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Língua, Exílio e Memória: uma leitura comparativa de Le Premier Homme, de Albert Camus e La disparition de la langue française, de Assia Djebar / Language, Exile and Memory: a comparative reading of Le Premier Homme, by Albert Camus and La disparition de la langue française, by Assia Djebar

Cristianne Aparecida de Brito Lameirinha 18 October 2013 (has links)
Este estudo propõe uma análise comparativa entre Le Premier Homme, de Albert Camus, e La disparition de la langue française, de Assia Djebar, tendo como contexto os impasses que cercaram a colonização francesa da Argélia, bem como o período posterior à sua independência, a partir da reflexão sobre as inter-relações língua, exílio e memória. Albert Camus é um escritor de origem francesa, nascido na Argélia. Assia Djebar é uma argelina de origem árabe, que escreve em francês. Nos romances em questão, parte-se da perspectiva da vida privada dos protagonistas para alcançar o espaço da memória coletiva tanto de franceses pobres quanto de árabes. Jacques Cormery e Berkane constituem-se como porta-vozes de seus antepassados, restituindo-lhes o direito a uma memória esfacelada e vista como desimportante pelo poder colonial. A fim de estabelecer essa leitura comparativa, procura-se compreender a relevância da literatura magrebina de língua francesa, com destaque para a produção da Argélia, em paralelo aos princípios ético-culturais da École dAlger, movimento ao qual se associava Albert Camus. A seguir, refletimos sobre as relações entre os conceitos de literatura e história, ficção e autobiografia, fundamentais à análise propriamente dita de ambos os romances. / The aim of this study is to develop a comparative analysis of Albert Camus Le Premier Homme and La disparition de la langue française, by Algerian writer Assia Djebar, having as backdrop the context of French colonization deadlocks in Algeria, as well as in the period after independence. Our starting point is based around reflection on the relations between language, exile and memory. Albert Camus, of French origin, was born in Algeria, while Assia Djebar, of Arab descent, writes in French. The analysis of both novels begins from the perspective of the private lives of the main characters, to establish a space of collective memory of both poor people of French origin and people of Arab descent. Jacques Cormery and Berkane became spokesmen of their ancestors, thus restoring to them the right to a shattered memory, seen as unimportant by the colonial power. To achieve this comparative reading, it is necessary to understand the relevance of Maghrebian literature in French, with emphasis on the production of Algeria, in parallel to the ethical-cultural École dAlger, movement to which Albert Camus was associated. Next, we reflect upon the relationship between the concepts of literature and history, fiction and autobiography, fundamental to the analysis of both novels.
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Kazimoto and Meursault: `Brothers´in despair and loneliness.: Comparing Kezilahabi´s Kichwamaji and Camus´L`etranger

Řehák, Vilém 30 November 2012 (has links)
Makala haya yanashughulikia maswahli ya udhanaishi katika fasihi ya Kiswahili. Makala yanalinganisha riwaya mbili, Mgeni ya mwandishi wa Kifaransa anayeitwa Albert Camus na Kichwamachi ya mwandishi wa Kiwahili, Euphrase Kezilahabi, na kuonyesha jinsi riwaya hizo zinayofanana na zinavyotofautiana. Kwa vile Kichwamaji inafanana na Mgeni, ni sahihi humwita Kezilahabi mwandishi ya udhanaishi, lakini kuna tofauti nyingi pia baina ya riwaya hizo mbili. Tofauti moja ni kwamba Albert Camus anamtazama mtu peke yake na hali yake iliyotengwa kabisa na watu wengine, na Kezilahabi, licha ya mtu peke yake, anaizingatia jamii nzima na hali yake vilevile. Tofauti hii ni tokeo la sifa za communalism katika mawazo Kiafrika ya kimapokeo yanayotilia mkazo jamaa na jami, siyo mtu peke yake. / This article analyses and compares the the two writings Kichwamaji by Euphrase Kezilahabi and L´etranger by Albert Camus. Written in the tradition of existentialism, the two writings have many similarities but also differ in some important aspects. While Camus sees the individual just by itself, Kezilahabi also includes the whole family and is writing with it in the tradition of the african communalism.
