to reach goals that are extrinsic to autonomy. Nevertheless, it is not to be found in the concrete structure of the relationship between State and regions. As the study intend to focus on, the historical and mainly political reasons can be found by following the different steps of the regionalist movement: from the Risorgimento, when the Italian state was born, to the Costituente; from the long period of failure in the realization of the regions to the constitutional reforms in 1999 and 2001. The current situation shows a “confused” regional law, a faded and upset image of the project hastily outlined by modifying the Titolo V of the Constitution. It is a matter of fact that a cultural change in the Italian ruling-class should be necessary in order to evaluate the principle of regional autonomy. Otherwise, regionalism (or federalism, as it is confusedly called today) would remain without a model for a long time.
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Il ruolo della deontologia medica nel sistema delle fonti del diritto : un'analisi comparata / Le rôle de la déontologie médicale dans les sources du droit : Analyse comparée / The role of medical ethics as a source of law : a comparative analysis

Pulice, Elisabetta 23 September 2014 (has links)
L'objet de la thèse, préparée dans le cadre de la convention de co-tutelle entre l’Université de Trento en Italie et l’Université Paris Ouest Nanterre la Défense en France, consiste dans une analyse comparée du rôle de la déontologie médicale dans les sources du droit en Italie, France et Allemagne. Le spectre d’analyse adopté est double. On cherche d’abord à rendre compte des aspects architecturaux des rapports entre droit et déontologie médicale ; ce faisant, on concentre l’analyse sur les modalités de la codification de l’éthique professionnelle en France, en Allemagne et en Italie, sur le pouvoir normatif des ordres professionnels, et sur la valeur juridique des codes de déontologie médicale et leur intégration dans le système des sources du droit. En second lieu, on cherche, dans une perspective plus substantielle, à comprendre les relations entre droit et déontologie, et notamment le rôle de la déontologie médicale dans le domaine du biodroit. Ce spectre d’analyse est en outre élargi à la procédure disciplinaire et à la perspective européenne. La première partie de la thèse est dédiée à certaines remarques préliminaires et notamment à un effort de définition de la déontologie médicale, à certaines « questions ouvertes » de son rapport avec le droit et à la relation, en perspective comparée, entre langue et droit dans la signification du mot « déontologie ». La seconde partie est dédiée à la codification de l’éthique professionnelle, alors que le rôle de la déontologie médicale dans le biodroit est l’objet de la troisième partie. La quatrième partie concerne la procédure disciplinaire et, finalement, la cinquième partie est dédiée à la reconstruction et l’analyse critique des résultats de la comparaison, à la perspective européenne et à la proposition d’un nouveau modèle italien des rapports entre le droit et la déontologie médicale. / The thesis aims at analysing, from a comparative perspective, the role of medical ethics in Italy, France and Germany. The survey focuses on both the formal and substantive aspects of the relationships between law and medical ethics. As to the first issue, the thesis analyses the codification of medical ethics, the normative function of the medical councils, the binding value of the codes of medical ethics and their position in the hierarchy of norms. With regard to the second aspect, the role of medical ethics is studied from a more substantial perspective, analysing the concrete interrelations between law and medical ethics in the field of biolaw. The survey is then extended to the disciplinary procedure and to the European level. In the first part, the relationships between law and medical ethics are analysed from a linguistic perspective, aiming at underlining some specific features of the concepts referred to as “déontologie”, “deontologia” or “Standesrecht” and “Berufsordnung” in France, Italy and Germany. This part also deals with some “open questions” characterising the relationships between medical ethics and the law. The second part concerns the codification of medical ethics, while its role in the field of biolaw is analysed in the third part. The fourth part deals with deontological liability and disciplinary procedures. Lastly, the fifth part aims at elaborating a theoretical reconstruction of the results of the comparative analysis, at highlighting the main roles of medical ethics at the European level and at suggesting a different model for the relationships between law and medical ethics in the Italian system. / L’obiettivo della tesi è un’analisi comparata del ruolo della deontologia medica nel sistema delle fonti del diritto in Italia, Francia e Germania. Per tenere conto della complessità del rapporto tra diritto e deontologia, sono stati analizzati sia gli aspetti formali di tale rapporto, sia i profili sostanziali del ruolo della deontologia medica nel biodiritto. Nella prima parte alcune considerazioni preliminari e l’analisi linguistica hanno permesso di definire l’ambito di indagine e i profili di maggiore complessità del rapporto tra dimensione deontologica e dimensione giuridica sui quali nelle parti successive si è concentrata l’indagine. La seconda parte, dedicata alla codificazione dell’etica medica, ha messo in luce la varietà di soluzioni e di modalità di ingresso della norma deontologica nell’ordinamento giuridico. Nella terza parte sono stati analizzati il ruolo della deontologia medica nell’ambito del biodiritto e l’influenza di alcuni fattori particolarmente rilevanti sull’evoluzione dei contenuti concreti dei codici deontologici e sulla loro portata pratica. La quarta parte è dedicata alla violazione della deontologia e ai procedimenti disciplinari. Infine la parte conclusiva contiene una ricostruzione teorica dei risultati emersi dall’analisi comparata, lo studio di alcuni profili legati alla dimensione europea della deontologia e la proposta di alcune ipotesi di riforma per un modello italiano più coerente, flessibile ed efficace dei rapporti tra diritto e deontologia.

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