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Le voci di Camus tra soggettività e ritraduzione

Sanseverino, Giulio 30 September 2022 (has links)
In quanto poiesi ibrida sul piano estetico e culturale, frutto della duplice enunciazione di autore e traduttore, oltre che di numerosi interventi intermedi da parte di agenti esterni, il testo letterario tradotto racchiude un dialogo umbratile (Prete 2011) che, se studiato da vicino, può rivelare l’irriducibilità del testo originario in quei suoi tratti di plasticità semantica (Hawthorne 2006) che varcano le frontiere linguistiche e temporali di un canone per confluire, tramite nuove parole, in un altro. In prospettiva diacronica, un simile dialogo si compone di molte voci, ognuna delle quali acquista senso sia nella catena di traduzioni che nel tempo rende fruibili differenti interpretazioni del testo e poetiche del tradurre, sia in quanto complemento concreto dell’ininterrotto lavoro di analisi critica compiuto sul testo dopo la comparsa dell’opera originale. Partendo da queste premesse, il progetto di ricerca prende le mosse dalla recente comparsa, sul mercato editoriale italiano, delle ritraduzioni de L’Étranger (1942) e La Peste (1947) di Albert Camus per i tipi Bompiani: Lo Straniero (2015), ad opera di Sergio Claudio Perroni, e La Peste (2017) di Yasmina Melaouah, che dopo parecchi decenni avviano infine un dialogo con le prime traduzioni, rispettivamente di Alberto Zevi (1947) e Beniamino Dal Fabbro (1948). L’obiettivo è quello di esporre alcune delle forme di somiglianza e divergenza dalle quali sia possibile sondare la postura traduttiva dei rispettivi autori, che su quei testi hanno proiettato inevitabilmente una propria concezione del tradurre, una storia, una poetica individuale, nondimeno figlia del proprio tempo, ossia radicata in un sistema culturale retto da norme linguistiche, editoriali e traduttive con le quali la voce del singolo deve necessariamente misurarsi. Attraverso una metodologia eclettica che si muove tra la stilistica, la semiotica, la linguistica e la narratologia delle forme letterarie, il confronto analitico condotto tra le prime e la seconde traduzioni delinea i profili di lavoro dei quattro traduttori seguendo tre principali direttrici di indagine: in primo luogo, verificare le eventuali discordanze tra le rispettive dichiarazioni paratestuali (reperite in pre/postfazioni, note alla traduzione, saggi, interviste, diari di bordo, etc.) a proposito della strategia adottata e gli esiti dell’operato concreto sui testi; in secondo luogo, esaminare l’imprescindibile manifestarsi in diacronia delle norme traduttive operanti all’atto del tradurre ma attraverso il filtro delle voci individuali, che si sono espresse sotto l’influenza di vincoli differenti e in momenti distinti della vita di questi testi, contribuendo alla loro longevità; infine, testare l’adeguatezza della cosiddetta Retranlsation Hypohtesis avanzata da Berrman e Bensimon (1990) e poi formalizzata in anni più recenti da Chesterman (2000). L’indagine ha dunque interessato tanto i paratesti reperibili che fossero latori di una certa concezione del tradurre, quanto una moltitudine di passi topici estratti dalle tre versioni (i due testi di partenza e i quattro d’arrivo) de L’Étranger e de La Peste che, messi in parallelo, fungessero sul piano quantitativo e qualitativo da campo di ispezione sensibile della realizzazione dei comportamenti individuali. Questi ultimi sono stati studiati per mezzo di un modello analitico fondato, da una parte, sull’isotopia come strumento di coerenza testuale; dall’altra, sulla distinzione tra shift opzionali, obbligatori e non-shifts quale nervo scoperto del processo traduttivo (Pekkanen 2010), accogliendo inoltre proposte molteplici riguardo agli strumenti di descrizione traduttiva (Vinay e Darbelnet 1958; Murtisari 2013; Dussart 2005; Ladmiral 1979, 1997; Harvey 1995). I risultati dell’analisi sono eterogenei e non conformi alla Retranslation Hypothesis. La predominanza del letteralismo nelle prime traduzioni difficilmente si concilia con quello sforzo di acclimatazione rivolto al lettore d’arrivo che l’ipotesi assegnerebbe sistematicamente alle prime traduzioni-introduzioni, benché l’attitudine assimilatrice si rilevi nel conformismo ad alcuni imperativi culturali ed editoriali dell’epoca (l’italianizzazione onomastica; la tendenza interpuntiva nel segno dell’ipotassi; la nobilitazione del lessico). Allo stesso tempo, le due ritraduzioni, pur con spirito assai diverso e sebbene risultino in effetti più attente alle peculiarità stilistiche dei rispettivi prototesti (come vorrebbe l’ipotesi), non adottano tuttavia procedimenti che esibiscano, senza una motivazione fondata, l’alterità del testo straniero, che anzi tendono a naturalizzare in senso fraseologico, senza per questo snaturarlo. Se di miglioramento si possa parlare all’infuori dell’evoluzione dei parametri estetici tra le due epoche (fine anni ’40 del Novecento e metà degli anni ’10 del nuovo millennio), esso andrà riconosciuto, da una parte, nell’integrità oggettivamente superiore delle ritraduzioni in termini di completezza testuale e riproduzione degli stilemi – dato che nelle prime non mancano transfert imprecisi, incompleti o scorretti dovuti a calchi strutturali o lessicali, falsi amici e interpretazioni contrarie al senso degli enunciati; dall’altra parte, le migliorie vanno attribuite senza ombra di dubbio alla professionalizzazione del mestiere e a una maggiore competenza dei ritraduttori come lettori modello dei testi affrontati, che hanno potuto studiare grazie a una straordinaria disponibilità di strumenti critici non esistenti all’epoca delle prime traduzioni. Ciò sembra aver permesso loro di scandagliare le tecniche narrative e le isotopie più significative così da porle come dominanti del proprio lavoro. / Cette étude envisage les retraductions littéraires comme les étapes d'un parcours où chaque manifestation textuelle est le résultat unique de la rencontre entre les nécessités historico-culturelles qui l'ont déterminée et la poétique de l'individu qui la prend en charge en tant que médiateur. Contre l'hypothèse de la retraduction avancée par Berman et Bensimon (1990), formalisée ensuite par Chesterman (2000) et préconisant une perspective logocentrique en dehors de l'expérience concrète de la retraduction - à savoir une progression à rebours vers la lettre du texte source - la ligne de recherche adoptée ici adhère à une idée moins déterministe de l'évaluation des séries de retraduction, afin d'étudier leurs inévitables différences internes, également dans un sens positif, à la lumière tant des nombreux facteurs qui les influencent que de l'herméneutique subjective de ceux qui les réalisent. La comparaison analytique menée entre la première et la deuxième traduction de L'Étranger (1942) et de La Peste (1947) d'Albert Camus permet ainsi de délimiter les profils de travail des quatre traducteurs en suivant deux lignes principales d'investigation : d'une part, elle vérifie les éventuelles divergences entre les déclarations paratextuelles respectives (trouvées dans les pré/postfaces, les notes de traduction, les essais, les entretiens, etc.) concernant la stratégie adoptée et les résultats du travail concret sur les textes ; d'autre part, elle examine l'inévitable manifestation en diachronie des normes de traduction opérant au moment de la traduction, mais à travers le filtre des voix individuelles qui se sont exprimées sous l'influence de différentes contraintes et à des moments distincts de la vie de ces textes, contribuant à leur longévité. Les résultats de l'analyse sont hétérogènes et non conformes à l'hypothèse de retraduction. La prédominance du littéralisme dans les premières traductions est difficilement conciliable avec l'effort d'acclimatation vers le lecteur cible que l'hypothèse attribuerait systématiquement aux premières traductions-introductions, bien que l'attitude assimilatrice se révèle dans le conformisme à certains impératifs culturels et éditoriaux de l'époque (italianisation onomastique ; tendance interponctive sous le signe de l'hypotaxe ; ennoblissement du lexique). En même temps, les deux retraductions, bien que dans un esprit très différent et bien qu'elles soient effectivement plus attentives aux particularités stylistiques de leurs proto-textes respectifs (comme le voudrait l'hypothèse), n'adoptent pas pour autant des procédés qui exhibent, sans motivation fondée, l'altérité du texte étranger, qu'elles tendent plutôt à naturaliser dans un sens phraséologique, sans pour autant le dénaturer. Si l'on peut parler d'amélioration en dehors de l'évolution des paramètres esthétiques entre les deux époques (fin des années 1940 et milieu des années 2010), il faut la reconnaître, le cas échéant, dans l'intégrité objectivement supérieure des retraductions en termes de complétude textuelle et de reproduction stylistique - étant donné que les premières ne manquent pas de transferts imprécis, incomplets ou incorrects dus à des calques structuraux ou lexicaux, des faux amis et des interprétations contraires au sens des énoncés. Par ailleurs, les améliorations sont sans doute à attribuer à la professionnalisation du métier et à la plus grande compétence des retraducteurs en tant que lecteurs modèles des textes abordés, qu'ils ont pu étudier grâce à une extraordinaire disponibilité d'outils critiques qui n'existaient pas à l'époque des premières traductions. Cela leur a permis de sonder les techniques narratives et les isotopies les plus significatives afin de les rendre dominantes dans leurs propres œuvres.
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Albert Camus et son engagement dans la Résistance : étude des valeurs éthiques défendues dans Combat, Lettres à un ami allemand et La Peste

Sadler, Nadine 18 April 2018 (has links)
Au lendemain de la Deuxième Guerre mondiale, Camus comptait parmi les intellectuels engagés qui avaient défendu les droits de l'homme pendant l'Occupation allemande. Camus écrivit des articles pour le journal Combat, dans lesquels il incitait le peuple français à résister collectivement contre les forces de l'ennemi. Témoignent également de son engagement, les quatre Lettres à un ami allemand, écrites pendant l'Occupation, et dans lesquelles il justifie les raisons de son engagement dans la Résistance. Après avoir documenté l'histoire de la Résistance en France, l'objectif du présent mémoire est de procéder à une analyse sémiotique des valeurs défendues par Camus dans ses articles tirés de Combat et dans ses lettres publiées dans le recueil Lettres à un ami allemand. Dans un deuxième temps, le mémoire interroge la possible mise en fiction de ces mêmes valeurs dans son oeuvre romanesque La Peste. Il s'agit d'examiner, par le moyen d'une analyse sémiotique, les valeurs véhiculées par le /faire/ des différents personnages.
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La plume et le glaive : Caligula et la création littéraire chez Camus

Nadeau, Jean-Philippe 08 1900 (has links)
Pour Albert Camus, la littérature était à la fois une activité essentielle à son bonheur et un objet de réflexion. Afin de saisir quelle conception de la littérature et quelle vision du rôle de l’écrivain se dégagent de son oeuvre, ce mémoire aborde dans un même mouvement ses deux principaux essais, Le Mythe de Sisyphe et L’Homme révolté, et une pièce de théâtre, Caligula. Notre premier chapitre consiste dans la recherche de ce qui, pour Camus, fait de la création artistique une activité privilégiée dans l’horizon de la pensée de l’absurde et de la révolte. Dans le deuxième chapitre, les différents commentaires émis par la critique à propos de Caligula seront examinés. La pièce, malgré l’opinion dominante, ne raconte pas l’histoire d’un empereur absurde qui se révolte contre son destin. L’importance du thème de la création littéraire dans cette pièce a également été grandement sous-estimée. Enfin, le troisième chapitre de ce mémoire présente notre propre analyse de la pièce. La confrontation de la fiction avec la théorie révèle une grande concordance entre les deux aspects de l’oeuvre de Camus. L’accord n’est cependant pas parfait, et l’étude des points de friction découverts permet d’apporter des éclaircissements sur un des points les plus obscurs des essais de Camus : l’éthique du créateur placé dans une situation où il doit choisir entre tuer et mourir. / For Albert Camus, literature was both an activity crucial to his happiness and a study object. In order to understand what conception of literature can be found in Camus’ writings and the responsibilities of the writer that this definition implies, this memoir studies his two main essays, The Myth of Sisyphus and The Rebel, and one play, Caligula. Our first chapter consist in a research of what makes artistic creation an exceptional activity in the light of Camus’ thoughts on absurd on revolt. In our second chapter, the critics’ various commentaries about Caligula are examined. In spite of what is still the opinion of a majority of critics, the play is not the tale of an absurd emperor who would revolt against his destiny. Also, the theme of literary creation has not been sufficiently studied in that play, in which it plays a determinant role. Finally, the third chapter of this memoir presents our own analysis of the play. The confrontation of fiction and theory reveals a great similarity between the two aspects of Camus’ writings. However, the match is never perfect, and the study of the friction points allows us to shed light on one of the most obscure part of Camus’ essays: the ethic of the creator placed in a situation where he must kill or be killed.
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Obligation de flâner : fugues narratives sur les sentiers littéraires

Juteau-Rhéaume, Francis 08 1900 (has links)
Ce mémoire propose de s’attarder sur la symbolique de la flânerie pour associer le déplacement physique de la marche à l’opération mentale qui l’accompagne, mais aussi pour y tracer un rapprochement avec l’évolution des pratiques de lecture au cours des deux derniers siècles. Si l’on exigeait auparavant du lecteur qu’il se fasse en quelque sorte pèlerin traversant religieusement une œuvre selon la volonté de l’auteur, c’est un tout nouveau lecteur qui revendique le droit d’errer textuellement du Nouveau Roman jusqu’à l’hypertexte. Le concept de parcours narratif se dessine alors ici comme une alternative aux études narratologiques traditionnelles, un nouvel axe herméneutique où le lecteur dynamise ses pratiques de lectures en traçant dans une œuvre ses propres sentiers narratifs. Prenant en exemple l’éclosion hypertextuelle aussi bien que les tortueuses littératures de Kafka et de Camus, il s’agira de voir comment cette lecture-errance a renégocié, dans l’imprimé comme dans le numérique, la relation entre auteur et lecteur pour offrir une littérarité qui soit mise en marche, enfin libre d’être agie, parcourue. / This mémoire proposes to dwell on the symbolism of the flânerie by associating the physical act of walking to the mental operation that accompanies it, while also seeking to draw a comparison with the evolution of reading practices over the last two centuries. If in the past the reader was expected to follow the path set by the author religiously, what followed, from the Nouveau Roman to the hypertext, was a whole new reader claiming the right to wander textually. The concept of narrative path emerges here as an alternative to traditional narratological studies; it constitutes a new hermeneutic approach where the reader makes his reading practices more dynamic by charting his own narrative paths inside the work itself. Using as examples the irruption of hypertext as well as the tortuous literatures of Kafka and Camus, this mémoire will examine how the wander-reading concept helps to renegotiate, both in print and digital forms, the relationship between the author and the reader in order to offer a literature that’s in movement, finally free to be acted upon, to be crisscrossed.
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Albert Camus: a felicidade e a relação homem-natureza em diálogo com Epicuro / Albert Camus: the hapiness and man-nature relationship in dialog with Epicure

Sapaterro, Fernando Rocha 10 June 2005 (has links)
Made available in DSpace on 2016-04-27T17:27:28Z (GMT). No. of bitstreams: 1 Diisertacao Fernando Sapaterro.pdf: 965778 bytes, checksum: a8bc9cbfe5cf83ceba7318ddb5ab5370 (MD5) Previous issue date: 2005-06-10 / The present study aims at discussing the concept of happiness and man-nature relationship in Albert Camus youth essays named Noces and Le mythe de Sisyphe. We understand that, in order to approach these concepts, our author had dialogued with Epicure, i.e., had used Epicure s writings as the foundation of his essays. We will then try to explain Epicure s philosophy concerning his building a concept of happiness based on physics. After going through Epicure, we will approach the concepts of happiness and man-nature relationship in both essays, in order to clarify Camus dialogue with Epicure. We will try to explain the above stated objectives through the paths of lyricism and absurd. According to the first path, man meets happiness and experiences unity through sensitive experience; according to the second, man finds out the relationships with the world, the other men, his own existence, and through these can identify with nature. The phase of lyricism grants man the perception of the links which ties him to nature; the phase of absurd provides him with the awareness about the distance that supports the links / Este trabalho visa discutir o conceito felicidade e a relação homem-natureza nos ensaios de juventude de Albert Camus: Noces e Le mythe de Sisyphe. Supomos que nosso autor tenha dialogado com Epicuro para tocar nesses conceitos, por isso procuraremos explicitar a filosofia de Epicuro no que concerne à formulação do conceito felicidade, com bases na física. Depois de passar por Epicuro, abordaremos os conceitos Felicidade e Relação homem-natureza nos dois ensaios para esclarecer o diálogo de Camus com Epicuro. De dois modos tentaremos explicitar nosso objetivo em Camus: pelo lirismo e pelo absurdo. No primeiro o homem encontra-se com a felicidade e faz a experiência da unidade na experiência sensível, no segundo o homem descobre as relações com o mundo, com os outros homens e com sua existência e pode por meio delas identificar-se com a natureza. A fase lírica concede ao homem a percepção dos laços que o une à natureza, a fase do absurdo a consciência de que há um distanciamento que sustenta os laços
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O Avesso e o Direito da escritura camusiana: de L\'Êtranger aos Écrits de Jeunesse / The Wrong Side and The Right Side of camusian scripture: From LÉtranger to Écrits de Jeunesse.

Geske, Samara Fernanda Almeida Oliveira de Locio e Silva 02 September 2011 (has links)
LÉtranger e Le Mythe de Sisyphe fazem parte do que Camus nomeou de ciclo do absurdo,no qual se unem sob esse mesmo tema a escrita literária e a reflexão filosófica. O absurdo é essencialmente definido como um divórcio do homem com o mundo, mas encontramos no percurso filosófico do autor uma noção anterior a essa, as núpcias. A análise de todos os textos anteriores ao ciclo do absurdo nos mostra, porém, que núpcias e absurdo sempre fizeram parte da reflexão camusiana. Essas duas noções opostas sempre conviveram juntas, formando o que chamamos de o avesso e o direito, ideia que se reflete no título da primeira recolha de ensaios do autor. O objetivo dessa dissertação é, através de todos os escritos anteriores à narrativa, definir o avesso e o direito como um tema fundamental para a escritura de LÉtranger, onde se conjugam as núpcias e o absurdo, a literatura e a filosofia. / LÉtranger and Le Myth de Sisyphe make part of what Camus named as the absurd cycle, where the literary writing and the philosophical reflection are joined together under the same theme. The absurd is essentially definite as a divorce of man with the world, but we meet in the authors philosophical course a previous notion to it, the nuptials. The analysis of all former texts to the absurd cycle, show us, nevertheless, that nuptials and absurd always were part of camusian reflection. These two opposite notions always lived together, shaping what we call the wrong side and the right side, the title of the authors first reunion of essays. The purpose of this dissertation is, through the all writings written before the narrative, definite the wrong side and the right side as a fundamental theme to the scripture of LÉtranger, where the nuptials and the absurd, the literature and philosophy are joined together.
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Camus dans ses lettres : de la correspondance à l'oeuvre

Rebaï, Moez 20 September 2012 (has links)
Situées entre le biographique et le littéraire, les lettres de Camus jettent un éclairage nouveau sur sa personnalité, sur ses relations avec ses correspondants et sur la genèse de son style et de son œuvre. Sa correspondance éclaire son rapport avec la maladie ainsi que son attachement à la famille et à la beauté méditerranéenne de son pays natal. Son admiration pour Jean Grenier le pousse à suivre ses leçons et à les revendiquer dans ses missives, leur attribuant ainsi un aspect didactique. L’exploration de l’interface correspondance / œuvre trace un mouvement d’élargissement, un passage de l’intime au littéraire. Les lettres ouvertes de Camus empruntent à la littérature plusieurs caractéristiques. Certains correspondants de l’écrivain sont de véritables interlocuteurs qui évaluent ses œuvres et qui lui font des remarques, de manière à le conduire à les rectifier et même à les réécrire. Ses lettres constituent une précieuse mine d’informations susceptible de jeter une nouvelle lumière sur la réécriture de son premier recueil d’essais Les Voix du quartier pauvre et de Caligula. En accompagnant la plupart de ses textes depuis qu’il en conçoit le projet jusqu’à leur publication, ses missives élucident ses choix littéraires et infléchissent l’évolution de son œuvre. Elles révèlent les détours d’une production littéraire hétérogène. Sur les conseils de certains correspondants dont Grenier et Malraux, Camus abandonne la grandiloquence d’un style lyrique qui rend compte de sa passion de vivre dans ses premiers écrits. Le style dépouillé de L’Étranger ainsi que l’objectivité de la chronique de La Peste témoignent de l’influence des lettres sur l’évolution de l’œuvre. La persistance de quelques passages grandiloquents dans ces œuvres neutres, où le style dépouillé rejoint des soubassements poétiques, est le signe d’un combat entre le penchant originel de Camus à l’exaltation des sentiments et à l’emphase d’un côté, et les recommandations de son maître qui l’incite à la raideur et à l’écriture neutre. Camus dépasse cette dichotomie qui divise son œuvre en se mettant à la recherche d’un équilibre entre neutralité et emphase dans Les Justes. Il s’agit d’un équilibre entre l’objectivité d’une lucidité cartésienne et les excès d’un débordement sentimental. L’étude de l’ethos de l’épistolier qu’Aristote définit comme « la représentation de son caractère par l’orateur » révèle trois images de soi dans la correspondance de Camus : celle de l’écrivain émerveillé, celle de l’écrivain engagé et celle du journaliste honnête. Mais la question épineuse de la guerre d’Algérie condamne l’auteur de La Peste au silence et crée un décalage entre l’ethos préalable du journaliste et l’ethos discursif qu’il tient à mettre en place dans ses lettres. L’examen de l’ethos d’auteur, en particulier l’image de soi littéraire qui se construit dans L’Hôte, semble important dans la mesure où il est susceptible d’éclairer l’image de soi épistolaire d’un intellectuel indécis tiraillé entre son affection pour son pays natal, où il craint de perdre sa place et celle des siens, et sa foi en les valeurs de la liberté, de l’égalité et de la justice. Dans cette nouvelle, la conduite du héros et les choix de l’écrivain génèrent une image d’auteur placée sous le signe de l’inquiétude et de la perplexité d’un être tiraillé entre l’admiration des combattants et la condamnation de leur violence. / Partly biographical and partly literary, Albert Camus’ letters shed new light on his personality, his relationship with his correspondents, his style’s genesis and that of his writings. His correspondence gives more insight into his illness as well as his commitment to the family and the Mediterranean beauty of his native country. Being fond of Jean Grenier, Camus not only follows his instructions but also asks him for some advice in the letters, giving them a didactic dimension. Examining the interface between Camus’ letters and his writings is a shift from the intimate to the literary, widening the scope of my research. Camus’ open letters borrow many literary features. Some of his correspondents are real interlocutors evaluating his books and providing him with insightful feedback and comments generating modification or even rewriting of some of them. Such letters are a valuable source of information shedding new light on the rewriting of his first collection of essays, Les Voix du quartier pauvre as well as Caligula. His letters, accompanying most of his writings from their conception to publication, elucidate his literary choices and affect the progress of writing, revealing turns of a heterogeneous literary production. On the advice of some of his correspondents including Grenier and Malraux, Camus abandons the bombast of a lyrical style reflecting his passion for life in his early writings. The stripped style of L’étranger along with the objectivity of the chronicle of La Peste are evidence of the letters’ impact on the evolution of Camus’ writing process. The persistence of some emphatic passages in these neutral writings, where the simple style joins the poetic underpinnings, reveals a struggle between Camus’ innate tendency for exalting feelings and emphatic style on the one hand, and the master’s recommendations inciting neutral writing on the other hand. Camus goes beyond this dichotomy dividing his writings by questioning equilibrium between neutrality and emphasis in Les Justes, an equilibrium between an objectivity of a Cartesian lucidity and excesses of a sentimental overflow. The study of the writer’s ethos defined by Aristotle as “the representation of his character by the orator” shows three self images in Camus’ letters : that of the marveled writer, that of the committed writer and that of the honest journalist. But the thorny issue of the war in Algeria silenced the author of La Peste, creating a gap between the journalist’s preexisting ethos and the discursive ethos set up in his letters. Studying the author’s ethos, especially the literary self image built in L’Hôte seems important as it is likely to illuminate the epistolary self image, that of an indecisive intellectual torn between his love for his homeland, where he is afraid of losing his place and that of his family, and his faith in the values ​​of freedom, equality and justice. In this novel, the hero's conduct and the writer’s choices create an image of an anxious and perplexed author torn between admiring the fighters and condemning their violence.
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Les figures de la divinité chez Sartre, Giraudoux et Camus : trois pièces écrites sous l’Occupation allemande.

Colon III, Phillip 04 1900 (has links)
Les mouches, Sodome et Gomorrhe et Caligula présentent des divinités parodiant et critiquant les dirigeants politiques de l’Occupation (1940-1944), ainsi que l’usage par les dictateurs des idéologies religieuses traditionnelles dans le but de soumettre l’humanité à des régimes totalitaires. Divinités théâtrales autrefois infaillibles et toutes-puissantes, les figures analysées dans ce mémoire relèvent des remises en question de la divinité et du pouvoir politique du XXe siècle. Notre mémoire comporte trois chapitres examinant les discours de ces figures de la divinité sous des angles dramaturgique, sémiologique, philosophique et pragmatique avec comme point de départ l’hypothèse suivante : tout porte à croire qu’en limitant l’emprise de divinités fictives, et ce, en grande partie à travers les failles dans leurs discours, Sartre, Giraudoux et Camus ont tenté de neutraliser les discours correspondants d’hommes réels dans la conscience collective de l’époque. Les auteurs étudiés ont profondément modifié l’image traditionnelle de la divinité théâtrale en minant sa force langagière et en s’interrogeant sur son identité. Les divinités choisies pour cette étude annoncent la décomposition du personnage ayant lieu après 1950 : elles ont un statut dévalorisé de même qu’un langage à la force perlocutoire diminuée. Sans véritable emprise sur l’humanité, dépendant du théâtre, des simulacres, de l’histrionisme, ainsi que des faiblesses humaines, ces divinités caricaturales s’exposent à compromettre leurs régimes et sont réduites à une influence fortement limitée par la liberté des hommes. En actualisant ces mythes et récits ainsi, Sartre, Giraudoux et Camus ont tenté de discréditer, par extension, les dirigeants européens de l’époque. / Les mouches, Sodome et Gomorrhe, and Caligula present divinities parodying and criticizing the political leaders of the Occupation (1940-1944), as well as the use by dictators of traditional religious ideologies for subjugating humanity to totalitarian regimes. Theatrical divinities once infallible and all-powerful, the figures analyzed in this study are the product of the questioning of the divinity and political powers of the twentieth century. Our thesis is comprised of three chapters which examine the discourses of these figures of the divinity from dramaturgical, semiological, philosophical and pragmatic perspectives in order to consider the following hypothesis : everything leads to believe that by limiting the ascendency of fictional divinities, largely by the means of weaknesses in their discourses, Sartre, Giraudoux and Camus tried to neutralize the corresponding discourses of real men in the collective conscience of the period. The authors studied profoundly modified the traditional image of theatrical divinities by undermining the force of their language and by questioning their identity. The divinities chosen for this study announce the decomposition of the personnage which took place after 1950 : their status is undermined and the perlocutionary force of their language is lessened. Without a real stronghold on humanity, depending on theatre, pretence, histrionics, and human weaknesses, these caricatured divinities expose themselves to compromising their regimes and are reduced to an influence highly limited by man’s liberty. By updating these myths and accounts in this way, Sartre, Giraudoux and Camus tried, by extension, to discredit the European leaders of the period.

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